A lungo il nostro Paese ha dato a Bruxelles molto più di quanto ricevuto, ma con il Next generation Eu il saldo è diventato positivo.
Essere contributore netto significa versare più di quanto si riceve. E l’Italia nei rapporti con l’Unione Europea ha interpretato questo ruolo per diversi anni. A giudicare dall’andamento dei flussi finanziari tra Roma e Bruxelles, il nostro Paese potrebbe ancora essere definito tale. Ma c’è un fattore che cambia tutto: i fondi in arrivo dal Next Generation Eu per realizzare il Pnrr, che hanno reso l’Italia un percettore netto, ossia uno Stato membro che adesso ottiene accrediti superiori ai propri versamenti.
Ogni anno l’Unione Europea ha bisogno di finanziare le proprie attività, per realizzare obiettivi fondamentali e priorità politiche. Per questo, oltre a ricevere risorse europee, gli Stati membri devono anche inviare degli stanziamenti annuali all’Ue. Tra 2014 e 2020 il saldo tra uscite ed entrate è stato negativo per l’Italia, che è andata sotto di 37,9 miliardi di euro, “rimettendoci” meno solamente di Francia (56,1 miliardi), Regno Unito (71,5) e Germania (118,5). Ma dal 2021 i fondi previsti dal piano europeo di ripresa post pandemia hanno ribaltato la situazione.
Tecnicamente, secondo l’ultima Relazione annuale sui rapporti finanziari tra Italia e Unione europea della Corte dei conti, l’Italia continua a essere un contributore netto se si considerano gli scambi di risorse “ordinarie”. Nel 2022, l’ultima annata di riferimento disponibile, l’Italia ha versato all’Ue 16,7 miliardi di euro (in calo del 7,6% rispetto ai 18,1 miliardi versati nel 2021). Nello stesso anno ne ha ricevuti 14,3 per diverse materie: tra le più cospicue, la rubrica “coesione, resilienza e valori” (6,2 miliardi), “risorse naturali e ambiente” (5,6) e “mercato unico, innovazione e digitale” (1,9). Anche nel 2022, quindi, gli accrediti dell’Italia all’Ue hanno superato l’ammontare dei versamenti dell’Ue all’Italia, con un saldo netto negativo di quasi 2,4 miliardi. [...]
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