Cos’è la cittadinanza digitale, perché è centrale oggi e come funziona: diritti, doveri, consapevolezza online e strumenti per partecipare alla vita pubblica.
Nel 2025, essere dei cittadini digitali non significa soltanto saper utilizzare uno smartphone o essere pratici con un computer. In maniera più completa, significa saper conoscere i propri diritti online, sapersi muovere con consapevolezza sulla rete e partecipare attivamente alla vita pubblica attraverso gli strumenti digitali.
Nell’epoca odierna, in cui il panorama tecnologico sta avanzando rapidamente, la cittadinanza digitale è parte integrata della “cittadinanza tradizionale” e riguarda tutti; dai più giovani ai più anziani, in ogni ambito della società. Scopriamo cos’è, come si crea e perché è importante.
Cos’è davvero la cittadinanza digitale: il significato del termine
Per cittadinanza digitale si intende l’insieme di diritti, doveri, competenze e consapevolezze che ogni persone deve - o quantomeno dovrebbe - possedere per vivere e partecipare a pieno nella società digitale.
Come accennato poco fa, ormai, non si tratta solamente di effettuare una ricerca in Google o di aprire internet per mandare una e-mail, ma di saper utilizzare in maniera utile e responsabile le tecnologie digitali per ogni aspetto che riguarda le relazioni con la Pubblica Amministrazione (PA).
Dai rapporti con lo Stato e con le istituzioni, fino alla comunicazione con le aziende, enti pubblici e privati e con gli altri cittadini. Essere un cittadino digitale significa sape usare tutti quegli strumenti digitali che si hanno a disposizione per essere una parte attiva della struttura sociale e un membro della comunità a tutti gli effetti.
Il concetto ha preso forma circa 20 anni fa, con il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), introdotto in Italia in occasione del Decreto legislativo 82/2005 e successivamente aggiornato. Questo documento è molto importante, poiché andava a stabilire i principi fondamentali della trasformazione digitale nella PA, specificando i diritti del cittadino di accedere ai servizi digitali in modo semplice, sicuro e trasparente.
Ad oggi, vent’anni dopo, si può notare come non solo i cittadini italiani dispongano di una lunga serie di servizi digitali utili a quegli scopi, ma come questi si siano moltiplicati e implementati nella vita di tutti noi in maniera pratica e genuina.
Quindi, la possibilità di usare il sistema SPID, la CIE, l’innovativo portafoglio digitale IT Wallet, i pagamenti elettronici e i portali della PA, l’app IO e strumenti simili ci consente a pieno di essere definiti cittadini digitali. Ma tale definizione non si limita solo a ciò. Un vero cittadino digitale, infatti, deve sapere anche conoscere e difendere i proprio diritti digitali (come quelli riguardo la privacy), seguire delle regole e adempiere a dei doveri.
Alla luce di ciò, ecco che il tema della cittadinanza digitale è molto più vasto, ricco e complesso di quanto si potrebbe pensare.
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Perché oggi se ne parla così tanto?
Negli ultimi anni, e in particolare dopo la pandemia di COVID-19, abbiamo assistito ad un’accelerazione senza precedenti nel campo della digitalizzazione, con una serie di strumenti e servizi che sono diventati parte integrante nella vita di milioni di persone.
Basti pensare a come smart working, didattica a distanza (DaD), i già citati SPID e app IO, fascicolo sanitario elettronico e portali INPS sono ormai quotidianità per la maggior parte di noi. Questo a dimostrazione di come la fase di digitalizzazione stia procedendo a gonfie vele in Italia, seguendo le orme di altri Paesi pionieri all’interno dell’Unione Europea.
Nel 2025, infatti, la trasformazione digitale è una colonna portante del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con una serie di fondi e progetti dedicati all’implementazione e al costante miglioramento delle tecnologie digitali al servizio dei cittadini.
