Piero Gattoni, presidente del Consorzio italiano biogas, commenta a Money.it il varo del decreto del ministro Cingolani su biometano e biogas e spinge a far presto con i decreti attuativi.
Non solo gas da altre fonti, carbone e rinnovabili standard come eolico e solare. Per azzerare la dipendenza dal metano russo l’Italia può puntare anche sul biogas e il biometano. Ieri il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha firmato un decreto per sbloccare i quasi 2 miliardi previsti dal Pnrr per rafforzare questo settore della green economy. L’obiettivo di questo e di altri provvedimenti realizzati dei mesi scorsi (come un decreto sul sistema dei trasporti e l’attuazione della direttiva europea Red2), è far partire 70 impianti in fase di costruzione o di progettazione fermi per problemi burocratici.
Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza il nostro Paese (già secondo in Europa per produzione di biogas, ma ancora indietrissimo sul biometano) si pone l’obiettivo di arrivare a 2,3-2,5 miliardi di metri cubi di biometano all’anno entro il 2026, mentre oggi siamo appena a 230 milioni di metri cubi. Il target complessivo, però, secondo il Consorzio italiano biogas, visti i nuovi standard governativi dovuti all’emergenza energetica, può arrivare fino a 4 miliardi al 2026. Si tratta di circa il 30% dell’obiettivo dell’esecutivo di sostituzione delle forniture di metano russo, riducendo contemporaneamente l’utilizzo dei gas a effetto serra di oltre l’80%.
Il presidente del Consorzio, Piero Gattoni, ai microfoni di Money.it saluta con soddisfazione il varo del decreto, ma avverte: “non bisogna abbassare la guardia, perché servono subito i decreti attuativi e vanno scritti bene, altrimenti si rischia di non tradurre in efficacia il provvedimento”.
L’uso di biometano e biogas oggi in Italia
I 70 impianti in questione producono gas partendo dai rifiuti e dagli scarti agricoli. Si tratta di 50 impianti per il biometano prodotto da rifiuti e 20 progetti tra biogas agricolo o riconversione di strutture esistenti dal biogas al biometano.
Per biogas si intende il gas grezzo prodotto dalla fermentazione (e composto da metano, anidride carbonica e tracce di altri gas), mentre il biometano è un derivato del biogas, che si ottiene dopo un processo di raffinazione e purificazione (togliendo acqua, anidride carbonica e contaminanti).
Il biogas di solito viene usato dove viene generato, per produrre elettricità e calore per lo più in ambito agricolo, mentre il biometano è impiegabile più facilmente per usi domestici e industriali. Se liquefatto, infine, può essere usato come carburante per mezzi pesanti e navali. Quest’ultimo è il cosiddetto “bio-Gnl”. Ad oggi in Italia esistono solo una trentina di impianti di biometano attivi (contro i 337 in Francia, i 242 in Germania e i 51 in Danimarca), mentre per il biogas siamo al secondo posto in tutta Europa, con circa 2mila impianti in funzione.
Fondi del Pnrr ancora a rischio
Il Consorzio italiano biogas ha tra i soci 800 aziende agricole e più di 200 società industriali fornitrici di impianti, tecnologie e servizi, coinvolte nei 20 progetti sul biogas e il biometano. La loro preoccupazione è che non si perda ulteriore termine, altrimenti, dice Gattoni, “si rischia di non raggiungere l’obiettivo del Pnrr entro il 2023, di circa 600 milioni di metri cubi di biometano prodotto”.
Per impedire questo scenario, che metterebbe a rischio i fondi del Pnrr, spiega, “i bandi devono partire massimo a fine novembre”. Potrebbe quindi doversene occupare il nuovo governo, se si formerà rapidamente dopo le prossime elezioni del 25 settembre.
Secondo il presidente del Consorzio, però, la maggior parte dei ritardi è imputabile non all’esecutivo italiano, ma alla Commissione europea che “ha atteso molto prima di dare l’ok sullo schema proposto dal governo, in linea con le regole Ue sugli aiuti di Stato”. Ora, però, quell’ok è arrivato e il nuovo decreto può aiutare il mondo agricolo, perché “semplifica la possibilità di utilizzo di biomasse agricole e industriali e apre alla produzione di biometano per gli usi finali”.
I vantaggi di biogas e biometano
L’aspettativa di Gattoni, quindi, è che ora i decreti attuativi possano permettere “una veloce riconversione di impianti di biometano e la partenza di nuovi cantieri, in particolare nelle regioni del centro-sud, dove oggi c’è gran parte del potenziale inespresso per questo settore della green economy”.
Un obiettivo, secondo il consorzio, fondamentale per affrontare la crisi energetica in corso senza deviare dall’obiettivo della transizione ecologica. “Chi sta affrontando meglio la crisi energetica - spiega Gattoni- sono nazioni come Spagna e Portogallo che più hanno investito in rinnovabili negli ultimi anni. All’interno delle rinnovabili, poi, è importante avere un mix e ognuno deve fare il suo”.
Investire in queste forme di energia, quindi, secondo il Consorzio è strategico. “Biogas e biometano - aggiunge il presidente- rappresentano una fonte flessibile che può essere indirizzata su più mercati (usi finali, trasporti, elettrico anche nelle fasce di utilizzo dell’energia quando sole e vento non producono). Possono quindi aiutare a raggiungere una maggior penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili. E ancora: il biogas agricolo aiuta a ridurre i fertilizzanti, facendo diminuire i costi in un momento di difficoltà con le importazioni dall’Ucraina e rendendo le aziende più competitive nel medio periodo”.
“In questo momento di crisi - conclude il presidente- bisogna essere pragmatici: c’è bisogno di tutto, ma è più importante non derogare dal percorso ecologico. Se c’è realisticamente bisogno anche di fonti non rinnovabili come il carbone, gli interventi devono essere solo momentanei”.
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