Germania lancia l’SOS. Tonfo dato ordini conferma alert recessione

Laura Naka Antonelli

07/10/2024

Le indiscrezioni sulla mossa che il governo di Olaf Scholz sarà costretto a fare.

Germania lancia l’SOS. Tonfo dato ordini conferma alert recessione

Un nuovo dato macro da far accapponare la pelle è arrivato oggi dalla Germania: quello degli ordini alle fabbriche, affondati ad agosto del 5,8% su base mensile, decisamente peggio della flessione limitata al -2% attesa dal consensus degli economisti, peggio anche del ribasso precedente, pari al -2,9%.

Su base annua, gli ordinativi sono scesi del 3,9% rispetto all’agosto del 2023.

Annunciato dall’agenzia nazionale statistica Destatis, l’indicatore ha confermato la crisi sempre più profonda che il Paese sta vivendo, in particolare nel settore manifatturiero, come dimostra il “terremoto Volkswagen, così come lo ha definito il quotidiano tedesco Wolfsburger Nachrichten.

Il commento degli analisti: si affievoliscono speranze di ripresa in Germania

Il dato di oggi ribadisce che la domanda per i beni industriali tedeschi continua a indebolirsi”, ha commentato l’economista senior di Commerzbank, Ralph Solveen, indicando che il crollo dell’indicatore “lascia pensare che, nel migliore dei casi, l’economia della Germania attraverserà una fase di stagnazione nel secondo semestre dell’anno”.

Tra gli esperti che hanno lanciato ulteriori avvertimenti sul futuro dell’economia teutonica anche Holger Zschaepitz, che su X ha fatto notare come il tonfo del 5,8% degli ordini sia stato il peggiore dal mese di gennaio.

Vero è che il brusco dietrofront, ha spiegato l’agenzia Destatis, è stato dovuto in parte ai “ grandi ordini ” che erano arrivati in precedenza, nel mese di luglio, per veicoli come aerei, navi, treni e mezzi militari di trasporto.

Ma, certo, con questo dato si affievoliscono ulteriormente le speranze che l’economia teutonica sia vicina a imboccare la strada della ripresa: tra l’altro, proprio il mese scorso diverse istituzioni di Berlino hanno rivisto al ribasso le loro proiezioni sul Pil tedesco, prevedendo una contrazione dell’economia pari a -0,1% nel corso del 2024.

Berlino si prepara a taglio stime Pil

Nella giornata di ieri, il quotidiano Süddeutsche Zeitung ha riportato alcune indiscrezioni, secondo cui il ministero dell’Economia tedesco si appresterebbe a questo punto a tagliare le stime sul prodotto interno lordo della Germania nell’anno 2024, dalla crescita dello 0,3% precedentemente attesa, a una contrazione pari a -0,2%.

Invece di riprendersi, l’economia continua a essere caratterizzata da una riluttanza generale da parte dei consumatori a spendere”, ha sentenziato il Süddeutsche Zeitung.

A spiegare la crisi della Germania anche gli economisti Eiko Sievert e Elena Klare della divisione debiti sovrani e settori pubblici di Scope Ratings, che hanno parlato di “gravi sfide demografiche e pressioni strutturali più acute rispetto ad altre economie avanzate”, ammonendo che le “riforme del mercato del lavoro e delle pensioni sono essenziali, ma la frammentazione politica rischia di erodere la competitività del Paese”.

Sievert e Klare hanno ricordato inoltre che “la Germania è già tra le grandi economie con la posizione peggiore in termini di numero di ore lavorate per lavoratore e di contrazione annuale della forza lavoro”: una situazione che rende necessaria “un’immigrazione netta media annua di 480.000 persone in età lavorativa, ben al di sopra dei tassi recenti”, a fronte di una “immigrazione netta totale media annua”, che “dal 2000 - esclusi gli anni di crisi del 2015 e del 2022 - è stata di 253.000 persone”.

La cura per risollevere i fondamentali di quello che dovrebbe essere il motore dell’Europa, chiaramente inceppato?

Scope Ratings ammette che “gli sforzi del governo” di Olaf Scholz, tesi a “ridurre l’onere pensionistico futuro, compresa l’introduzione di un fondo pensionistico azionario da 200 miliardi di euro entro il 2036, sono benvenuti.

““Tuttavia - è l’avvertimento - è essenziale un’ulteriore riforma, poiché questi sforzi probabilmente ridurranno l’aumento previsto dei contributi pensionistici - a circa il 22,3% dei salari lordi entro il 2045 dal 18,6% attuale - di soli 0,4 punti percentuali dei salari lordi”.

Per ora l’impressione è che il paese brancoli nel buio, allo sbando anche a causa di una crisi che sta colpendo il governo di Olaf Scholz, uscito piuttosto ammaccato dalle ultime elezioni regionali tedesche:

pur riuscendo ad assicurarsi la roccaforte di Brandeburgo, l’SPD, partito del cancelliere, ha subito cocetti sconfitte nelle regioni della Turingia e della Sassonia, a causa del boom di consensi ottenuti dall’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD). E il caso della crisi politica francese dimostra come, nel momento in cui a mancare sia il faro della stabilità politica, gli investitori finiscano per prendere le distanze da un Paese e dai suoi bond, contribuendo ulteriormente al peggioramento dell’economia.

È già da un po’ che, nel far riferimento alla crisi che ha investito il settore manifatturiero, di Germania si parla come di “ Sick man of Europe ”, ossia del grande malato di Europa, alle prese con diversi fronti aperti, tra cui, il dossier UniCredit-Commerzbank, diventato tra l’altro motivo di grande imbarazzo, in primis, proprio per il governo di Olaf Scholz.

Si spera a questo punto in un salvagente firmato dalla BCE di Christine Lagarde, che si riunirà il prossimo 17 ottobre per annunciare il tanto atteso taglio dei tassi.

A volerlo, oltre agli italiani, saranno forse a questo punto soprattutto i tedeschi. Sempre che la paura “atavica” dell’inflazione non abbia, di nuovo, la meglio.

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