Nonostante ciò, molte persone non sono ancora in grado di utilizzare questi strumenti in modo ottimale e consapevole. Inoltre, la crescente diffusione delle fake news, delle truffe digitali, o altri pericoli legati al digitale (come il deepfake e il cyberbullismo) hanno reso sempre più evidente l’importanza di una cittadinanza digitale consapevole e istruita.
Proprio a causa di queste insidie digitali sempre dietro l’angolo, è necessario andare oltre la semplice alfabetizzazione informatica e istruire davvero il cittadino su cosa significa essere padroni degli strumenti digitali.
A cosa serve la cittadinanza digitale? Diritti, accesso e partecipazione
La cittadinanza digitale, per prima cosa, serve a garantire l’inclusione digitale della popolazione e a far sì che i diritti civili validi nella società attuale vengano rispettati.
Infatti, non si potrebbe parlare di pari opportunità se una fetta di popolazione non riuscisse a interagire con lo Stato o a svolgere pratiche necessarie alla vita quotidiana a causa di alcune mancanze sulle competenze digitali. Se alcune persone non sono in grado di utilizzare alcuni strumenti digitali necessari alla vita quotidiana - o addirittura non ne hanno accesso - il problema è evidente. Quando si parla di diritti digitali, quindi, si fa riferimento proprio a questo.
Tra i principali diritti garantiti dal Codice dell’Amministrazione Digitale troviamo.
- Il diritto all’accesso: questo sostiene che ogni cittadino, ha il diritto di accedere ai servizi digitali della pubblica amministrazione.
- Il diritto all’identità digitale: afferma che ogni persona può identificarsi online in modo sicuro ed efficace. Alcuni esempi sono lo SPID o la carta d’identità elettronica (CIE).
- Il diritto all’accessibilità: sostiene che i servizi digitali devono essere facilmente accessibili per tutti i cittadini, comprese le persone con disabilità.
- Il diritto alla trasparenza: è possibile consultare documenti, atti e informazioni pubbliche in formato digitale.
- Il diritto ai pagamenti elettronici: afferma che ogni cittadino deve poter effettuare pagamenti verso la Pubblica Amministrazione in formato digitale.
Ma non finisce qui. La cittadinanza digitale, infatti, non riguarda solo i diritti del singolo individuo, ma anche alcuni legati alla collettività. Questa consente quindi di partecipare alla vita democratica firmando petizioni online, accedere ad informazioni pubbliche, esprimere opinioni sulle apposite piattaforme e, lì dove previste, partecipare a votazioni elettroniche o raccolte fondi.
I doveri del cittadino digitale
Come per la cittadinanza “tradizionale”, anche quella digitale prevede dei doveri. Questi riguardano principalmente l’adozione di comportamenti responsabili e civili, come il rispetto delle regole della rete e della privacy altrui.
Quindi, essere dei cittadini digitali significa:
- non diffondere fake news, avendo cura di verificare le fonti in maniera adeguata prima di condividere contenuti sul web;
- rispettare la privacy altrui, evitando di pubblicare dati personali senza consenso;
- usare un linguaggio civile e rispettoso in ogni angolo del web e interazione sui social media;
- difendere la libertà di espressione senza cadere nella discriminazione o nell’odio digitale;
- proteggere le proprie credenziali, tentando quando possibile di difendersi da frodi online, segnalandole alle autorità competenti.
Come si crea una vera cittadinanza digitale
La cittadinanza digitale si costruisce attraverso un insieme di processi culturali e formativi che coinvolgono l’intera società.
Il tutto parte dalle istituzioni educative che, dalla scuola primaria all’università, hanno un ruolo chiave nel fornire le competenze digitali di base e quelle più avanzate. Ma, oltre a loro, anche le famiglie, le aziende, i media e il terzo settore devono contribuire poi alla diffusione di buone pratiche digitali, in modo tale da garantire al cittadino la possibilità di accedere ad una formazione digitale costante, ben radicata in ogni ambito e settore.
