Il Texas Ratio, per esprimere un valore positivo, dovrebbe sempre essere inferiore all’unità (quindi con un patrimonio tangibile che supera i crediti a rischio). Ma non è un indicatore affidabile. Ecco perché
Chi segue le vicende finanziarie, ricorderà sicuramente l’appuntamento annuale con il Texas Ratio e la classifica delle banche più sane dal punto di vista patrimoniale. Qualche commento, giuste preoccupazioni ma poi il silenzio e soprattutto nessun dubbio ulteriore, nessuna analisi che approfondisca la dinamica di costruzione formale dell’indice. Ma se di forma e sostanza abbiamo già parlato a proposito dei controlli degli organi competenti, ci meravigliamo invece quando la sostanza manca nelle analisi fatta da autorevoli commentatori economici.
Ma andiamo con ordine.
Il Texas Ratio deve il suo nome allo Stato americano in cui il banchiere Gerard Cassidy della RBC Capital Markets lo creò negli anni 80 per la valutazione delle banche locali dopo una catena di fallimenti che ne aveva mandato in default alcune centinaia a seguito di una crisi immobiliare. Si tratta di un indicatore che mette in rapporto i «prestiti non performanti» (i crediti deteriorati o Non Performing Loans) al patrimonio netto tangibile di una banca. Tecnicamente i crediti deteriorati comprendono, in ordine decrescente di gravità, le sofferenze, le partite incagliate, i crediti scaduti e/o sconfinanti deteriorati e i crediti ristrutturati. [...]
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