La Cina gioca ancora un ruolo ambiguo nelle mediazioni tra Russia e Ucraina. Stati Uniti ed Europa hanno chiesto a Pechino di mediare, ma quali sarebbero però i pro e i contro?
Aumentano le pressioni dell’Occidente su Pechino. Oggi la Cina è uno dei pochi Paesi a essere in buoni rapporti con la Russa - e con il suo presidente Vladimir Putin - e potrebbe quindi ricoprire l’importante ruolo di mediatore nei negoziati della guerra russo-ucraina.
La questione però non è così semplice. Pechino non si è mai schierata completamente sulla questione, cercando di rimanere il più esterna e neutrale possibile. Se quindi nei giorni scorsi la Cina ha cercato in tutti i modi di non prendere una posizione esplicitamente, adesso Europa e gli stessi Stati Uniti chiedono che faccia un “passo in avanti” per cercare di fare da mediatore in questa guerra. In realtà sono in molti a domandarsi se veramente la Cina voglia e possa realmente mediare per un cessate il fuoco.
La posizione della Cina risulta essere effettivamente un rompicapo, il quale potrebbe trovare risposta domani, lunedì 7 marzo, nell’attesa conferenza annuale di politica estera del capo della diplomazia pechinese. Ma quali potrebbero essere i pro e i contro se la Cina decidesse di mediare realmente?
leggi anche
Guerra in Ucraina, cosa succede oggi: per Kiev le truppe russe si ritireranno entro il 9 maggio
Cina come mediatore: qual è stata la sua posizione a oggi?
La posizione politica di Pechino risulta essere una vera scatola cinese: bisogna aprire più scatole, scartare le frasi retoriche, per poter realmente capire quale sia la linea adottata dal Paese.
Le ultime dichiarazioni del Governo di Xi Jinping - sempre le stesse - più che una volontà di mediazione sembrano suggerire una distaccata attesa. Dallo scoppio della guerra in Ucraina, la Cina ha sì mostrato preoccupazione per l’escalation, chiedendo un cessate il fuoco e l’inizio dei negoziati, ma d’altra parte ha sostenuto le preoccupazioni russe sull’allargamento della Nato, sottolineando che la sicurezza di un Paese “non dovrebbe essere a scapito della sicurezza di altri, e ancor meno la sicurezza regionale dovrebbe essere garantita rafforzando o addirittura espandendo i blocchi militari” riferendosi ovviamente all’Alleanza. Sono state queste, infatti, le parole del ministro Wang al suo omologo ucraino in una telefonata di qualche giorno fa.
A oggi però l’opportunità di essere un mediatore nella guerra russo-ucraina potrebbe rivelarsi un’opportunità da cogliere al volo per la Cina.
Cina come mediatore: pro e contro
Gli stessi analisti sono in disaccordo sulla possibilità di successo e sulla reale volontà della Cina di fare da mediatore in un conflitto che potenzialmente potrebbe estendersi su larga scala. Inoltre, come ha scritto Zeno Leoni del King’s College di Londra: se la Cina diventasse un mediatore di pace, e venisse accettata come tale, questo comporterebbe dei “pro e contro per l’Occidente”. Di pro e contro in realtà ci sono anche per la stessa Cina, che corre più di un rischio nell’accettare tale ruolo.
- Pro
Se la Cina dovesse avere successo nella mediazione e condurre i due Paesi a una nuova pace - oltre ad aver ottenuto la fine di un conflitto che preoccupa tutto il mondo - per Pechino sarebbe una grande vittoria diplomatica e di pubbliche relazioni. La Cina potrebbe quindi presentarsi come grande potenza sulla scena mondiale e convincere l’Occidente a fare affidamento sull’influenza di Pechino nel mondo.
- Contro
Il successo della Cina nei negoziati firmerebbe e confermerebbe la battuta d’arresto per gli Stati Uniti. Se la Cina fallisse nel suo ruolo di negoziatore, potrebbe indicare al resto del modo che Pechino ha un’influenza diplomatica sui suoi partner. Inoltre, se fallisse nella mediazione, la politica interna ne risentirebbe. Questo infatti è un anno cruciale per la politica, visto che in autunno il Congresso del Partito comunista dovrà nominare Xi Jinping per un terzo e inedito mandato.
A oggi quindi non è ancora certo quale sarà la risposta della Cina alla richiesta dell’Ue e degli Usa a fare da mediatore. Si potrà sperare in una risposta domani, 7 marzo 2022, alla conferenza annuale di politica estera del capo della diplomazia pechinese. Bisogna solo aspettare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA