Cosa sono i criteri ESG e perché sono così importanti? Il significato degli investimenti sostenibili, con tutte le caratteristiche e i vantaggi.
I criteri ESG sono ormai un dato di fatto per la finanza globale e per questo sapere esattamente il loro significato e come si applicano è fondamentale per orientarsi nelle scelte di investimento.
L’acronimo sta per “Environmental, Social e Governance” e fa riferimento a un innovativo metro di valutazione delle imprese e delle organizzazioni.
Inquadrato nell’ambito della finanza sostenibile, il ranking prodotto sulla base dei criteri ESG misura la capacità delle aziende di aderire a quegli standard considerati imprescindibili per fare profitto in modo sostenibile e costruire un brand davvero affidabile.
Oggi, le strategie imprenditoriali sono permeate e influenzate fortemente da queste valutazioni “Environmental, Social e Governance”.
A testimonianza della loro crescente rilevanza, le normative sull’applicazione dei criteri ESG in UE sono state migliorate e rafforzate nel 2024, mentre sempre maggiori report e appelli della BCE richiamano l’attenzione al binomio crisi climatica-rischi finanziari.
Di seguito, una guida sul significato e sul funzionamento dei criteri ESG, con una analisi sull’innovazione che quest’ultimi hanno introdotto rispetto al tradizionale concetto di sostenibilità aziendale.
Cosa significa ESG: significato e definizione
ESG è un acronimo che racchiude i tre pilastri - o tre criteri - alla base della valutazione aziendale. Essi sono: Environmental (ambientale), Social (sociale) e Governance (governo societario).
In sostanza, con ESG si intende:
l’insieme dei tre fattori non finanziari che concorrono al successo e all’affidabilità di un’azienda. I criteri di valutazione di un’impresa o di un asset sul quale investire sono considerati la sostenibilità ambientale, l’impatto sociale e la qualità delle pratiche di governance di un’azienda
Analizzando i criteri ESG, quindi, è possibile di stilare un ranking che di fatto classifica le aziende in base alla loro conformità con i suddetti parametri. A ben vedere, si tratta di una rielaborazione del concetto di sostenibilità aziendale, poiché tradizionalmente quest’ultima era legata quasi esclusivamente alla capacità dell’impresa di produrre valore.
La rivoluzione degli ESG ha permesso di ottenere un altro metro di giudizio della bontà di un investimento, puntando su quanto un’azienda sia in grado di produrre a beneficio della società e dell’ambiente.
In sintesi, si registra un crescente abbandono dei rendimenti finanziari e dei fondamentali di un settore come criteri di valutazione di un investimento, in favore di un approccio che – complice il contributo delle generazioni più giovani e delle emergenze climatica e della disparità sociale sempre più diffusa – risulta maggiormente in grado di costruire una solidità e una prosperità economica.
Criteri ESG: quali sono?
Come affermato nel paragrafo precedente, i criteri ESG sono tre: ambientali, sociali e di governance.
Essi, in sostanza, racchiudono una vera e propria filosofia nuova per le aziende. Ognuno dei fattori di valutazione, infatti, esprime un approccio specifico alla produzione e al profitto.
In ambito ambientale, l’impresa è chiamata a limitare il più possibile gli impatti negativi sul pianeta. Essa, quindi, presta attenzione a quanta anidride carbonica un’azienda rilascia nell’atmosfera, a quanto efficientemente gestisce i rifiuti, a come utilizza energia e acqua, a quali effetti innesca sul consumo del suolo e a come riesce a mantenere integra la biodiversità.
Raggiungere questo obiettivo può essere complesso per molte aziende, specialmente quelle che hanno ottenuto il loro successo sfruttando materiali a basso costo e molto inquinanti. Sono dunque chiamate a reinventarsi, utilizzando materiali sostenibili e fonti energetiche rinnovabili più in linea con le direttive ESG.
