Secondo alcune proiezioni l’economia messicana diventerà la sesta al mondo da qui al 2050. Il presente dipende però dagli eventuali dazi di Trump.
Quella del Messico è una delle economie più grandi dell’America Latina. La vicinanza agli Stati Uniti (dazi di Donald Trump permettendo) e i conseguenti e crescenti investimenti cinesi stanno trascinando verso l’alto il pil del Paese. Eppure, per il 2025, nonostante il vento favorevole le previsioni non sono eccellenti come si potrebbe pensare.
La Banca Mondiale ha infatti ipotizzato una crescita del Messico dell’1,5%, mentre la Cepal, la Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi, ha fissato il suo tasso di crescita all’1,2%. In entrambi i casi, il valore previsto è il terzo più basso tra tutte le nazioni della regione, superiore solo a quelli di Haiti e Cuba. Per quale motivo?
C’è chi fa notare un aspetto: il Messico non sta sfruttando appieno la tendenza al nearshoring. Mark Thomas, direttore nazionale della Banca Mondiale per Messico, Colombia e Venezuela, ha spiegato che le multinazionali che si sono trasferite in Messico, proprio a causa della tendenza al nearshoring, generano solo circa lo 0,2% del prodotto interno lordo del Paese. [...]
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