In caso di omessa dichiarazione dei redditi o Iva, basta il verbale della Guardia di Finanza per determinare i redditi ai fini della configurazione del reato penale di evasione fiscale?
Una sentenza di condanna penale per evasione fiscale può essere basata esclusivamente sulla determinazione induttiva del reddito determinata dalla Guardia di Finanza?
In attesa dell’entrata in vigore del nuovo Statuto del contribuente che pone maggiore attenzione al contribuente e cerca di parificare la posizione tra questo e il Fisco, è bene non dimenticare i principi già fissati dai giudici, e in particolare dalla Corte di Cassazione, circa la determinazione del reddito con in metodo induttivo e quindi non con metodo analitico e la configurabilità del reato penale di evasione fiscale.
Il caso: omessa dichiarazione dei redditi
Deve essere premesso che nel caso in oggetto si contesta al contribuente il reato di omessa dichiarazione dei redditi. Dal punto di vista penale il reato scatta quando il contribuente, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenti una delle dichiarazioni relative a dette imposte e l’imposta evasa sia superiore a € 50.000 con riferimento a ogni singolo tributo (art. 5, D.Lgs. 74/2000).
Al fine di configurare il reato penale di evasione fiscale necessario che il contribuente abbia agito con dolo, cioè abbia evitato di presentare la dichiarazione dei redditi con lo specifico scopo di evadere le imposte avendo piena consapevolezza del fatto che l’evasione fiscale che ne consegue supera la soglia prevista per configurare il reato penale.
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Il verbale della guardia di Finanza non è sufficiente a dimostrare il reato
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 20897 del 3 maggio 2017 ha ribadito che, al fine di determinare la soglia di punibilità per il reato di omessa dichiarazione, non possono essere considerati solo i rilievi della Guardia di Finanza che, nel caso in oggetto, hanno determinato il reddito imponibile con il metodo induttivo.
I giudici nell’emettere sentenza di condanna si sono limitati a dare rilevanza ai rilievi della Guardia di Finanza senza tenere in considerazione l’incidenza dei costi sostenuti nell’esercizio dell’attività.
Costi che vanno a incidere sulla base imponibile e che, di conseguenza, incidono sulle imposte dovute e sul superamento delle soglie previste per il configurarsi del reato penale. In particolare i giudici non hanno ritenuto necessario predisporre una perizia contabile per determinare la base imponibile.
Tra le spese non dedotte al reddito determinato in maniera induttiva vi sono le anticipazioni di diritti, imposte e tasse perché gravanti sui clienti.
La Corte di Cassazione nel caso in oggetto ha anche rilevato l’assenza di dolo, infatti il professionista, un avvocato, aveva emesso tutte le fatture inerenti l’attività professionale svolta, anche nei confronti di soggetti tenuti al pagamento della ritenuta d’acconto e alla presentazione del modello 770 in qualità di sostituti di imposta, dimostrando in questo modo di non voler evadere il Fisco.
Per questi motivi la Corte di Cassazione ha stabilito l’annullamento della sentenza di condanna andando di fatto a chiarire che per determinare se vi è stato reato non basta la determinazione del reddito con metodo induttivo da parte della Guardia di Finanza.
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