Guerra in Ucraina: perché l’India vuole restare neutrale?

Chiara Esposito

17/04/2022

L’India non prende posizione contro Putin. I rapporti dello Stato con le parti del conflitto causano lo stallo. I motivi della neutralità, riassunti in breve.

Guerra in Ucraina: perché l’India vuole restare neutrale?

Mentre alcuni valutano la possibilità che la Cina faccia da mediatore per la fine della guerra, passa quasi del tutto inosservato il ruolo ambiguo ricoperto da un altro importante attore internazionale: l’India.

I radar delle numerose analisi geopolitiche che si stanno susseguendo da oltre un mese a questa parte spesso non si sono soffermate a lungo sulla neutralità di questo Stato tanto influente.

Sebbene infatti il primo ministro Narendra Modi abbia telefonato a Putin chiedendogli l’«immediata cessazione delle violenze», non ci sono mai state delle condanne ufficiali rispetto ai crimini di guerra e all’invasione dell’Ucraina in sé da parte dell’esecutivo.

Neppure l’ultima videoconferenza con Joe Biden ha cambiato l’approccio di Modi: l’ennesimo tentativo degli Stati Uniti di convincere l’India a prendere una posizione più ferma decade davanti agli storici rapporti tra Mosca e Nuova Delhi.

Lo stesso Vladimir Putin, contravvenendo alle sue consuete ansie da contagio, dall’inizio della pandemia è uscito dall’isolamento che lo circonda proprio per far visita al leader indiano. Durante il fatidico incontro di dicembre 2021 sono stati inoltre firmati diversi accordi commerciali e militari, tra cui un programma di cooperazione militare valido per i prossimi dieci anni.

Dall’insediamento di Modi, avvenuto nel 2014, i due leader si sono visti venti volte e molteplici sono anche i patti pregressi tra gli Stati. Ripercorriamo quindi le motivazioni strategiche della loro solida alleanza e reciproca stima politica.

I simboli dell’astensione, dal voto in poi

In ragione della sua storica vicinanza a Mosca e della questione economica che lega i due Paesi, l’India sta mantenendo un atteggiamento neutrale nei confronti del conflitto in Ucraina.

Il caso più eclatante di questo posizionamento è stato il voto di astensione al momento della votazione alle Nazioni Unite. Alla richiesta di esprimersi su varie risoluzioni per condannare la guerra e le violazioni dei diritti umani in atto sul territorio ucraino, l’India ha mantenuto la linea di distacco adottata anche da altri Paesi del Sud globale.

Il rappresentante dell’India, durante un intervento al Consiglio di sicurezza dell’ONU, si è limitato a lanciare appelli della comunità internazionale per la pace e il dialogo chiedendo il rispetto da parte di tutti gli Stati della «Carta delle Nazioni Unite, il diritto internazionale e la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati» con l’obiettivo di «onorare questi principi per trovare una via costruttiva da seguire».

Altro fattore di neutralità è espresso da altre posizioni diplomatiche più dirette. La scelta, per qualsiasi dichiarazione pubblica, di parole molto caute rende la situazione di stallo piuttosto evidente.

C’è stata infatti una recente nota congiunta con l’omologo giapponese Fumio Kishida in cui Modi ha prospettato il teatro di guerra come «molto preoccupante» parlando al massimo di «uccisioni di civili innocenti» nel caso del massacro di Bucha. Per non doversi esprimere ha poi chiesto un’indagine imparziale per definire quanto accaduto.

Davanti a questa politica di non-allineamento che gli analisti definiscono «ereditata dai tempi della Guerra Fredda» non può che giungere la preoccupazione crescente da parte degli Stati Uniti ma anche un ringraziamento da parte del governo russo. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha infatti recentemente elogiato l’India per aver valutato “la situazione nella sua interezza, non solo in modo unilaterale”.

La storica dell’alleanza con la Russia

L’unico reale impegno intrapreso dall’India nel conflitto è stato quello relativo all’organizzazione di un corridoio umanitario per l’evacuazione dei suoi 15mila cittadini - per la maggior parte studenti universitari - nella città Kharkiv.

Il principale motivo politico contemporaneo di questa linea è il forte sostegno dell’opinione pubblica. I nazionalisti hindu, base elettorale principale del partito Bharatiya Janata di Modi, condividono, sul filo ideologico, il nazionalismo machista e l’ideologia autoritaria e approvano quindi anche gli accordi commerciali con la Russia. L’India infatti è dipendente dalle importazioni di armi russe, ma non solo.

Il professore di Politica estera Happymon Jacob ha parlato al NYT della posizione del Paese come di uno stato di «claustrofobia» causato dalla pressione al confine settentrionale della Cina così come dal deterrente nucleare nelle mani del vicino Pakistan. L’unico spiraglio è rappresentato dalla Russia. Riviste specializzate come Foreign Policy si sono spinte a dire che «Mosca è stata un’alleata affidabile per Nuova Delhi quando non lo era nessun altro».

Dietro queste parole però non c’è solo una mera analisi territoriale come quella appena descritta bensì un ampio storico di trattati e patti che risale al Novecento.

Sul fronte militare, riporta Linkiesta, tra il 1950 e il 2020, il 65% del materiale bellico prodotto dai russi è stato comprato dall’India. C’è poi un vero e proprio Trattato di pace, amicizia e cooperazione che risale al 1971 nel nome del quale i due paesi si sono più volte sostenuti a vicenda nelle rispettive crisi internazionali (come quella odierna).

Emblematico il caso del veto imposto dalla Russia all’ONU rispetto al caso del Kashmir, territorio conteso tra India e Pakistan. Altri episodi analoghi a parti inverse sono quelli del 1980 con l’invasione dell’Afghanistan o quella dell’annessione della Crimea nel 2014.

India-USA: i motivi strategici anti-cinesi

D’altro canto c’è il rapporto con gli Stati Uniti, principale destinazione delle esportazioni indiane per un peso annuale di 50 miliardi di dollari sul bilancio interno.

É vigore inoltre, in funzione anticinese, un’alleanza strategica informale dell’India con Giappone, Stati Uniti e Australia; il Quad, Dialogo quadrilaterale di sicurezza. Anche a fronte di questi contatti però prevale il desiderio individualista di contenere in autonomia l’espansionismo cinese.

Questo è ciò che motiva davvero l’interesse commerciale del governo di Modi a non prendere parte alle sanzioni contro la Russia che, economicamente isolata, finirebbe per ripiegare su Pechino come unico partner disponibile.

In poche parole, l’India al momento non è nelle condizioni di seguire l’amministrazione di Biden e cercherà piuttosto, come dice Deepa Ollapally, professoressa di affari internazionali della George Washington University, di «bilanciare le sue partnership, sia nel mondo che tra i suoi vicini».

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