Gli obiettivi sociali sono altrettanto complessi, ma cruciali per la costruzione di un sistema economico giusto e, quindi, privo di rischi. Questi criteri valutano l’attività aziendale in termini di: rispetto di diritti umani, trattamento dei lavoratori, promozione di diversità e inclusione sul posto di lavoro, garanzia di sicurezza dei prodotti, creazione di valore per le comunità che vivono nei pressi.
Infine, i criteri in materia di responsabilità aziendale o governance mettono sotto i riflettori il modo in cui un’azienda è gestita e controllata. Responsabilità e trasparenza sono le parole chiavi.
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ESG, la normativa di riferimento
Non esiste una normativa unitaria a livello globale che disciplina i criteri ESG e, soprattutto, gli obblighi aziendali e delle istituzioni finanziare per essere in regola con tali parametri.
L’UE, però, ha mostrato una certa vivacità legislativa in questo ambito e anche il 2024 è stato importante per l’introduzione di alcune norme più specifiche sul tema, che quindi vincolano anche l’Italia.
L’ultima novità è stata la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del Dlgs 125/2024 che sancisce l’obbligo per molte imprese italiane di procedere con la pubblicazione di una rendicontazione di sostenibilità in base ai criteri ESG dal 2025.
Dal 25 settembre 2024, nello specifico, è entrato in vigore il decreto di che recepisce la direttiva 2024/2464/Ue (cd. «Csrd»). Questo stabilisce: la rendicontazione di sostenibilità obbligatoria per:
- le grandi imprese quotate dal 2025;
- le grandi imprese non quotate dal 2026;
- le Pmi quotate a partire dal 2027
In sostanza, le nuove norme vincolano le aziende a fornire maggiori e più dettagliate informazioni sul rispetto dei criteri ESG.
L’Unione Europa, inoltre, vanta altre disposizioni normative inerenti a questi fattori Environmental, Social, Governance, quali:
- Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) sulle regole per rendicontare i criteri non finanziari;
- Direttiva sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società;
- Direttiva europea contro il greenwashing;
- Regolamento sulla divulgazione delle informazioni finanziarie sostenibili (SFDR);
- Regolamento sui prodotti esenti da deforestazione;
- Direttive per la promozione della parità
Investimenti ESG: cosa significa?
Quando si parla di investimento ESG si intende una pratica concreta di finanza sostenibile.
In sostanza, aziende quotate, fondi e asset sono chiamati a optare per azioni non soltanto remunerative a livello finanziario, ma anche negli ambiti ambientale, sociale e di responsabilità governativa.
Gli investimenti ESG sono, quindi, quelli preferiti ad altri proprio perché le società che vi sono rappresentate hanno una performance positiva in base ai tre criteri. Questo aspetto offre loro una maggiore solidità e migliori prospettive di guadagno futuro.
In tal senso, per esempio, la Bce ha lanciato l’allarme sulle banche per l’attenzione ancora poco approfondita sulla quantità di finanziamenti ad aziende ad alto impatto ambientale. Esse sono considerate più vulnerabili e quindi maggiormente esposte a insolvenze.
Gli investimenti sostenibili garantiti dal rispetto dei criteri ESG, d’altronde, rendono possibile il contenimento dei rischi, esercitando allo stesso tempo un impatto positivo sulla società.
L’impatto dei fattori ESG sugli investitori
Gli investitori che osservano parametri di sostenibilità nelle loro scelte vanno incontro ad un profilo di rischio/rendimento migliore rispetto a quello garantito dagli investimenti tradizionali basati esclusivamente sulle performance finanziarie di un’azienda.
Secondo diverse analisi, infatti, facendo propri i criteri ESG nella scelta di asset da acquistarre, gli investitori possono identificare le aziende che sono meglio posizionate per affrontare le sfide del cambiamento climatico, dei disordini sociali e degli scandali di governance, che possono influire negativamente sulla redditività e sulla sostenibilità.
Gli investimenti ESG consentono inoltre ai risparmiaatori di contribuire a risultati sociali e ambientali positivi, supportando la transizione verso un’economia globale più sostenibile ed equa.
