La vincitrice delle elezioni politiche, Giorgia Meloni, lavora in tandem con Mario Draghi e il ministro Roberto Cingolani per portare in Ue un piano straordinario contro le speculazioni sul gas.
Fermare le speculazioni internazionali sul prezzo del gas in Europa. È questo il primo obiettivo dichiarato di Giorgia Meloni, neo-vincitrice delle elezioni politiche del 25 settembre. Per farlo la possibile nuova presidente del Consiglio lavora in tandem con Mario Draghi e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. L’imperativo è fare presto, portando sui tavoli europei in 48 un piano straordinario anti-rincari, da affiancare alla richiesta per Bruxelles ad allentare i vincoli di bilancio per combattere il caro-energia.
La leader di Fratelli d’Italia non esclude che possa essere proprio lei a rappresentare l’Italia da prima ministra al prossimo vertice europeo sul gas del 20 ottobre, ma nel frattempo la strategia sarà portata avanti proprio da Cingolani.
Quest’ultimo venerdì ha già ottenuto un primo generico via libera, o quantomeno un’apertura di credito da parte della Germania, che se non proprio a un price cap potrebbe dare l’ok a una riforma del mercato di Amsterdam, dove si forma il prezzo del gas. Ma è ora che la partita entra nel vivo.
Gas, la possibile riforma anti-speculazioni
Giovedì e venerdì l’Italia porterà con Draghi al Consiglio europeo la proposta di sganciarsi dal mercato di Amsterdam e in particolare dall’indice Ttf, fatto di future (cioè titoli speculativi basati sulle aspettative future). L’idea è indicizzare il prezzo del gas agganciandolo a target più stabili, una sorta di mini-Bretton Woods del nuovo millennio. L’indice europeo del gas 2.0 sarebbe legato agli americani Brent (sul petrolio) ed Henry hub (per il gas naturale), o forse anche agli indici cinesi e australiani.
L’operazione, nell’idea di Draghi e Cingolani, metterebbe assieme capitalismo finanziario basato sul libero mercato ed economia di guerra vista la crisi geopolitica con la Russia. In pratica: garantire un incontro tra domanda e offerta che limiti la speculazione, guardando al modello dell’indice di riferimento italiano Psv. Se ci si basasse su quello il gas lo pagheremmo meno, motivo per cui l’autorità italiana dell’energia, Arera, ha deciso di legare l’aggiornamento delle tariffe del metano proprio a questo indice, così da evitare i nuovi aumenti a cui avrebbe portato il solo Ttf.
Cingolani ha spiegato ieri a Mezz’ora in più, su Rai 3 che su questo l’intesa Draghi-Meloni è piena. “Chi viene dopo - ha detto- ci dice anche ’sì, riconosciamo che è la strada da intraprendere’. C’è poca ideologia”. L’obiettivo è dare alla Commissione Ue dieci linee guida da utilizzare per una legislazione sul prezzo del gas da attuare il prima possibile, disinnescando gli aumenti. Se si fa presto, infatti, Cingolani è convinto che la bolletta media di gas e luce del primo trimestre del 2023 potrà scendere.
Caro-bollette, l’ipotesi del tetto-forchetta
Nel frattempo l’attuale governo italiano preme per approvare se non un price cap generalizzato, almeno quello che la Commissione potrebbe proporre sotto forma di “tetto con forchetta”. Si tratta di un possibile range massimo e minimo entro cui contenere l’oscillazione dei prezzi del gas. A questo si aggiunge il disaccoppiamento o quanto meno l’imposizione di un limite all’incidenza del gas nella formazione del prezzo dell’elettricità.
Caro-energia, Draghi e Meloni contro i vincoli di bilancio Ue
Non solo, seppure i rapporti tra Italia e Germania rimangono buoni, c’è stata evidente irritazione da parte dei Paesi del Sud Europa per il fatto che Berlino abbia potuto varare un piano straordinario anti-rincari da 200 miliardi senza che l’Ue sia ancora intervenuta per violazione delle regole sugli aiuti di Stato. Da qui il pressing per allentare i vincoli di bilancio e dare maggiore spazio fiscale a tutti sul dossier caro-energia.
Il commissario europeo per il mercato interno e i servizi, il francese Thierry Breton, è stato chiaro. “Mentre la Germania si può permettere di prendere in prestito 200 miliardi sui mercati finanziari - ha detto- altri Stati Ue non possono fare lo stesso. Ecco perché dobbiamo riflettere con urgenza su come dare anche a questi Paesi, privi di margini di intervento, la possibilità di sostenere le loro aziende”.
La Francia, quindi, chiede esplicitamente di elevare la soglia massima degli aiuti di Stato consentiti per le imprese colpite dal caro-energia (ad oggi sono 25 milioni per le energivore e 50 milioni per quelle attive in settori particolarmente esposti come vetro e alluminio).
Cambiare le regole per ridurre i costi in bolletta
Entro fine ottobre, intanto, dovrebbe arrivare una bozza di riforma targata Ursula von der Leyen del Patto di stabilità e crescita, sospeso durante la pandemia e anche per il prossimo 2023. Lì dovrebbero esserci in effetti vincoli ci bilancio meno stringenti, ma l’opposizione dei falchi del Nord si preannuncia durissima. Nel frattempo Italia e Francia stanno insistendo per un nuovo strumento comune europeo sulla falsa riga del Recovery Fund, ma solo per il capitolo energetico.
Anche su questo le riserve di Germania e Nord Europa sono diverse. Per questo l’ultima proposta a cui si sta lavorando è un piano sullo stile dello Sure (il fondo da 100 miliardi di euro che ha garantito la cassa integrazione europea tramite prestiti con eurobond). Insomma: nessun fondo perduto a favore del Sud, ma quantomeno prestiti agevolati.
La strategia di Meloni sul gas italiano
Nel frattempo l’Italia continua a vendere gas metano all’estero. Cingolani ieri ha detto in tv che mentre “ci sono oltre 40 milioni di metri cubi di gas per gli stoccaggi, tra i 18 e i 20 milioni vengono esportati”. Fratelli d’Italia vorrebbe aumentare la produzione nazionale di energia e possibilmente esportarne meno all’estero, anche deviando in parte dagli obiettivi europei sulla transizione ecologica e la lotta al cambiamento climatico.
Quindi sì a nuove estrazioni di gas, soprattutto nel mar Adriatico, accelerazione sui rigassificatori ed eliminazione dei “vincoli burocratici” che impediscono l’utilizzo pieno delle fonti rinnovabili (si fa riferimento in particolare a quelli che vengono considerati “veti” delle Sovrintendenze per impianti che “deturperebbero aree non esattamente turistiche, come il porto di Taranto o Colleferro”).
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