Lo spaventoso sisma in Turchia e in Siria sta avendo effetti devastanti e i mercati delle materie prime non ne sono esclusi: perché il terremoto ha scosso anche il prezzo del petrolio, rimbalzato?
Il prezzo del petrolio schizza di oltre l’1%, mosso dal terribile terremoto in Turchia e Siria che ha sconvolto la vita di migliaia di persone, con un bilancio di morti davvero tragico.
A testimonianza della eccezionale gravità del sisma, a muoversi con repentine oscillazioni sono state anche le quotazioni di greggio.
Perché c’è stato un impatto terremoto Turchia sul petrolio e cosa sta guidando l’aumento di oltre l’1% di Brent e WTI?
Petrolio spinto dal sisma in Turchia: i motivi in un terminal chiave
I prezzi del petrolio sono saliti per la seconda seduta consecutiva martedì 7 febbraio, spinti dall’ottimismo sulla ripresa della domanda in Cina e dai timori per la carenza di offerta in seguito della chiusura di un importante terminal di esportazione dopo il terremoto in Turchia.
Nello specifico, le operazioni presso il terminal di esportazione di petrolio da 1 milione di barili al giorno (bpd) della Turchia a Ceyhan sono state interrotte dopo che un forte sisma ha colpito la regione. Il terminal BTC, che esporta petrolio greggio azero verso i mercati internazionali, dovrebbe restare chiuso il 6-8 febbraio.
Le ultime notizie di stamane, però, hanno riportato che i controlli sono stati ora completati e a breve inizieranno a scorrere di nuovo i flussi e le esportazioni da Ceyhan. Il porto ha esportato l’1% delle forniture globali a gennaio, secondo i dati compilati da Bloomberg. Proprio per questo la sua interruzione ha causato nuove scosse sul mercato petrolifero e, nello specifico, sul fronte dell’offerta.
Non solo, Daniel Hynes, senior strategist delle materie prime presso la banca ANZ di Sydney, ha anche indicato a Reuters la chiusura della parte Fase 1, da 535.000 barili al giorno, del giacimento petrolifero Johan Sverdrup nell’area norvegese del Mare del Nord come uno dei principali driver dei prezzi.
Al momento, la quotazione Brent sale dell’1,85% e quella WTI del 2,04% dinanzi alle incertezze su un pieno recupero della funzionalità di tutti i giacimenti.
Il momento è delicato per il mercato petrolifero, tra le speranze della ripresa della domanda in Cina che può risollevare il settore e il rischio di una produzione però non sufficiente, che potrebbe far schizzare i prezzi entro il 2024.
Intanto, l’Arabia Saudita, il principale esportatore di petrolio al mondo, ha aumentato i prezzi del suo greggio di punta per gli acquirenti asiatici per la prima volta in sei mesi tra le aspettative di ripresa della domanda, soprattutto dalla Cina.
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