I vantaggi dell’ESG a livello di finanza e sostenibilità
In termini concreti la scelta di rispettare i valori ESG può essere una strategia vitale per un’azienda, dal momento che ciò può influenzare il suo andamento sul mercato.
I vantaggi dell’ESG, infatti, sono innanzitutto rivolti alle imprese: più sono performanti a livello ambientale, sociale, di governance, maggiore è la fiducia degli investitori e più alta la credibilità della società in questione.
Inoltre, inevitabilmente si viene a creare un circolo virtuoso: le aziende, a fronte di una più forte consapevolezza etica dei consumatori e risparmiatori, sono invogliati a impegnarsi per una finanza sostenibile. Così, crescono le opportunità concrete di inquinare di meno, investire in tecnologie green, favorire il rispetto dei diritti umani, evitare corruzione e scandali.
Ne conseguono un’economia più solida, innovativa, distribuita in modo equo e una società meno soggetta a catastrofi e disordini.
Fare profitto in base a queste valutazioni può dare un nuovo volto alla globalizzazione e al capitalismo, oggi più che mai sotto accusa.
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La storia dei criteri ESG: ecco come nascono
Storicamente, è possibile rintracciare le radici di questa consapevolezza nei primi anni 70 del ventesimo secolo. Nel 1972 un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) pubblica un rapporto intitolato “I limiti della crescita”, all’interno del quale vengono predette le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terrestre e sulla sopravvivenza della specie umana.
Il rapporto affermava che, se lo sviluppo umano fosse continuato con lo stesso ritmo di quel tempo, il mondo avrebbe terminato le proprie risorse nei prossimi cento anni, andando inesorabilmente incontro ad un periodo di recessione.
Gestendo lo sviluppo è tuttavia possibile raggiungere un grado di equilibrio tale per cui si riesce a sfuggire alla recessione. Secondo il rapporto, infatti, lo stato di equilibrio globale dovrebbe essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano.
Contemporaneamente a ciò, nello stesso anno si è tenuta la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano, la quale ha successivamente condotto alla Dichiarazione di Stoccolma. Dalla dichiarazione è emerso che l’uomo ha un diritto fondamentale alla libertà, all’eguaglianza cui corrisponde la responsabilità di preservare l’ambiente per le generazioni future.
Successivamente, nel 1987 viene pubblicato il Rapporto Brundtland per mano della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Il rapporto, il cui nome deriva dalla sua committente, Gro Harlem Brundtland, già Primo Ministro norvegese, definisce ciò che si intende per sviluppo sostenibile: “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Il concetto di ESG per come è conosciuto oggi nasce nel 2005, nel contesto di una conferenza chiamata “Who cares wins”, durante la quale hanno presenziato analisti, investitori istituzionali, membri di vari governi ed altre figure di spicco per analizzare il ruolo delle componenti di responsabilità ambientale, sociale e aziendale nell’ambito della gestione degli investimenti.
Nel 2015, sulla scia delle decisioni precedenti, sono stati stabiliti i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile in seno alle Nazioni Unite. L’accordo, firmato da 193 Paesi, prevede il raggiungimento dei suddetti obiettivi entro il 2030.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile mirano ad affrontare una serie di questioni relative allo sviluppo socio-economico, che includono la povertà, la fame, il diritto all’istruzione, l’accesso all’acqua potabile e all’energia, il lavoro, la crescita economica inclusiva e sostenibile, il cambiamento climatico e la tutela dell’ambiente, l’urbanizzazione, l’uguaglianza sociale e di genere, la giustizia e la pace.
Nello stesso anno è stato firmato da 195 Paesi l’Accordo di Parigi sul clima che prevede di rafforzare la risposta mondiale alla minaccia posta dai cambiamenti climatici, nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi volti a eliminare la povertà, e tenendo conto del principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità, alla luce delle diverse circostanze nazionali.
Ciò dimostra che il concetto di ESG trae le sue radici in un passato relativamente lontano, che è riuscito a imporsi vista la sua importanza.
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