Facebook e diffamazione, sentenza del Tribunale di Milano

Niccolò Ellena

3 Marzo 2023 - 16:04

Facebook deve rimuovere i contenuti palesemente diffamatori. Se non lo fa, deve essere sanzionata. È questa la sentenza espressa dalla Prima sezione civile del Tribunale di Milano.

Facebook e diffamazione, sentenza del Tribunale di Milano

Facebook deve rimuovere i contenuti diffamatori qualora sia consapevole della loro natura. In caso di inadempienza, la piattaforma sarà sanzionata. È questo il verdetto espresso dalla Prima sezione civile del Tribunale di Milano, che ieri ha condannato la piattaforma di Mark Zuckerberg a pagare i danni a un’azienda italiana, la Snaitech.

Secondo il verdetto, la colpa di Facebook sarebbe stata quella di non rimuovere prontamente dei contenuti diffamatori apparsi sulle pagine «Truffa Snaitech» e «Snaitech Truffa». Su queste pagine, a Snaitech venivano attribuiti diversi illeciti come truffa, minaccia corruzione.

In prima battuta, il Tribunale ha voluto chiarire le responsabilità di Facebook di natura omissiva: il provider del servizio avrebbe dovuto rimuovere tempestivamente il contenuto, data la manifesta illiceità. Tuttavia, in questo caso, Facebook non ha agito con sufficiente rapidità. Nella sentenza si chiarisce che Facebook è estraneo alla vicenda; allo stesso tempo, alla piattaforma si rimprovera di non aver rimosso tempestivamente il contenuto illecito e di aver quindi contribuito alla messa in atto del comportamento lesivo.

Facebook era a conoscenza dell’illecito

Facebook era a conoscenza di ciò che stava accadendo? Secondo il Tribunale di Milano sì, poiché Snaitech aveva segnalato il contenuto illecito delle pagine ben due volte, senza tuttavia ricevere risposte.

Questo è stato sufficiente al Tribunale per affermare che Facebook fosse consapevole della situazione e che, in quanto host provider, avrebbe dovuto rimuoverli. Chi aveva condiviso i contenuti diffamatori, inoltre, lo aveva fatto basandosi su semplici convinzioni personali e non su delle prove.

Inizialmente Facebook ha provato a difendersi, sostenendo che per poter rimuovere i contenuti in oggetto fosse prima necessario l’intervento dell’autorità giudiziaria a certificare l’illiceità dei contenuti. La sentenza ha tuttavia respinto questa difesa, affermando che la legge non lo prevede (D. Lgs. n.70 del 2003, riguardante l’attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico, all’articolo 16).

Alla fine, con colpevole ritardo, Facebook ha rimosso i contenuti illeciti, ma questo non è stato sufficiente a evitare la sanzione.

Nel decidere se comminare o meno la sanzione a Facebook, non sembra aver contato molto il fatto che i contenuti oggetto dell’illecito fossero in numero scarso e che fossero rimasti online poco tempo (circa 3 mesi). Ciò piuttosto ha avuto avuto un impatto sulla somma che l’azienda è stata chiamata a pagare: 5.000 euro, secondo quanto riportato dal Sole24Ore.

Sicuramente, in futuro, la piattaforma e i suoi moderatori presteranno maggiore attenzione quando riceveranno una segnalazione analoga a quella fornita da Snaitech.

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