Diffuso dall’Eurostat il dato relativo all’inflazione dell’area euro euro. I numeri preliminari confermano il dilemma della BCE. Occhio a EUR-USD.
Sebbene in rallentamento, l’inflazione dell’area euro rimane ancora troppo alta in base ai desiderata della BCE.
Diffusi oggi dall’Eurostat i numeri preliminari relativi al mese di febbraio, che hanno messo in evidenza che il tasso di inflazione del blocco si è attestato al 2,4%, in rallentamento rispetto al 2,5% di gennaio, ma superiore alle attese.
Il consensus degli economisti aveva previsto infatti un indebolimento delle pressioni inflazionistiche più importante, ovvero un tasso di inflazione pari al 2,3%.
L’inflazione core, ovvero l’inflazione depurata dalle componenti dei prezzi più volatili, rappresentate dai prezzi dei beni alimentari ed energetici, è aumentata secondo le stime preliminari del 2,6%, rallentando lievemente il passo rispetto alla crescita precedente del 2,7%.
In questo caso, il dato si è confermato in linea con le attese. Si tratta tuttavia di una magra consolazione, in quanto i livelli sono ancora troppo elevati rispetto al target del 2% stabilito dalla Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde.
Countdown a verdetto tassi BCE
Il dato pubblicato oggi è l’ultimo significativo proveniente dal fronte dell’Eurozona che sarà monitorato dalla BCE, pronta ad annunciare la propria decisione sui tassi di interesse del blocco nella prossima e ormai riunione imminente del suo Consiglio direttivo di giovedì prossimo 6 marzo 2023.
Tra i market mover più importanti a livello globale, sarà proprio l’annuncio sui tassi quello più importante della settimana, come emerge dal calendario dei dati macroeconomici.
Euro area #inflation expected to be 2.4% in February 2025, down from 2.5% in January 2025. Components: services +3.7%, food, alcohol & tobacco +2.7%, energy 0.2%, other goods +0.6% - flash estimate https://t.co/ckmwj5plZT pic.twitter.com/SJ9ihFjCYS
— EU_Eurostat (@EU_Eurostat) March 3, 2025
Il dato di oggi relativo all’inflazione dell’area euro segue la carrellata degli indicatori macro relativi sempre al trend dei prezzi che sono stati resi noti la scorsa settimana, e che hanno presentato un quadro piuttosto variegato. Allarme ha destato soprattutto l’inflazione tedesca, che ha confermato i rischi (se non la realtà) di una stagflazione, segnando un rialzo di ben il 2,8% su base annua.
Dall’altro lato, la Francia ha visto i prezzi avanzare soltanto dello 0,9%, avallando chi da un po’ di tempo fa notare che la BCE rischia di rendere fin troppo aggressivo il processo di disinflazione in corso nell’area euro. Processo di disinflazione invece dubbio, per i falchi che ricordano che la BCE deve considerare, nell’adottare le proprie scelte di politica monetaria, un approccio che consideri le dinamiche dei prezzi dell’intera Eurozona, come di fatto è giusto che sia.
Detto questo, occhio anche all’accelerazione dell’inflazione che ha interessato l’Italia.
Inflazione euro ancora difficile da domare, cosa sale e cosa scende
Guardando al dato che è stato appena pubblicato oggi, occhio alla componente dei servizi - costante fonte di preoccupazione per la presidente della BCE Christine Lagarde - che, sebbene in rallentamento, ha segnato la crescita su base annua più forte nel mese di febbraio, salendo del 3,7%, rispetto al +3,9% di gennaio.
A seguire, tra i trend più sostenuti, i prezzi dei beni alimentari, dell’alcol e del tabacco, che in questo caso hanno segnato una accelerazione, salendo al ritmo annuo del 2,7%, rispetto al +2,3% di gennaio.
Sono tornati a puntare verso l’alto anche i prezzi dei beni industriali non energetici (rialzo dello 0,6%, rispetto al +0,5% di gennaio ), mentre notevole è stato il dietrofront dell’energia (+0,2%, rispetto al +1,9% di gennaio).
Attenzione al rapporto euro-dollaro dopo incontro Zelensky-Trump e dato inflazione USA
In evidenza oggi, sui mercati, il solido rialzo dell’euro, che balza più di mezzo punto percentuale nei confronti del dollaro (vedi EUR-USD), avanzando di oltre lo 0,60% nei confronti del dollaro a $1,0444, dopo essere sceso al valore più basso delle ultime due settimane venerdì scorso, a seguito dell’esito negativo dell’incontro tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha affossato le speranze di trovare un accordo per la pace e dunque per la fine della guerra tra l’Ucraina e la Russia.
A seguito di quel meeting, l’euro era sceso fino a $1,0359, al valore più basso dal 12 febbraio scorso. Detto questo, occhio al dollaro USA che, pur avendo guadagnato la scorsa settimana lo 0,9% (riferimento al Dollar Index), è sceso dello 0,8% nel mese di febbraio, il ribasso su base mensile più forte dal settembre del 2024.
Un dato cruciale è arrivato venerdì scorso anche dal fronte macroeconomico degli Stati Uniti: diffuso l’indice PCE core, indicatore preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione, che stavolta ha frenato l’entusiasmo dei falchi, dando ragione alle colombe: tanto che ora sui mercati si scommette su un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve (nella non proprio imminente riunione di giugno), pari ad almeno 25 punti base, con una probabilità del 79,1%, stando allo strumento del CME FedWatch Tool rispetto al 70% di giovedì scorso.
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