Fondo pensione conviene? Cosa c’è da sapere, guida completa

Isabella Ciuca

29/03/2022

Conviene davvero investire in un fondo pensione? Ecco tutto quello che devi sapere sul fondo pensione e sulla previdenza complementare.

Fondo pensione conviene? Cosa c’è da sapere, guida completa

Invecchiamento della popolazione, rallentamento della crescita economica, sostenibilità dei conti pubblici. Queste sono alcune delle ragioni che hanno portato a una profonda evoluzione del nostro sistema pensionistico.

I cambiamenti apportati hanno fatto sì che la pensione che riceveremo in futuro, se confrontata all’ultima retribuzione percepita, (questo rapporto si chiama «tasso di sostituzione») sarà più bassa rispetto a quella che percepiscono i pensionati di oggi. Per questo motivo, accanto al primo pilastro della previdenza obbligatoria, viene affiancato un secondo pilastro, quello della previdenza complementare.

L’adesione alle forme di previdenza complementare può essere conveniente sia perché consente di ricevere una rendita ulteriore durante il periodo del pensionamento, sia perché rappresenta un’opportunità di accumulare risparmio che gode di alcune agevolazioni fiscali. Vediamo quindi come investire in un fondo pensione e cosa fare attenzione.

Investire in un fondo pensione

La previdenza complementare si basa su un regime a contribuzione definita. Pertanto, la somma che ci ritroveremo alla fine del periodo lavorativo (la nostra «posizione individuale») dipenderà dall’importo versato al fondo pensione (idealmente composto da contributo + Tfr + contributo del datore di lavoro), dalla durata del nostro periodo di contribuzione, dai costi che abbiamo sostenuto per aderire al fondo pensione e dai rendimenti (netti) che avrà generato il nostro investimento. Quando andremo in pensione, la nostra posizione individuale ci sarà versata sotto forma di rendita (declinabile in più conformazioni), in parte in un’unica soluzione e in parte come rendita oppure in un’unica soluzione (solo in determinate situazioni).

Esistono diversi tipi di forme pensionistiche complementari ed è importante ricordare che l’adesione è sempre su base volontaria. In particolare nel nostro ordinamento sono disciplinati:

  • i fondi negoziali, istituiti nel quadro dei contratti collettivi nazionali o aziendali;
  • i fondi pensione aperti, gestiti da intermediari finanziari come banche o SGR, ai quali si può accedere su base individuale o collettiva;
  • i PIP, istituiti da compagnie assicurative con adesione su base individuale;
  • i fondi pensione preesistenti (chiamati così perché istituiti già prima della riforma della disciplina del settore del 1993).

Se esistono accordi collettivi legati al settore di appartenenza, all’azienda per la quale si lavora o al territorio, è possibile aderire collettivamente secondo quanto previsto da questi accordi, che solitamente individuano: un fondo pensione di riferimento, il contributo minimo dell’aderente e, nel caso di lavoratore dipendente, anche il contributo del datore di lavoro. Il lavoratore del settore privato potrà anche decidere di destinare il proprio TFR alla forma pensionistica complementare. Alcuni contratti possono prevedere l’iscrizione contrattuale, dunque automatica, alla forma pensionistica di riferimento. Esiste anche la possibilità di aderire individualmente a una forma pensionistica complementare.

Per aderire a un fondo pensione, ci si può rivolgere (anche online) alla propria azienda, direttamente al fondo pensione, a un sindacato oppure, nel caso di fondi aperti o PIP, all’intermediario finanziario che l’ha istituito.

Prima di investire in un fondo pensione, bisogna sempre

:

  • Verificare che il proprio contratto di lavoro preveda la possibilità di aderire ad una forma pensionistica complementare di riferimento e, nel caso di lavoratori privati, quale sia il contributo del datore di lavoro previsto dagli accordi collettivi/regolamenti;
  • Confrontare i costi delle diverse forme pensionistiche sul sito della COVIP. Ciascun fondo pensione raccoglie e pubblica le informazioni sui propri costi nella «Scheda dei costi» e nel documento «Informazioni Chiave per l’aderente»;
  • Verificare quale è la linea di investimento (detta «comparto») più adatta al nostro profilo di rischio/rendimento. I comparti sono generalmente classificati in garantiti, obbligazionari, bilanciati o azionari. Per scegliere, al momento dell’adesione si è sottoposti ad un «Questionario di autovalutazione» e, in ogni caso, la scelta è modificabile nel tempo.

