La Cina intende blindare ulteriormente il suo predominio nel settore delle terre rare. All’orizzonte si prospetta una sfida senza esclusione di colpi con gli Usa di Donald Trump.
I dati diffusi dall’Amministrazione generale delle dogane cinesi sono emblematici: nel 2024 le esportazioni di minerali di terre rare di Pechino sono aumentate del 6% su base annua mentre le importazioni hanno visto un crollo del 24,4%.
La crescita economica interna, più debole del previsto, ha consentito alla Cina di poter spedire verso l’estero 55.431 tonnellate di 17 minerali utilizzati nella fabbricazione di prodotti che spaziano dai veicoli elettrici all’elettronica di consumo. In ogni caso, il valore totale delle esportazioni è crollato del 36%, attestandosi a 488,8 milioni di dollari, complice il calo dei prezzi degli stessi materiali. Le importazioni complessive si sono invece attestate intorno alle 133mila tonnellate, anch’esse in calo complice la riduzione delle forniture provenienti da Stati Uniti e Myanmar.
Certo, secondo le stime dell’US Geological Survey e dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, la Cina controlla circa il 70% della produzione delle terre rare e il 90% della loro lavorazione, ma il gigante asiatico continua ad avere fame di questi materiali. In primis perché all’orizzonte si intravede una possibile guerra commerciale, senza esclusioni di colpi, con gli Stati Uniti di Donald Trump, pronto a inserire il dossier in una ipotetica Trade War 2.0. [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA