Degenerano le proteste in Cile: saccheggi, guerriglie urbane e tre morti carbonizzati. Imposto il coprifuoco a Santiago dalle 22 alle 7 del mattino
Situazione al collasso in Cile, dove l’Esercito ha appena imposto nella capitale, Santiago, il coprifuoco dalle 22 alle 7 del mattino.
La misura, drastica, segue lo scenario di vera e propria guerriglia urbana a cui si è trovato di fronte il Paese da venerdì, innescato da diversi aumenti dei prezzi in grado di originare la rivolta sociale di una popolazione già al limite.
In particolare, il rincaro del trasporto pubblico è stata l’ultima goccia per molti cileni, che hanno visto nella mossa - riguardante milioni di cittadini, in prevalenza appartenenti alle fasce più povere - l’ennesimo peso sulla loro non facile quotidianità.
Da qui manifestazioni in diverse città, su tutte nella capitale Santiago, presto degenerate in scontri con polizia ed esercito, saccheggi a negozi e supermercati, incendi di vetture e persino tre morti carbonizzati.
I decessi dei tre manifestanti - probabilmente morti nel bel mezzo di un saccheggio a un supermercato colpito da un incendio - hanno portato il generale Javier Iturriaga del Campo a dichiarare l’entrata in vigore di un coprifuoco dalle 22 alle 7 del mattino a Santiago.
[ÚLTIMA HORA] Automotoras de Alameda en total destrucción. Sigue la manifestación y enfrentamiento con Fuerzas Especiales.#Rancagua #UltimaHora #OHiggins #EstadoEmergencia #19Oct #Chile pic.twitter.com/tFCZSzNejY
— Ultima Hora (@ultimahoracl) 20 ottobre 2019
Cile, situazione al collasso: imposto coprifuoco
Secondo quanto riferito dalla BBC in mattinata, alla base del coprifuoco ci sarebbe un accordo tra Stato ed Esercito cileni.
Soldati e polizia pattuglieranno le strade durante lo stato d’emergenza, dichiarato almeno per i prossimi 15 giorni, che vedranno una drastica limitazione alle libertà dei cittadini.
Nessuna possibilità di fare riunioni salvo permessi specifici, né di muoversi dalle 22 alle 7 del mattino; cancellati eventi culturali e sportivi, chiusi i negozi.
A un simile scenario, quasi apocalittico, va aggiunto anche il blocco del trasporto pubblico sotterraneo, visti gli ingenti danni causati dalle proteste dei giorni scorsi. Il risultato è un Paese in ginocchio, presidiato da centinaia di soldati che riportano con la mente al 1990, alla dittatura di Augusto Pinochet.
Il rialzo del prezzo dei biglietti della metropolitana, in grado di scatenare le rivolte, è stato in realtà bloccato qualche ora fa dal presidente cileno, Sebastián Piñera, che ha dichiarato di aver “ascoltato con umiltà” la voce dei cittadini, e di averlo fatto “in nome della democrazia”:
“Ho deciso di sospendere l’aumento del costo della metro: questo richiederà la rapida approvazione di una legge, fino a che non concorderemo un sistema per proteggere meglio i nostri compatrioti”.
Eppure, malgrado i riferimenti alla democrazia, è stato lo stesso Piñera ad affidare ai militari una grossa parte del Paese, con un coprifuoco totale e la sospensione delle libertà dei cittadini.
Il Presidente, accusato di una colpevole lontananza dallo scenario disagiato del Paese, sta perdendo sempre più consensi, e le scene di vera guerriglia urbana viste nei giorni passati hanno mostrato il malcontento della popolazione per la loro attuale situazione.
Secondo le autorità locali i danni generati dalle proteste sono enormi, pari a 200 milioni di dollari solo per quel che riguarda le 80 stazioni della metro soggette ad attacchi e incendi.
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