La creazione di una cittadinanza digitale richiede un grande sforzo di educazione civica collettiva. Il ruolo dei Digital Champions europei e quello dei tutor digitali, come Marco Camisani Calzolari.
La digitalizzazione della società che ha avuto inizio con la pandemia e continua tuttora, sta rendendo necessaria l’affermazione di una cittadinanza digitale.
Il termine cittadinanza digitale identifica un insieme di diritti e doveri che riguardano i rapporti condotti tramite le tecnologie digitali tra cittadini, imprese e Stato. Ma la cittadinanza digitale è anche il grado di consapevolezza delle proprie azioni online, che è tanto più alto quanto viene diffusa l’educazione digitale.
L’utilizzo costante di smartphone, tablet, computer e delle connessioni hanno influenzato profondamente tutti gli ambiti della società, cambiando il modo di operare delle persone, dell’economia e dello Stato.
Non passa giorno, però, che non si verifichino casi che indichino quanto la popolazione italiana nella sua interezza (dai bambini alla quarta età) debba andare oltre la semplice alfabetizzazione informatica.
Dai ripetuti attacchi di cybersecurity alla diffusione di fake news, dalle truffe online alle ultime scorciatoie dell’intelligenza artificiale, dall’odio in rete alla privacy violata, tutto indica come il termometro della cittadinanza digitale sia anche quello che regola lo sviluppo della società nella sua interezza.
Non si può essere cittadini di qualcosa che non si conosce, mentre l’innovazione digitale attualmente in corso richiede la partecipazione totale dei membri della società.
Ecco perché la cittadinanza digitale è un punto centrale della vita contemporanea, come ha sottolineato il professore di diritto costituzionale Oreste Pollicino in una recente intervista a Money.it sulle sirene dell’intelligenza artificiale generativa e il loro rapporto con i diritti).
Le attività di educazione per creare la cittadinanza digitale sono tutte le azioni che servono a sviluppare le competenze per l’utilizzo della tecnologia, per la comprensione dei contenuti sul web e la diffusione di un comportamento civile all’interno di Internet e sui social media.
Educare alla cittadinanza digitale significa quindi emancipare i cittadini e permettere loro di utilizzare in modo consapevole la tecnologia, di riuscire a capire le falsità, proteggersi dalle truffe, rispettare la privacy, conoscere le regole e le norme delle comunicazioni in Rete.
Ciò che si è affermato gli ultimi anni è che a essere responsabili della costruzione di una cittadinanza digitale non sono solamente le istituzioni deputate all’educazione (scuole, enti, aziende), ma anche i corpi intermedi (le associazioni, le famiglie) per arrivare direttamente ai singoli.
Cos’è la cittadinanza digitale
Dal punto di vista giuridico la cittadinanza digitale e i suoi diritti sono stati codificati e spiegati dall’Ufficio del Difensore civico per il digitale dell’Agid (Agenzia per l’Italia digitale), in un documento pubblicato un anno fa, basato sul Decreto legislativo 82/2005, meglio conosciuto come Codice per l’amministrazione digitale.
Accesso alle tecnologie, identità digitale, diritto di prendere visione e di estrarre copia di dati, documenti e servizi digitali della Pubblica amministrazione sono i temi di grande rilevanza per la nostra società che sono scritti nel Codice. Descritto così potrebbe sembrare un noioso documento da legulei, invece risponde alla domanda chiave: cosa vuol dire essere cittadini digitali?
Perché la cittadinanza digitale si fonda proprio sull’insieme dei diritti che, con il supporto di strumenti come l’identità digitale o i pagamenti digitali, semplificano il rapporto fra cittadini e Stato garantendo a tutti il diritto e la possibilità di attuarlo.
Conoscere gli strumenti e le tecnologie per rapportarsi, con lo Stato è fondamentale per esercitare i diritti di cittadinanza.
I diritti di cittadinanza digitale diventano concreti quando chiunque può: accedere ai servizi online in maniera semplice, sicura e veloce, avere informazioni affidabili ed esprimere chiaramente la propria esigenza, usare di modalità di pagamento digitali trasparenti e sicure.
Quali sono i diritti di cittadinanza digitale
I diritti di cittadinanza digitale partono dal diritto all’uso delle tecnologie: chiunque ha il diritto di usare in modo accessibile ed efficace le tecnologie nei rapporti e nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni, con i gestori di pubblici servizi e le società a controllo pubblico, accedendo a documenti o servizi tramite l’identità digitale, effettuando i pagamenti online verso le amministrazioni.
Il diritto all’accessibilità è il diritto di tutte le persone di accedere alle fonti di informazione e ai relativi servizi in rete e di pubblica utilità nel settore privato e pubblico tramite le tecnologie assistive o configurazioni particolari.
C’è poi il diritto all’identità digitale: chiunque ha il diritto di accedere ai servizi online di pubbliche amministrazioni, da gestori di servizi pubblici e da società a controllo pubblico tramite la propria identità digitale (SPID, CIE, CNS), in maniera semplice e sicura, in qualsiasi momento e da qualsiasi dispositivo.
In base al diritto a effettuare pagamenti con modalità informatiche chiunque deve poter effettuare tutti i pagamenti verso il mondo della Pubblica Amministrazione, con sistemi di pagamento elettronico.
E poi c’è il diritto a comunicare con i soggetti del settore pubblico utilizzando esclusivamente modalità e strumenti informatici.
Per tutelare questi diritti si può fare ricorso al Giudice, oppure ci si può rivolgere rivolgersi anche al Difensore civico per il digitale, che valuta le segnalazioni relative a presunte violazioni dei diritti di cittadinanza digitale, le trasmette all’AgID e valuta il reclamo nel caso di mancata accessibilità a un sito internet o a un’applicazione mobile.
Cittadinanza digitale: i doveri
Questi diritti codificati sono importanti e riguardano il rapporto fra cittadino e Stato. Ma la partita della cittadinanza digitale si gioca anche su altri campi, quelli del quotidiano, al pari di ciò che si è sempre chiamato educazione civica. Quindi si deve parlare di educazione civica digitale e quindi anche di doveri, come la responsabilità di osservare le regole sui dati personali e sui diritti di autore, ma anche di non ostacolare la partecipazione democratica, di difendere il pluralismo delle idee.
La società digitale è fatta di rapporti a più strati: fra cittadino e Stato, fra cittadino e imprese, fra cittadino e cittadino.
La cittadinanza digitale si manifesta anche e soprattutto al di fuori dello spazio che viene normato da un codice e ha la caratteristica che si costruisce e si esercita giorno per giorno.
Non esiste un manuale o una regola scritta da seguire per rappresentare i doveri di cittadinanza digitale: esistono esempi e buone pratiche da applicare, così come cattivi comportamenti da evitare.
Nella cittadinanza digitale siamo tutti responsabili dei nostri comportamenti online, che devono essere rispettosi delle regole e delle norme. Ma lo siamo un po’ anche di coloro che ci sono vicini o con cui abbiamo relazioni.
Cittadinanza digitale: Digital Champions e tutor
L’Europa stessa, che ha ormai fondato le sue politiche di sviluppo economico e sociale sulla disponibilità di connessione (esempio: l’abolizione del roaming) e sull’utilizzo di Internet in ogni ambito (con i Digital Act) e sull’integrazione del digitale nella macchina amministrativa, per diffondere il senso di cittadinanza digitale nel 2012 aveva creato i Digital Champions.
Nominati da ciascuno Stato membro UE (i Digital Champions italiani dal 2012 al 2022 sono stati Roberto Sambuco, Agostino Ragosa, Francesco Caio, Riccardo Luna e Diego Piacentini), i Digital Champions hanno agito con le comunità, le imprese, i governi e il mondo accademico, per aiutare le persone a diventare digitali.
