Germania: crisi politica e conseguenze spiegate in 5 punti

Violetta Silvestri

14 Febbraio 2020 - 13:45

La crisi politica in Germania rischia di avere ripercussioni importanti non solo nella nazione tedesca, ma anche in Europa. Un’analisi della situazione e delle conseguenze in 5 punti chiave.

Germania: crisi politica e conseguenze spiegate in 5 punti

La Germania è di scena con una crisi politica interna al CDU (Unione Cristiano-Democratica) che racconta molto dei difficili equilibri nel partito tra le voci moderate e quelle più conservatrici, della lotta alla successione per la cancelleria, del rapporto tormentato della nazione tedesca con la sua storia passata.

E, soprattutto, parla del potere di Angela Merkel, amata e odiata dal suo stesso partito. La crisi politica della Germania offre diversi spunti di riflessione e interroga non solo sul futuro del Paese leader in UE, ma anche su quali rischi potrebbe correre l’Europa con un potere vacillante a Berlino.

Di seguito un’analisi della situazione interna tedesca per comprendere alcuni punti chiave di questo terremoto politico in Germania.

1. Perché è scoppiata una crisi politica in Germania?

C’è un evento specifico che ha segnato l’inizio di questa crisi interna tedesca: l’elezione del governatore della Turingia con i voti decisivi del partito populista, neo-nazista di destra Alternative für Deutschland.

Nello specifico, il liberale Thomas Kemmerich ha vinto a sorpresa e per un solo voto di scarto, usufruendo non solo dell’appoggio del CDU, ma, appunto, anche dell’ultradestra. Un fatto epocale e mai accaduto dalla Seconda Guerra Mondiale in poi: la Germania è rimasta 24 ore sotto shock, per aver assistito alla rottura del più importante patto tacito tra le forze democratiche nazionali.

La collaborazione con i partiti di ispirazione nazista - come appunto è definito AfD - è bandita e dinanzi all’evidenza di un’elezione istituzionale resa possibile solo con i voti dell’estrema destra, c’è stato il caos.

Kemmerlich si è dimesso e le elezioni ci saranno di nuovo a marzo. Ma l’evento ha provocato un vero terremoto, soprattutto all’interno del partito della Merkel. La stessa cancelliera ha espresso tutta la sua indignazione e ha subito preso le distanze con quanto accaduto, richiamando l’intero partito.

Il ruolo dell’Unione Cristiano-Democratica nell’elezione della Turingia è stato letto come vergognoso e non trasparente tentativo di accordarsi con i neo-nazisti. Di conseguenza, la leader Annegret Kramp-Karrenbauer si è dimessa.

2. Perché Annegret Kramp-Karrenbauer, leader CDU, si è dimessa

Il cosiddetto “Turingiagate” ha messo in luce l’incapacità di Annegret Kramp-Karrenbauer, leader del CDU, di imporre una disciplina di partito.

Ha anche messo a nudo i profondi cambiamenti della politica tedesca, oltre a sottolineare le divisioni all’interno del CDU sulla linea più centrista del suo precedente leader e attuale cancelliere, Angela Merkel, e quella tendente al conservatorismo vigoroso (con l’obiettivo di riconquistare alcuni dei milioni di elettori persi a favore di l’AfD).

Il passo indietro di Kramp-Karrenbauer, considerata la delfina dell’attuale cancelliera, è stato duplice: la donna ha lasciato la guida del partito e ha annunciato che non correrà per la cancelleria il prossimo anno. Una decisione inevitabile per molti all’interno del CDU.

Gli elettori tedeschi non sono mai stati così entusiasti del fatto che Kramp-Karrenbauer potesse diventare cancelliera. La leader CDU non è riuscita a unire sul tema chiave: l’immigrazione, alimentando piuttosto le divisioni aperte dalla politica di accoglienza della Merkel sui rifugiati alla fine del 2015, che ha portato all’arrivo di quasi un milione di migranti ​​e alimentato l’ascesa dell’AfD.

Inoltre, ha mancato l’obiettivo di far risalire il partito nel consenso, soprattutto nei confronti del CSU al 28%, e non è riuscita ad imprimere con la sua autorevolezza, per molti osteggiata dall’onnipresente ombra della Merkel.

