Il governo guidato da Giorgia Meloni partirà ma potrebbe avere vita breve: i numeri per una maggioranza alternativa ci sono, ma difficilmente Mario Draghi tornerà a Palazzo Chigi.
Quanto durerà il governo Meloni? Anche se ufficialmente la leader di Fratelli d’Italia deve ancora ricevere un incarico da parte del presidente Sergio Mattarella, ormai da tempo la deputata si muove come la presidente del Consiglio in pectore.
Ora che formalmente sembrerebbero essere state appianate le divergenze con Silvio Berlusconi, con il centrodestra che obtorto collo si presenterà unito al Colle, Giorgia Meloni sembrerebbe avere la strada spianata per diventare la prima donna a insediarsi a Palazzo Chigi.
Sulla lista dei ministri però ci sono ancora parecchi nodi da sciogliere ma, come il centrodestra in questi anni ha sempre fatto, alla fine un accordo sarà trovato anche questa volta e la prossima settimana il governo dovrebbe entrare in carica.
Per Giorgia Meloni sarà l’occasione della vita ma non sarà per nulla facile. La difficile situazione del Paese tra inflazione, crisi energetica e tempistiche del Pnrr da dover rispettare, porterà fin da subito a dover affrontare delle sfide assai impegnative; l’avere a fianco poi degli alleati così tumultuosi di certo non renderà più semplice il compito.
Ecco perché c’è già chi è pronto a scommettere che il governo Meloni durerà non più di qualche mese, con i sostenitori delle larghe intese che in Parlamento starebbero già saldando i motori armati di pallottoliere.
La durata del governo Meloni
Nonostante i litigi e i malumori, alla fine salvo sorprese il governo di centrodestra tra qualche giorno vedrà la luce con Giorgia Meloni al suo comando. Del resto senza un accordo l’ipotesi più probabile sarebbe quelle delle nuove elezioni: uno scenario questo che nessuno degli eletti vorrebbe prendere in considerazione.
Il governo Meloni partirà ma questo non vuol dire che durerà per tutta la legislatura; anzi, la futura presidente del Consiglio potrebbe non essere più forte di tutte le insidie che si celano dietro a un inverno dove il gas potrebbe non bastare.
Alla prima difficoltà Silvio Berlusconi o Matteo Salvini, oppure tutti e due, potrebbero decidere di aprire una crisi di governo visto che, alla Camera e al Senato, sia la Lega sia Forza Italia sono numericamente indispensabili per la tenuta della maggioranza.
Per staccare la spina al governo Meloni però servirà una forte motivazione, vedi Pnrr o crollo dei Mercati: di certo non può bastare la mancata assegnazione di un poltrona per tradire così clamorosamente quello che è stato il voto degli italiani.
Per Salvini e Berlusconi però non sarebbe un salto del buio; numeri alla mano, la possibilità di dare vita a una maggioranza alternativa a quella di centrodestra ci sarebbe: dopo quello che abbiamo visto nella scorsa legislatura, di certo non ci andremmo a meravigliare per un nuovo “inciucio”.
I numeri delle larghe intese
Nel caso di una fine anzitempo del governo che sarà guidato da Giorgia Meloni, difficilmente si potrebbe venire a creare una “ammucchiata” come quella che ha sostenuto l’esecutivo targato Mario Draghi.
Soltanto un appello di Sergio Mattarella di fronte a una situazione di grave emergenza per il Paese potrebbe portare a una nuova maggioranza extra large. Se in questa legislatura ci saranno larghe intese, lo scenario più probabile però resta quello che vede Fratelli d’Italia, il Movimento 5 Stelle e la sinistra all’opposizione.
Mettendo insieme però Partito Democratico, Lega, Forza Italia, terzo polo, moderati e Autonomie, questa maggioranza alternativa sulla carta potrebbe contare su 107 senatori, ai quali si potrebbero aggiungere alcuni dei 7 onorevoli che a Palazzo Madama fanno parte del Gruppo Misto.
Alla Camera invece il numero dei deputati sarebbe di 216. Una maggioranza non ampia ma sufficiente, anche se il condizionale resterebbe d’obbligo visto che non si dovrebbero verificare delle fuoriuscite dai gruppi parlamentari.
Se Carlo Calenda già sta twittando “ridateci Draghi”, appare difficile che il banchiere possa tornare in futuro a Palazzo Chigi specie con una maggioranza non ampia; trovare un presidente del Consiglio tecnico però potrebbe essere più semplice del previsto quando l’alternativa è quella delle elezioni anticipate.
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