Lo hanno fatto promuovendo le competenze digitali in materia di istruzione, i servizi digitali di Stato, incoraggiando l’imprenditorialità, spingendo le aziende verso le nuove tecnologie, contribuendo alla ricerca e all’innovazione e sono stati consulenti della Commissione Europea per l’Agenda Digitale europea.
Ora l’esperienza dei Digital Champions è terminata e il testimone della staffetta digitale è stato virtualmente passato a un soggetto non espressamente individuato. I professionisti del digitale possono e devono farsene carico di raccoglierlo. E qualcuno che lo ha fatto c’è.
Il caso di studio di UCL su Marco Camisani Calzolari
Al riguardo c’è un interessante studio sull’educazione digitale della University College London, ottava università mondiale e seconda in Inghilterra secondo il QS World Univesity Rankings (2022).
La UCL ha voluto focalizzarsi su un caso particolare di divulgazione ed educazione digitale tesa alla costruzione di un senso di cittadinanza, quello di Marco Camisani Calzolari, professionista familiare anche ai lettori di Money.it e noto ai più per la sua attività di divulgazione digitale in trasmissioni televisive come Striscia la Notizia.
Lo studio, intitolato “A digital renaissance man”, a firma di Paolo Taticchi, che insegna Strategia, Consulenza e Sostenibilità alla UCL School of Management, con Melina Corvaglia-Charrey, si inserisce nell’alveo di un filone divulgativo di UCL sull’economia e il digitale (altri casi sono quelli del brand fashion napoletano Marinella, del primo bond SGD-linked al mondo, quello di Enel, del giornalista imprenditore Piero Armenti).
Lo studio di UCL nel titolo fa riferimento all’idea di Uomo universale (in inglese, renaissance man) concepita durante il Rinascimento italiano da Leon Battista Alberti per significare che gli esseri umani sono illimitati nella loro capacità di miglioramento e che le persone dovrebbero abbracciare tutte le conoscenze e sviluppare le loro capacità nel modo più completo possibile.
Lo studio asserisce che ciò che motivato Marco Camisani Calzolari (che, ricordiamolo, di professione è un imprenditore del digitale e consulente di grandi aziende) è il desiderio di fornire un servizio pubblico, democratizzare il mondo digitale e la tecnologia per renderlo più accessibile a tutti.
Un’attività di divulgazione tecnologica non dell’ultimo momento, ma che va fatta risalire agli anni 90, ai tempi del sodalizio con Claudio Cecchetto, con cui abbozzò forse la prima piattaforma social media al mondo, Internetwork City, che aveva addirittura anche una valuta virtuale, progetto che non partì, forse in troppo anticipo sui tempi.
Così come anticipativa (di Change.org) fu la piattaforma digitale LivePetitions.com creata nel 2004 per fornire alle persone una destinazione online per protestare.
Dal 2017 a Striscia la Notizia come educatore digitale. Marco Camisani Calzolari si è concentrato sulla diffusione e spiegazione dei concetti per il pubblico, perché semplificare argomenti complessi è la chiave per la comunicazione mainstream.
"Sono un esperto di tecnologia - dice Marco Camisani Calzolari nello studio - e sono riconosciuto per la mia capacità di spiegare argomenti digitali e tecnologici in un modo accessibile a tutti. Milioni di italiani oggi sono più alfabetizzati digitalmente e questa è per me la metrica del successo. Per spiegare le cose al pubblico bisogna semplificare le cose e so che questo infastidisce molti esperti di tecnologia profonda e digitale”.
Lo studio di UCL riconosce che nel suo ruolo di divulgatore Marco Camisani Calzolari è andato oltre l’essere un un presentatore televisivo, ma è diventato un funzionario pubblico: ha aiutato i cittadini a capire come funziona il digitale e quali servizi possono soddisfare le esigenze quotidiane.
Come a dire, che è anche così che si costruisce una cittadinanza digitale.
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