Così, quando la sua leadership è apparsa debole e non incisiva nella vicenda del voto in Turingia, le dimissioni sono arrivate senza discussioni. La stessa Kramp-Karrenbauer ha dichiarato di non avere il pieno sostegno del partito, e questo è stato confermato nell’elezione di Kemmerlich. Ora, il partito CDU appare allo sbando e con tutte le contraddizioni in evidenza.

3. Crisi nel partito CDU: lotta per la leadership

Le dimissioni di Kramp-Karrenbauer hanno di fatto aperto la lotta per la leadership nel partito CDU. E, soprattutto, hanno evidenziato tutte le contraddizioni all’interno della storica formazione politica tedesca, dove soffiano venti di opposta direzione. Al momento, la lotta per la guida dei cristiano democratici dovrebbe concentrarsi su 4 candidati.

Uno è Friedrich Merz, membro di spicco del CDU che nel dicembre 2018 ha fatto la sua campagna per spostare il partito più a destra, perdendo di poco contro Kramp-Karrenbauer.

Ha incolpato la Merkel per il suo approccio politico troppo moderato e aperto verso gli immigrati. Molti lo vedono come l’incarnazione dell’anti-Merkel e della visione più conservatrice del partito, capace di attrarre i voti persi verso l’estrema destra.

Poi c’è Jens Spahn, attuale ministro della Salute. 39 anni, il candidato più giovane è stato in precedenza un convinto critico della politica sui rifugiati della Merkel. Ha un buon supporto di giovani e membri di partito.

Armin Laschet è il Governatore della Renania Settentrionale-Vestfalia e il candidato che più probabilmente continuerebbe la politica moderata della Merkel. Si considera, infatti, l’uomo centrista nel partito.

Infine, si parla di Markus Söder, Governatore della Baviera. La sua è una formazione tradizionale e conservatrice. Potrebbe essere più aperto rispetto agli altri ad una coalizione con i Verdi, in forte ascesa.

4. Angela Merkel è ancora al comando?

È ancora cancelliera e rimane quindi il politico più potente della Germania. I suoi piani di successione, però, sono falliti e questo potrebbe indebolire il suo potere come cancelliera. Le dimissioni di Kramp-Karrenbauer, infatti, potrebbero accelerare l’uscita di scena della Merkel, vista, almeno in parte, responsabile del disastro CDU.

Se, da una parte, alcuni membri cristiano-democratici scalpitano per allontanare la Merkel dal potere anche prima del previsto, questa mossa potrebbe essere un boomerang per tutto il partito.

Stando ad un sondaggio dell’Istituto Forse pubblicato da Handelsblatt, il 23% degli elettori CDU non voterebbe più il partito se fosse cacciata la Merkel. Inoltre, i socialdemocratici hanno affermato che si dimetteranno se la cancelliera sarà espulsa prima del previsto, il che molto probabilmente porterebbe a elezioni anticipate.

5. Crisi politica in Germania: quali conseguenze?

La crisi che si sta consumando all’interno del partito CDU stimola diverse riflessioni. Innanzitutto, è emerso che la destra estrema, di stampo neo-nazista, ha un potere importante e crescente, tanto da riuscire a provocare il caos più totale all’interno di un partito storico, strutturato, radicato come quello dei cristiano-democratici in Germania.

Inoltre, è evidente che senza una leadership autorevole il CDU rischia di crollare e di lasciarsi attrarre dalle voci più radicali all’interno del suo stesso partito, diviso tra l’anima moderata e quella estremista, causando l’instabilità di tutta la politica nazionale.

Di conseguenza, una Germania senza una guida forte, moderata e responsabile e con l’allarme dell’avanzata della destra populista diventa un pericolo per la stessa stabilità europea.

Uno scivolamento verso posizioni estreme nel Governo tedesco potrebbe influenzare il dibattito all’interno dell’UE su temi cruciali quali l’immigrazione, l’economia, i bilanci. Il 1 luglio 2020 inizierà il semestre di presidenza tedesca e potrebbero già esserci tensioni.

La crisi politica in Germania, quindi, ha ampi risvolti e mette in luce fragilità non solo tedesche, ma europee.

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