Governo di Berlino a rischio dopo il documento presentato dal ministro delle Finanze Lindner per salvare la Germania “Sick Man” dell’Europa.
Allarme Germania in Europa, il governo Scholz rischia il collasso. Come dice senza mezzi termini Carsten Brzeski, responsabile globale della divisione macroeconomia di ING, “il rischio che il governo tedesco cada non è mai stato così alto”.
La situazione è precipitata negli ultimi giorni, con le crepe che si sono già formate da un po’ nella “coalizione semaforo” di governo - così come viene definita - che si sono allargate fino a trasformarsi in una frattura probabilmente insanabile.
E così, nelle stesse ore in cui tutto il mondo aspetta con trepidazione l’esito delle Elezioni USA del 5 novembre 2024, per capire se sarà il candidato repubblicano Donald Trump o la candidata democratica Kamala Harris a prendere le redini degli Stati Uniti, l’Europa rischia di vedere capitolare nel caos politico, dopo la Francia considerata pressocché ingovernabile, anche la Germania, l’economia numero uno del Continente.
Proprio l’economia tedesca, in queste ore febbrili in cui il cancelliere Olaf Scholz sta cercando di scongiurare il peggio, si è rivelata il tallone d’Achille di questa strana coalizione di governo, considerata subito atipica a causa dei DNA variegati che caratterizzano i relativi partiti della maggioranza.
Di fatto, dopo anni di stabilità assicurata dal governo (o meglio governi Merkel), a gestire la Germania è un’alleanza frutto di una intesa tra i socialdemocratici (SPD) di Olaf Scholz, il Partito Liberale Democratico (Fdp) e il Partito dei Verdi. Alleanza bombardata dalle critiche degli stessi cittadini tedeschi, stremati dalla forte crisi dell’industria tedesca - lo shock Volkswagen ne è l’esempio più illustre - e di recente infuriati con l’esecutivo anche a causa del modo in cui è stata gestita la vendita della partecipazione detenuta dallo Stato nella seconda banca teutonica Commerzbank: decisione che si è tradotta nel blitz di UniCredit, che tanto sta angustiando Berlino.
Germania, crisi di governo dopo la proposta dei liberali di Lindner
Che la coalizione di governo stesse traballando lo si era capito già dall’esito delle recenti elezioni regionali della Germania.
In particolare, se i socialdemocratici di Scholz, nell’elezione del Land di Brandeburgo, sono riusciti a non farsi strappare dal crescente successo dell’estrema destra di AFD (Alternativa per la Germania -Alternative für deutschland) riuscendo a blindare la loro roccaforte, i Liberali e i Verdi sono usciti dal voto decisamente ammaccati, al punto che nessuno di questi due partiti è riuscito a superare la soglia del 5%, condizione sine qua non per conquistare un seggio nel Parlamento statale.
E ora la tensione è esplosa. Pomo della discordia forse inevitabile è un documento che è stato presentato dal ministero delle Finanze il 1° novembre: documento di 18 pagine che il ministro delle Finanze Christian Lindner ha inviato al cancelliere Olaf Scholz e al ministro degli Affari Economici Robert Habeck.
La missiva contiene la ricetta che lo stesso ministro Lindner e leader del Partito della libertà (FDP) ha formulato per impedire alla Germania di continuare a essere marchiata dall’appellativo “Sick Man”, che le è stato appioppato da quando la sua economia ha imboccato la strada di un declino apparentemente inarrestabile, anche se non tutti i dati macro stanno gridando al disastro teutonico.
La proposta dei Liberali per risollevare la Germania malata
Il punto è che il paper di Lindner - che qualcuno ha definito subito una sorta di ultimatum - stilato per risollevare i fondamentali e per finanziare la legge di bilancio per il 2025 a cui il governo Scholz sta lavorando ha scatenato l’ira dei Verdi e dei socialdemocratici.
Il documento contiene di fatto alcune proposte che i due partiti considerano inaccettabili, in particolare quella di fare un passo indietro sui target green da raggiungere: proposta in stile fumo negli occhi per il partito degli ambientalisti, ma una mossa che non sorprende chi ricorda le parole di Christian Lindner, che già da un po’ ha manifestato scetticismo verso il piano UE sul clima.
Il riferimento è alla Legge europea sul clima approvata dal Parlamento UE, che - si legge nel testo - “innalza l’obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 (dall’attuale 40%) e rende giuridicamente vincolante la neutralità climatica entro il 2050”. Legge contro cui sta protestando anche l’Italia di Giorgia Meloni.
Ma le proposte di Lindner non si fermano all’ambiente. Paladino dei conti pubblici, il ministro vuole ridurre anche alcuni programmi federali di assistenza, così come fare marcia indietro sulla flessibilità dell’età pensionistisca, a fronte di sgravi fiscali a favore delle aziende tedesche.
Nel piano dei liberali tedeschi, non viene esclusa neanche la decisione drastica di tagliare le pensioni e di allungare la quantità di ore lavorate. Più ore di lavoro, dunque, e basta ai sussidi e alla ligia osservanza delle varie norme concepite per proteggere l’ambiente; target climatici meno ambiziosi, un numero più basso di prestazioni sociali e più venture capital.
Tra l’altro, spiega Brzeski di ING, “non tutte le proposte sono supportate da dettagli concreti”.
Il peccato del debito Schuld ossessiona ancora Berlino
Lindner invoca anche l’eliminazione della “sovrattassa di solidarietà”. Il tutto per colmare quel buco di bilancio più grande della Germania confermato da un indebitamento netto che, stando a quanto ha riportato Spiegel lo scorso 11 ottobre, dovrebbe salire a 56,5 miliardi di euro, 5,2 miliardi in più rispetto a quanto stimato in precedenza. E per il ministro delle Finanze, falco strenuo sostenitore della necessità che Berlino continui a confermarsi Paese virtuoso nella gestione dei conti pubblici, soprattutto a fronte delle nuove regole del Patto di Stabilità e di crescita che sono state reintrodotte in Unione europea e che secondo molti sono state dettate soprattutto dalla Germania, la capacità di contenere il debito e il deficit deve continuare a confermarsi motivo di orgoglio teutonico.
Ma, proprio a tal proposito, l’economista di ING Carsten Brzeski mette in evidenza la rigidità della posizione di Lindner, visto che le finanze pubbliche tedesche rimangono sotto controllo, con un rapporto debito-PIL lievemente al di sopra del 60% (la soglia che deve essere rispettata secondo quanto stabilito dai diktat del nuovo Patto di stabilità), un deficit-PIL al di sotto del 2%, spese per interessi inferiori all’1% del PIL.
A confronto, la Francia ha un debito-PIL pari al 115% (per non parlare dell’Italia, dove il debito-PIL è stimato rimanere attorno alla soglia del 140%), un deficit-PIL attorno al 6%, sostenendo una spesa per interessi che incide sul PIL per il 2%.
Ma è sempre utile ricordare che la parola debito, in Germania, ovvero “Schuld” significa anche peccato. E Lindner su questa necessità di preservare il Paese dall’onta del debito non vuole arretrare. Anche a danno della crescita. Ed evidentemente della stabilità politica.
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