Tra gli strumenti fondamentali per creare cittadinanza digitale, come già in parte anticipato, ci sono:
- l’identità digitale (SPID, CIE, CNS);
- l’app IO e i servizi pubblici digitali;
- i percorsi di educazione digitale nelle scuole;
- i corsi per adulti e anziani promossi da enti pubblici e privati;
- le campagne di sensibilizzazione contro fake news e truffe;
Nel 2025, l’obiettivo è quello di costruire una società digitale inclusiva, dove nessuno resti indietro. Per farlo, però, serve un impegno collettivo: ogni cittadino, ogni istituzione e ogni realtà sociale deve contribuire a promuovere una cultura digitale fondata su diritti, doveri, partecipazione e responsabilità.
Il caso di studio di UCL su Marco Camisani Calzolari
Al riguardo c’è un interessante studio sull’educazione digitale della University College London, ottava università mondiale e seconda in Inghilterra secondo il QS World Univesity Rankings (2022).
La UCL ha voluto focalizzarsi su un caso particolare di divulgazione ed educazione digitale tesa alla costruzione di un senso di cittadinanza, quello di Marco Camisani Calzolari, professionista familiare anche ai lettori di Money.it e noto ai più per la sua attività di divulgazione digitale in trasmissioni televisive come Striscia la Notizia.
Lo studio, intitolato “A digital renaissance man”, a firma di Paolo Taticchi, che insegna Strategia, Consulenza e Sostenibilità alla UCL School of Management, con Melina Corvaglia-Charrey, si inserisce nell’alveo di un filone divulgativo di UCL sull’economia e il digitale (altri casi sono quelli del brand fashion napoletano Marinella, del primo bond SGD-linked al mondo, quello di Enel, del giornalista imprenditore Piero Armenti).
Lo studio di UCL nel titolo fa riferimento all’idea di Uomo universale (in inglese, renaissance man) concepita durante il Rinascimento italiano da Leon Battista Alberti per significare che gli esseri umani sono illimitati nella loro capacità di miglioramento e che le persone dovrebbero abbracciare tutte le conoscenze e sviluppare le loro capacità nel modo più completo possibile.
Lo studio asserisce che ciò che motivato Marco Camisani Calzolari (che, ricordiamolo, di professione è un imprenditore del digitale e consulente di grandi aziende) è il desiderio di fornire un servizio pubblico, democratizzare il mondo digitale e la tecnologia per renderlo più accessibile a tutti.
Un’attività di divulgazione tecnologica non dell’ultimo momento, ma che va fatta risalire agli anni 90, ai tempi del sodalizio con Claudio Cecchetto, con cui abbozzò forse la prima piattaforma social media al mondo, Internetwork City, che aveva addirittura anche una valuta virtuale, progetto che non partì, forse in troppo anticipo sui tempi.
Così come anticipativa (di Change.org) fu la piattaforma digitale LivePetitions.com creata nel 2004 per fornire alle persone una destinazione online per protestare.
Dal 2017 a Striscia la Notizia come educatore digitale, Marco Camisani Calzolari si è concentrato sulla diffusione e spiegazione dei concetti per il pubblico, perché semplificare argomenti complessi è la chiave per la comunicazione mainstream.
"Sono un esperto di tecnologia - dice Marco Camisani Calzolari nello studio - e sono riconosciuto per la mia capacità di spiegare argomenti digitali e tecnologici in un modo accessibile a tutti. Milioni di italiani oggi sono più alfabetizzati digitalmente e questa è per me la metrica del successo. Per spiegare le cose al pubblico bisogna semplificare le cose e so che questo infastidisce molti esperti di tecnologia profonda e digitale”.
Lo studio di UCL riconosce che nel suo ruolo di divulgatore Marco Camisani Calzolari è andato oltre l’essere un un presentatore televisivo, ma è diventato un funzionario pubblico: ha aiutato i cittadini a capire come funziona il digitale e quali servizi possono soddisfare le esigenze quotidiane. Come a dire, che è anche così che si costruisce una cittadinanza digitale.
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