Gli ultimi dati sull’inflazione dell’Eurozona mostrano un rallentamento che lascia ben sperare sulla ripresa economica della regione ,ma la crisi dei prezzi è davvero finita? L’ultima parola alla Bce.
L’inflazione nella zona euro è diminuita più del previsto a maggio, con dati flash che mostrano che il tasso di inflazione complessiva annuale del blocco è sceso al 6,1% a maggio dal 7% di aprile.
Il livello è il più basso da febbraio 2022, con l’aggiornamento che arriva appena 14 giorni prima dell’incontro Bce nel quale, molto probabilmente, i rialzi dei tassi continueranno a salire seppure in misura minore.
La crescita dei prezzi core è anch’essa diminuita e questa sembra essere la notizia più rilevante soprattutto per i funzionari dell’Eurotower, che osservano attentamente proprio questo dato per capire fino a che punto il ciclo di inasprimento monetario della Banca centrale europea più veloce di sempre debba continuare o cominciare a fermarsi.
I dati favorevoli sull’inflazione in Eurozona vanno però letti con una certa cautela, poiché il problema è lungi dall’essere risolto: siamo davvero uscendo dalla crisi del carovita? Quali prezzi - e quanto - stanno scendendo.
Inflazione in Europa rallenta: di quanto? Quali prezzi scendono di più
L’inflazione nelle 20 nazioni che condividono l’euro è scesa al 6,1% a livello annuale a maggio dal 7,0% di aprile, al di sotto delle aspettative del 6,3% in un sondaggio di economisti Reuters.
L’indice core, che esclude la volatilità dei prezzi di alimenti e carburanti e che ha svolto un ruolo crescente nelle deliberazioni politiche della Bce, è diminuito al 5,3% dal 5,6%, ben al di sotto delle aspettative del 5,5%.
Nello specifico, questi sono stati i dati rilevati, in termini preliminari, per il mese di maggio: prodotti alimentari, alcolici e tabacco +12,5% rispetto al 13,5% di aprile, beni industriali non energetici +5,8% sul 6,2% ad aprile), servizi +5% contro 5,2% di aprile ed energia -1,7%, sul 2,4% di aprile.
L’inflazione core della zona euro ha voltato pagina e si sta chiaramente moderando, ha commentato Kamil Kovar, economista di Moody’s Analytics. Piet Haines Christiansen di Danske Bank ha evidenziato che l’Eurozona sta ora sperimentando un “impulso di disinflazione”, mentre le pressioni sui prezzi si allentano.
C’è ottimismo, ma il clima resta cauto. È probabile che anche la Bce tragga un po’ di conforto dal rallentamento dell’inflazione alimentare al 12,5% dal 13,5%, poiché si prevedeva che le pressioni su quel fronte sarebbero ancora aumentate per un po’ di tempo. Tuttavia, difficilmente cambierà idea sulla necessità aumentare ancora i tassi.
“Le prospettive dell’inflazione europea sono fortemente influenzate da due driver opposti”, ha affermato l’economista di ING Carsten Brzeski. “È probabile che i prezzi dell’energia inferiori alle attese a causa del caldo clima invernale spingano verso il basso l’inflazione complessiva più rapidamente di quanto suggeriscano le recenti previsioni. D’altra parte, è probabile che i recenti accordi salariali e la pressione nei servizi mantengano alta l’inflazione core”.
I dubbi della Bce sull’inflazione e sulla politica dei tassi
Con le pressioni sui prezzi sottostanti che si sono sviluppate per tutto il 2023, anche se l’inflazione complessiva ha seguito un percorso discendente, la banca centrale si è essenzialmente impegnata a un altro aumento dei tassi di 25 punti base il 15 giugno.
Diversi politici influenti, tra cui i governatori delle banche centrali di Germania, Paesi Bassi e Irlanda, hanno anche messo sul tavolo un aumento dei tassi di luglio, ma c’è un ampio consenso sul fatto che le prospettive al di là dell’estate siano troppo incerte per impegnarsi già oggi.
Il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, ha dichiarato che, sebbene la politica monetaria restrittiva per riportare l’inflazione al suo obiettivo a medio termine del 2% abbia fatto molta strada, il ciclo non è ancora finito.
La crescita dei salari nella zona euro, per esempio, si aggira tra il 5% e il 6%, il doppio del tasso che sarebbe coerente con l’obiettivo di inflazione della Bce. I salari devono ancora recuperare dopo che l’inflazione ha intaccato per anni i redditi reali e la Bce spera che una volta che i prezzi rallenteranno, lo stesso accadrà anche per le buste paga.
Anche se questo è uno scenario plausibile, il mercato del lavoro del blocco è eccezionalmente teso e le imprese, in particolare nei servizi, stanno segnalando una crescente carenza di manodopera, un rischio al rialzo per i salari e quindi l’inflazione.
Un’altra potenziale preoccupazione è che la crescita economica appaia meno resiliente del previsto, in particolare nel settore manifatturiero, con una serie di indicatori che mostrano che l’attività industriale potrebbe pesare sull’economia complessiva anche con il boom dei servizi.
Gli investitori finanziari vedono altri due aumenti dei tassi da parte della Bce, con la prima mossa completamente scontata entro giugno e una seconda a luglio o settembre. Intanto, segnali preoccupanti sono arrivati dalla recessione in Germania e da venti sfavorevoli per la stabilità finanziaria che ancora minacciano l’Europa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA