Secondo uno studio tedesco, il carbone è ancora troppo sostenuto da investimenti a livello globale e il suo uso come combustibile durerà. La transizione energetica rischia di indebolirsi.
Gli investimenti nel carbone a livello mondiale non si fermano e questo significa che il combustibile fossile tra i più inquinanti continuerà a generare energia non pulita.
La transizione energetica tanto invocata è a rischio se non si intensificano gli sforzi per abbandonare la produzione di elettricità con il carbone.
L’industria del combustibile sta ancora ricevendo fondi sufficienti per investire nel suo impiego nel prossimo futuro. Lo ha rilevato un rapporto del gruppo tedesco Urgewald, da tempo impegnato nell’analisi del settore.
In un momento cruciale, dove la carenza di gas e l’impennata dei prezzi sta intensificando la ricerca anche di combustibili fossili da parte dei Paesi, la rivoluzione green potrebbe essere ulteriormente ritardata.
Gli investimenti nel carbone sono ancora troppi: il report
L’interessante studio è stato reso noto da Urgewald, una ONG tedesca impegnata su ambiente e diritti umani.
L’organizzazione ha ideato il Global Coal Exit List, un elenco di aziende che operano lungo la catena di valore del carbone termico.
Come chiarito dalla stessa ONG, la lista “identifica chiaramente quali aziende stanno ancora sviluppando nuovi asset carboniferi e offre dati affidabili e trasparenti con cui le istituzioni finanziarie possono eliminare gradualmente le attività basate sul carbone dai loro portafogli.”
Lo strumento si presenta quindi prezioso e utile per capire, oltre la retorica, quanto davvero multinazionali, istituzioni finanziarie, Governi del mondo stiano concretamente agendo per imporre le energie rinnovabili nei loro sistemi.
Quasi la metà delle 1.030 aziende intervistate nello studio prevede di sviluppare nuove centrali elettriche a carbone, nuove miniere di carbone o nuove infrastrutture di trasporto del carbone. Il rapporto ha messo in evidenza che meno del 5% delle imprese del Global Coal Exit List ha annunciato una data di uscita dalla produzione di carbone.
L’elenco GCEL comprende i più grandi operatori di centrali a carbone, definiti come aziende che ottengono oltre il 20% della loro energia o dei loro ricavi da questo combustibile fossile e come imprese che stanno pianificando di espandere l’estrazione, la produzione energetica e la costruzione di infrastrutture per il carbone.
Dal punto di vista finanziario, i dati hanno svelato che a gennaio 2021, 4.488 investitori istituzionali detenevano investimenti per un totale di 1.000 miliardi di dollari USA in società operanti lungo la catena di valore del carbone termico.
Attenzione alla trappola dell’idrogeno
Che la transizione energetica sia piena di insiedie e illusioni riguardanti l’eliminazione reale delle emissioni inquinanti lo ha ribadito anche il presidente del colosso Fortescue, Andrew Forrest.
Parlando a CNBC dell’exploit dell’idrogeno come vettore energetico versatile e non inquinante, ha sottolineato che per produrlo occorre utilizzare molta energia elettrica.
L’AIE afferma che attualmente il processo di elettrolisi per ottenerlo è generato con l’uso di combustibili fossili. Pertanto, la produzione di idrogeno è responsabile di emissioni di circa 830 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, equivalenti alle emissioni del Regno Unito e dell’Indonesia messe insieme. La vera svolta ci sarà soltanto con l’idrogeno verde, prodotto esclusivamente con eolico o solare.
Insistere sulle energie rinnovabili deve essere prioritario, abbandonando ogni impiego di carbone e altri combustibili sporchi.
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