Inflazione in Italia rallenta: il peggio è davvero passato?

Violetta Silvestri

28/06/2023

L’inflazione rallenta in Italia, ma resta alta la prudenza, soprattutto nell’analisi dei prezzi alimentari e dell’indice core. Il peggio è davvero passato? Cosa suggeriscono i numeri italiani.

Inflazione in Italia rallenta: il peggio è davvero passato?

Il tasso di inflazione in Italia è sceso al minimo di 14 mesi a giugno, offrendo una cauta rassicurazione alla Banca centrale europea sull’indebolimento delle pressioni sui costi prima dei dati per l’intera regione che saranno svelati tra qualche giorno.

I dati della terza economia più grande dell’Eurozona hanno preparato il terreno per altri due giorni di pubblicazioni europee che probabilmente mostreranno progressi ampi, ma limitati nell’abbassare i tassi di inflazione. Con il numero dell’Italia ben al di sopra del suo obiettivo del 2%, è improbabile che la Bce veda spazio per cambiare rotta nella sua politica sui tassi.

Inflazione decelera in Italia: cosa raccontano davvero i dati sui prezzi?

Secondo l’Istat, l’inflazione preliminare di giugno in Italia, al lordo dei tabacchi, ha mostrato una variazione nulla su base mensile e una del 6,4% su base annua, rispetto al +7,6% del mese precedente.

A decelerare sono ancora i prezzi energetici, che rispetto a giugno 2022 passano da +20,3% a +8,4%. In frenata anche Alimentari lavorati (da +13,2% a +11,9%), Servizi relativi ai trasporti (da +5,6% a +3,8%), Altri beni (da +5,0% a +4,8%) e Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,7% a +6,5%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rallenta da +6,0% a +5,6% e quella al netto dei soli beni energetici registra un +5,8% (a maggio era +6,0%). Anche i prezzi dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto rallentano, con un +5,8% rispetto a +7,1%.

Il focus di questa lettura è sull’indice core, che sebbene in evidente frenata, è ancora elevato. Per questo, gli analisti rimangono cauti, anche perché i dati italiani hanno mostrato che gli Alimentari non lavorati sono aumentati (da +8,8% a +9,6%).

Nei numeri si nasconde tutta la complessità economica del momento, soprattutto per Italia e quindi Europa. L’inflazione rallenta, ma non soddisfa ancora i canoni della Bce e questo significa nuovi rialzi dei tassi in arrivo.

I prezzi costantemente elevati di generi di prima necessità come pasta, pomodori e olio d’oliva sono un mal di testa per il governo, che sta lentamente eliminando le misure di aiuto per le famiglie e le imprese colpite dalla crisi energetica.

Tuttavia, i maggiori costi di indebitamento per frenare l’inflazione pesano sulle finanze pubbliche dell’Italia, danneggiando i consumatori sia come mutuatari che come contribuenti, e allo stesso tempo incidono sulla crescita. Confindustria ha avvertito all’inizio di questa settimana che l’economia sta mostrando segni di rallentamento.

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