La manovra per il 2024 contiene tagli importanti sul capitolo della spesa previdenziale. Ecco tutte le modifiche.
Col passare delle settimane, sono finalmente emersi i dettagli della legge di bilancio per il 2024 e come accadde lo scorso anno uno dei capitoli principali su cui ‘fare cassa’ sembrerebbe esser quello che riguarda pensionandi e pensionati.
Infatti, già con la scorsa legge di bilancio uno dei punti più controversi e più discussi fu proprio il taglio del quoziente di rivalutazione delle pensioni sopra 4 volte la minima (circa 2100 euro lordi). Per chi non avesse familiarità col meccanismo ricordiamo che ogni pensionato ha diritto ad un aumento della pensione annuale corrispondente all’inflazione dell’anno precedente.
L’inflazione, misurata tramite l’indice FOI, già dalla fine degli anni ’90 viene però traslata solo parzialmente per i redditi più abbienti per non gravare eccessivamente sulla spesa statale. I quozienti di rivalutazione rimanevano tuttavia molto alti: 98%, 96%, e così via. Fino al governo Monti che addirittura azzerò la rivalutazione per le fasce di reddito sopra 4 volte la minima. Per una volta intervenne la Corte costituzionale e così i governi che si succedettero furono costretti ad aumentare progressivamente le aliquote di rivalutazione.
Fino appunto al governo Meloni lo scorso anno, che per risparmiare circa 10 miliardi nel decennio successivo – scelta molto sofferta secondo le parole di Giorgetti - abbassò l’adeguamento dal 90% all’80% per i redditi superiori a 4 volte la minima.
Ma torniamo ad oggi perché nuovamente è stata rivisto il quoziente di rivalutazione, questa volta per le pensioni superiori a 5.200 euro. Qualcuno potrebbe eccepire che tutto sommato questa volta si stia togliendo a chi ’ha di più’, eppure val la pena di ricordare che si sta parlando di cifre lorde e che, se l’inflazione si dimostrerà sostenuta anche nei prossimi anni attorno al 3-4%, un adeguamento di appena il 22% significa per un pensionato perdere quasi la metà del suo potere d’acquisto nel giro di un ventennio.
Ma la legge di bilancio (purtroppo) non tocca solo questo aspetto. Molti hanno scritto della proroga, se così si può dire, del regime di quota 103 per i futuri pensionati. Regime che anche in questo caso, per esigenze d’economia, è stato modificato pesantemente. In primis è stato abbassato il tetto massimo della pensione che si può ottenere con questo regime sino al compimento dell’età anagrafica di pensione, portandolo da 5 a 4 volte la minima. In secondo luogo, la pensione verrà ricalcolata interamente col sistema contributivo: si parla di penalizzazioni dal 6% al 10% dell’importo complessivo.
In aggiunta, un aspetto meno noto ma non per questo meno grave è il profondo cambiamento dell’APE sociale e di ’opzione donna’. Partendo da quest’ultima, sono stati introdotti tutta una serie di paletti che limiteranno fortemente l’utilizzo della misura. Se prima ’opzione donna’ valeva per tutte le donne in possesso di determinati requisiti di anzianità ed anni di lavoro ora viene prevista solo per coloro che stanno assistendo il coniuge od un parente con handicap grave ai sensi della legge 104, oppure che abbiano esse stesse una disabilità di almeno il 74% o ancora siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali sia stato attivato un tavolo di confronto. Ma pure in questi casi il requisito di anzianità aumenta da 60 a 61 anni. Insomma, de facto ‘opzione donna’ scomparirà. Sorte similare per la cosiddetta APE il cui requisito di età sale dai 63 anni ai 63 anni e 5 mesi.
Insomma, nella legge di bilancio si trovano tutta una serie di modifiche che penalizzeranno pensionati e pensionandi. Tutto ciò da parte di chi aveva promesso di abolire la legge Fornero, che a questo punto qualcuno rimpiangerà pure.
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