Alla vigilia del vertice dei Brics, Cina e Russia inviano segnali di alleanza strategica. E se il petrolio russo ha ormai nuovi clienti, il progetto di paniere valutario comune può innescare il caos
Chi ancora credesse che la Cina non abbia intenzione, né interesse a schierarsi al fianco di Mosca, oggi ha avuto la risposta che attendeva. In occasione dell’apertura del 14mo vertice dei Brics che si terrà domani a Pechino, il presidente cinese Xi Jinping ha inviato una serie di segnali inequivocabili alla Nato. E proprio nel giorno in cui Jens Stoltenberg, ospite a un evento organizzato da Politico, annunciava come al prossimo vertice dell’Alleanza, Mosca verrà classificata come massima minaccia per la sicurezza. Insomma, l’aria era già pesante.
E il presidente cinese ha deciso di rispondere al fuoco col fuoco. Le sanzioni imposte all’amico russo sono un boomerang che alla fine danneggerà il mondo intero e i fatti hanno dimostrato ancora una volta che sono un’arma a doppio taglio. Politicizzare, strumentalizzare e trasformare in arma l’economia mondiale, utilizzando una posizione dominante nel sistema finanziario globale per imporre sanzioni a casaccio, non farà altro che danneggiare gli altri oltre che se stessi, facendo soffrire le persone in tutto il mondo, ha sottolineato Xi Jinping. Salvo poi spazzare via ogni possibile interpretazione sul punto di vista della Cina sulla guerra, la sua genesi e le sue responsabilità sottostanti: La crisi ucraina è un campanello d’allarme per il mondo. La fiducia cieca in una posizione di forza, l’allargamento delle alleanze militari e il perseguimento della propria sicurezza a scapito della sicurezza di altri Paesi portano inevitabilmente a uno stallo.
Ma paradossalmente, le parole del numero uno cinese sono state miele rispetto ai concetti espressi da Vladimir Putin in un messaggio indirizzato al Business Forum dei Paesi emergenti. Dopo aver annunciato la discussione su un aumento della quota della Cina nel mercato dell’auto in Russia e le trattative per l’apertura di una catena di supermercati indiani nel Paese, il numero uno del Cremlino ha sottolineato come le forniture di petrolio verso Pechino e New Delhi crescono in modo significativo e come - dopo le sanzioni - Mosca stia reindirizzando il proprio commercio verso i Paesi del gruppo dei Brics. E questo grafico
parla chiaro, di fatto spazzando via ogni residua speranza di danno a medio-lungo termine per gli introiti energetici di Mosca, gli stessi che l’Europa e gli Usa pensavano di ridurre a lumicino con divieti e affrancamento strutturale, garantendosi l’obiettivo geopolitico di un default russo che operi da motore a un regime change interno. Ma non basta. Il leader russo ha confermato come i Brics stanno lavorando alla creazione di una valuta per gli scambi internazionali basata su un paniere comprendente tutte le valute dei Paesi interessati, alternativa al dollaro e all’euro.
Di fatto, la minaccia numero uno al ruolo benchmark globale e di riserva del dollaro. Il quale rischierebbe in prospettive di rimanere unicamente denominatore degli scambi finanziari ma perderebbe lo status di egemonia geopolitica garantito negli anni dal concetto stesso di petro-dollari. Il paniere misto dei Brics, stante il peso preponderante di Cina e Russia, sarebbe nei fatti commodities-backed, ovvero garantito proprio da quelle materie prime - dal petrolio al gas, dal carbone alle terre rare fino all’oro - che fino ad oggi sono state relegate a variabile macro dei rapporti economici internazionali, ormai totalmente finanziarizzati e - dopo il crollo Lehman - orchestrati sullo spartito di liquidità a pioggia delle Banche centrali.
Il paniere dei Brics, se mai nascerà, avrà invece come garanzia implicita materie prime e beni rifugio tangibili e solvibili, a fronte di valuta Fiat occidentale che trae il proprio valore intrinseco unicamente dagli scambi finanziari. Carta su carta, futures su futures. Contro barili, pipeline e lingotti. Se alle parole seguiranno i fatti, gli Usa non potranno accettarlo. Occorrerà il casus belli che in molti intravedevano sul lungo termine in Taiwan e invece acceleri da subito uno scontro frontale, unica e dolorosa via d’uscita al nuovo ordine in gestazione attraverso un negoziato che diverrà ineluttabile prima del non ritorno nucleare. Attenzione alla situazione di Kaliningrad e alle mosse nel Baltico. Dopo oggi, l’ipotesi di una drammatica appendice europea dello scenario ucraino è molto più probabile. Perché il playground designato per disputare questo war game drammaticamente sempre più reale è il Vecchio Continente.
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