In Umbria il risultato dell’alleanza elettorale tra PD e Movimento 5 Stelle è stato deludente: questa disfatta ora potrà incidere anche sul prosieguo del governo Conte bis?
“L’esperimento non ha funzionato”. Questo è stato il commento del Movimento 5 Stelle affidato a un conciso post sul Blog in merito al risultato delle elezioni regionali in Umbria, mentre anche diversi esponenti del Partito Democratico hanno sottolineato come questa strategia sia da rivedere.
Una scoppola quella umbra che potrebbe avere senza dubbio delle ripercussioni sulle strategie per le altre Regioni chiamate a breve al voto, Calabria ed Emilia Romagna, con il simposio giallorosso che potrebbe essere non replicato.
Cambiamenti ce ne potrebbero essere anche per il governo Conte bis, visto che i mal di pancia tra i quattro partiti della maggioranza, che sono insieme obtorto collo e solo per evitare le urne, potrebbero riaffiorare nelle prossime settimane durante l’iter parlamentare della legge di Bilancio 2020.
Il governo rischia dopo il voto in Umbria? La paura di tornare al voto farebbe pensare a un esecutivo che potrebbe andare avanti anche a lungo, ma ulteriori scossoni elettorali potrebbero portare anche a uno dei più classici rimpasti con la poltrona di Giuseppe Conte che in quel caso sarebbe la prima a vacillare.
La disfatta PD-M5S in Umbria
Che non fosse facile già lo si sapeva, ma una sconfitta in questi termini era difficile da ipotizzare. Donatella Tesei ha portato il centrodestra alla vittoria ottenendo il 57,55% dei voti, mentre Vincenzo Bianconi in rappresentanza dei giallorossi non è andato oltre il 37,48%.
La situazione in Umbria per il centrosinistra era parecchio compromessa per via dello scandalo che ha investito la precedente Giunta guidata da Catiuscia Marini, così come la campagna elettorale di Bianconi è iniziata in forte ritardo rispetto a quella della Tesei, che ha potuto contare anche su l’instancabile sostegno di Salvini che si è girato tutta la regione.
A fronte di un’affluenza quasi identica, il Movimento 5 Stelle è passato dal 14,63% preso in Umbria alle europee di maggio al 7,41% delle regionali di domenica.
Il Partito Democratico alle regionali ha preso invece il 22,33%, in calo rispetto al 23,98% delle europee. Se quindi i dem sostanzialmente hanno retto, anche se le percentuali di un tempo in Umbria appaiono un miraggio, i 5 Stelle invece in pochi mesi hanno dimezzato i propri voti.
Per cercare di arginare un centrodestra che veniva dato in grande vantaggio da tutti i sondaggi, PD e M5S hanno così tentato per la prima volta di sostenere un candidato civico comune. Questo “laboratorio” così come è stato definito alla vigilia ha però fallito, anche se le circostanze di partenza non erano delle più agevoli.
Il futuro del governo
La debacle in Umbria potrebbe ora spingere i giallorossi a non replicare l’alleanza alle prossime elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna. Difficile che in queste condizioni i due partiti possano riuscire a trovare un’intesa a riguardo.
In teoria questo sarebbe un grave errore: così facendo i 5 Stelle consegnerebbero la Calabria al centrodestra abbandonando il sogno della prima Regione a guida grillina, mentre in Emilia Romagna il centrosinistra sarebbe a forte rischio contro il fronte sovranista.
Le prime reazioni post voto in Umbria fanno intendere come, specie in casa 5 Stelle, non ci sia molta voglia di replicare questo esperimento. Senza dubbio il governo andrà avanti, ma tutti i partiti della maggioranza ora stanno iniziando a farsi i propri conti in tasca.
A unire 5 Stelle, PD, Italia Viva e Liberi e Uguali, c’è solo un unico comun denominatore: nessuno vuole tornare al voto, visto che il centrodestra otterrebbe un’ampia vittoria a prescindere da quella che potrebbe essere la legge elettorale.
Anche Matteo Renzi che scalpita nelle ultime settimane non è ancora pronto. Gli ultimi sondaggi politici danno Italia Viva intorno al 5%, troppo poco per attirare l’attenzione delle altre forze centriste che potrebbero unirsi alla causa.
Nonostante questa vittoria abbia dato ancor più vigore al megafono di Matteo Salvini che chiede da agosto delle elezioni anticipate, il sentore è che questa legislatura andrà avanti almeno fino al 2022 quando si eleggerà il prossimo Presidente della Repubblica.
Questo però non vuol dire che sono da escludere altri ribaltoni o rimpasti, specie adesso che Giuseppe Conte sembrerebbe avere l’appoggio solo del PD con un insolito asse Renzi-Di Maio che potrebbe provare anche a dare una spallata al premier in difficoltà anche per la vicenda Russiagate e quella dei fondi di investimento collegati al Vaticano.
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