Perché rischiare una guerra atomica, se puoi far deragliare Fed e modelli di VaR?

Mauro Bottarelli

3 Agosto 2022 - 14:35

Quale sarà il conto del blitz a Taiwan che la Cina presenterà agli Usa? Forse, sell-off terminale sui Treasuries, già ai minimi storici di detenzione. E nel pieno della rischiosa pantomima sui tassi

Perché rischiare una guerra atomica, se puoi far deragliare Fed e modelli di VaR?

Apparentemente, tanto rumore per nulla. Nancy Pelosi è atterrata a Taiwan, ha incontrato le autorità locali ai massimi livelli, tenuto il suo discorso in difesa della democrazia e poi è ripartita in direzione di Seul. La risposta cinese? La convocazione dell’ambasciatore Usa per preannunciargli un prezzo da pagare per il superamento della storica red line del concetto di One China e la chiusura dello spazio aereo sopra l’Isola ribelle, tanto per generare un po’ di effetto war games. In concreto, nulla.

Anzi, ufficialmente gli Usa hanno messo a segno una netta vittoria diplomatica. Ma davvero tutto passerà senza conseguenze? Difficile. Perché Pechino non è avversario che ceda alla rabbia o agisca in base a quanto dettato dallo stomaco. La patria di Sun Tzu non opera come un teppista da stadio ma studia, valuta e soppesa le sue mosse. Facendo riferimento a un unico scopo: colpire dove fa più male e quando fa più male. In tal senso, perché rischiare un guerra atomica, quando si può rispondere con il warfare finanziario? Dopo la weaponization delle commoditries, è giunta l’ora di quella del debito?

Questo primo grafico

Andamento del tasso di cambio del dollaro di Taiwan Andamento del tasso di cambio del dollaro di Taiwan Fonte: Bloomberg

mostra come il mercato delle opzioni sul cambio del dollaro di Taiwan abbia sentenziato in maniera abbastanza netta la sua impressione di lungo termine sulla visita di Nancy Pelosi: se si cercava un modo per accelerare l’invasione cinese dell’Isola, occorre ammettere che quello messo in pista è forse il più efficace. Ma è in primis questa altra immagine

Comparazione del trend fra cross yen-dollaro e futures dei Treasuries Usa Comparazione del trend fra cross yen-dollaro e futures dei Treasuries Usa Fonte: Bloomberg

a far capire quali siano le dinamiche sottostanti che il mercato sta prezzando per questa crisi. A partire dal fatto che la conferma della visita della Speaker della Camera a Taipei, dopo giorni di speculazioni, ha innescato una sell-off su Treasuries Usa e yen giapponese. Non due assets a caso. E la dinamica che emerge da quel trend è chiara: a chi investe non interessano le belle parole di Nancy Pelosi sulla democrazia, bensì appunto due punti cardine. Primo, l’ormai plateale accelerazione del decoupling fra le due principali economie del mondo, finora unite da un patto tacito di mutua assistenza.

Insomma, gli Usa operavano da supermarket a cielo aperto per la super-produzione cinese, garantendo a Pechino di esportare deflazione e in cambio la Cina generava merci a basso costo per quei consumi di massa che garantiscono il 70% del Pil statunitense e un continuo flusso monetario di impulso creditizio globale attraverso la Pboc. Ora quel mondo non c’è più, però. Le dinamiche sono cambiate. E due atti lo certificano: l’apertura plateale di Pechino a una valuta dei Brics commodity-backed per contrastare il ruolo di benchmark commerciale del dollaro e appunto questa atto di sfida di Washington alla Cina, nei fatti una ritorsione con tutti i crismi. E ai massimi livelli di efficacia e risonanza diplomatica.

Ed ecco giungere il secondo punto di interesse massimo dei mercati, plasticamente mostrato in questo grafico:

Comparazione delle detenzioni di debito Usa di Cina e Giappone Comparazione delle detenzioni di debito Usa di Cina e Giappone Fonte: Bloomberg

dopo le commodities e il loro ruolo di nuova arma impropria globale garantito dalle sanzioni contro la Russia, la Cina deciderà di operare la weaponization delle sue detenzioni di debito Usa, già oggi al minimo storico e sotto la quota psicologia di 1 trilione? Anche in questo caso, meglio lasciar perdere i ricorsi storici alla necessità che i due giganti hanno uno dell’altro, quasi fossero due ubriachi che si reggono a vicenda per riuscire ad arrivare a casa sani e salvi.

E la ragione sta nel momento storico in cui tutto questo sta accadendo:. Ovvero con la Fed intenta a giocare con il fuoco della sua pantomima sui tassi, al fine di generare a tavolino una recessione che raffreddi l’inflazione rapidamente (il mid.term bussa alle porte e di leader di Al-Qaeda spendibili con l’elettorato ne sono rimasti pochi) e, contestualmente, garantisca prima un rallentamento e poi uno stop con reverse al ciclo rialzista.

Se Pechino decidesse di scaricare ancora un po’ e si premunisse di fare decisamente rumore nell’attuare il suo deleverage, cosa accadrebbe? Se Washington ha colpito l’orgoglio politico, sfidando il tabù di Taiwan, Pechino può rispondere in maniera ancora più terminale: decretando un downgrade de facto della sostenibilità del debito Usa. E alla luce dei numeri e della necessità della Fed di proseguire con Qe strutturali da dieci anni a questa parte, qualcuno potrebbe persino pensare che la mossa, per quanto ardita, possa non essere del tutto peregrina. E uno shock simile, magari paradossalmente gradito alla Fed sul breve termine, cosa genererebbe sui livelli di VaR cui sono globalmente iscritti a bilancio decine di trilioni di assets, tutti ovviamente dipendenti dai tassi Usa e il dollaro? Lehman sarebbe una passeggiata.

E tanto per chiudere il cerchio, questo ultimo grafico

Andamento delle scorte di microchip della Corea del Sud Andamento delle scorte di microchip della Corea del Sud Fonte: Bloomberg

mostra come anche la vulgata che vorrebbe Taiwan troppo importante per tutti, in quanto patria dei microchip, per vederla precipitare in un conflitto tout court, sia forse un po’ troppo improntata all’ottimismo. Le scorte di microchip della Corea del Sud appaiono in forma smagliante, paradossalmente più a rischio di effetto frusta sui prezzi che di scarsità globale di offerta. Il tutto, a fronte di una domanda che la recessione in arrivo non potrà che raffreddare ulteriormente. Attenzione all’apparente immobilismo e silenzio cinese di fronte alla provocazione Usa: la risposta potrebbe essere solo questione di quando, non di se. E potrebbe generare un shock globale.

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