Conviene il fondo pensione?

Vediamo perché può convenire investire in un fondo pensione:

  • Nel caso di lavoratori dipendenti privati, l’adesione ad un fondo pensione consente di beneficiare del contributo del datore di lavoro che, soprattutto in alcuni settori, può essere anche piuttosto significativo;
  • Al crescere degli anni di contribuzione e, dunque, con l’allungarsi del periodo di tempo in cui investiamo i nostri soldi, crescerà anche la nostra pensione complementare rispetto a chi ha un numero inferiore di anni di contribuzione volontaria;
  • Sotto certe (realistiche) ipotesi sull’andamento dell’economia, il versamento del Tfr al fondo pensione consente di accrescere la propria posizione individuale rispetto a lasciare il Tfr in azienda (nel qual caso esso viene rivalutato annualmente all’1,5% + il 75% del tasso di inflazione);
  • L’investimento del proprio risparmio, proprio perché si parla di risparmio previdenziale, è sottoposto a particolari regole di prudenza definite dalla legge, è affidato ad operatori professionali nell’ambito di specifiche contratti ed è custodito presso un depositario autorizzato;
  • All’interno della propria pagine riservata sul sito del fondo pensione è possibile controllare l’andamento della propria posizione individuale e simulare la propria rendita futura;
  • Dopo due anni di adesione è possibile trasferire la posizione maturata presso un’altra forma pensionistica complementare;
  • È possibile chiedere l’anticipazione e/o il riscatto delle somme versate, anche se solo in presenza di determinate esigenze e condizioni;
  • Si gode di una tassazione favorevole.

Per quanto riguarda la tassazione, ci sono diversi aspetti positivi legati al trattamento fiscale riservato all’investimento in un fondo pensione. Ogni anno è possibile dedurre dal proprio reddito i contributi versati (ad esclusione del Tfr) fino ad un massimo di 5.164,57 euro.

Inoltre, i rendimenti realizzati dall’investimento in una forma pensionistica complementare sono tassati fino ad un massimo del 20% a differenza della maggior parte dei rendimenti realizzati attraverso altri strumenti finanziari, che al contrario hanno una tassazione massima del 26%, fermo restando l’aliquota agevolata prevista per i titoli di Stato e titoli equivalenti posta al 12,50%.

Il pagamento della rendita o del capitale ha una ritenuta agevolata pari al 15%, che si riduce al crescere del periodo di adesione alla previdenza complementare. Infine, anche le anticipazioni per spese sanitarie godono di una tassazione agevolata come anche i riscatti ad esempio in caso di cessazione dell’attività lavorativa, inoccupazione, cassa integrazione, invalidità.

Perché non investire in un fondo pensione

Accanto agli indubbi aspetti positivi, tra i quali c’è sicuramente anche il minor aggravio dei conti pubblici e una redistribuzione più equa della ricchezza, l’investimento in un fondo pensione presenta anche degli aspetti negativi e qualche rischio legato allo scarso approfondimento di alcune tematiche da parte del risparmiatore.

In sintesi:

  • È necessario controllare attentamente i costi: questi, infatti, se non monitorati e calcolati bene in anticipo, possono intaccare sensibilmente la posizione individuale;
  • In generale, vi è una scarsa comprensione dei vantaggi fiscali: l’investimento in un fondo pensione, per essere massimizzato, dovrebbe essere accompagnato dall’ottimizzazione della propria posizione fiscale, che è una tematica che può generare confusione tra i risparmiatori meno esperti;
  • La richiesta di riscatti o anticipazioni è possibile solo in presenza di determinate e restrittive condizioni. Per riscattare tutta la propria posizione, bisogna trovarsi in una condizione di invalidità. inoccupazione da più di 48 mesi, dimissioni o licenziamento. Per riscattarne il 50% bisognerà essere inoccupati da almeno 12 mesi o nel caso di ricorso a mobilità o cassa integrazione da parte del datore di lavoro. Sarà invece possibile richiedere delle anticipazioni se: dopo almeno 8 anni dall’adesione si debba acquistare o ristrutturare la prima casa (per un massimo del 75% del capitale accumulato); si debbano sostenere spese sanitarie legate al sopraggiungere di gravissime condizioni (per un massimo del 75% del capitale accumulato); si debbano sostenere altre spese (per un massimo del 30% del capitale accumulato);
  • Per quanto il monitoraggio dell’investimento sia efficiente, la propria posizione individuale sarà comunque legata all’andamento dei mercati finanziari.

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