I dati sull’inflazione in Eurozona di luglio segnano un nuovo record: +8,9% annuale. In questo contesto l’allerta rimane altissima tra i funzionari Bce, in bilico tra prezzi in rialzo e recessione.
L’inflazione dell’Eurozona ha raggiunto il nuovo massimo storico dell’8,9% anno su anno a luglio, lo ha confermato giovedì 18 agosto l’ufficio statistico dell’Ue.
Anche la misura core, escluse le componenti più volatili e chiave per la politica monetaria, hanno espresso un forte aumento.
Le prospettive dei prezzi al consumo nella zona euro, alla luce anche di questi dati, non sono migliorate da un rialzo dei tassi di luglio, ha affermato Isabel Schnabel, membro del consiglio della Banca centrale europea. Il suo suggerimento è di proseguire con forte aumento dei tassi di interesse il mese prossimo, anche se i rischi di recessione si inaspriscono.
La Banca centrale europea continuerà ad alzare il costo dei finanziamenti, secondo il membro del Consiglio direttivo Martins Kazaks, considerando che l’inflazione così alta sarebbe un danno assai più grave per l’economia.
La Bce, quindi, rimane in massima allerta dinanzi ai dati non ancora incoraggianti sull’impennata dei prezzi.
Inflazione di luglio in Eurozona: nuovo record, +8,9%
L’ufficio statistico dell’Unione europea Eurostat ha affermato che i prezzi al consumo nei 19 Paesi che utilizzano l’euro sono aumentati dello 0,1% su base mensile a luglio, con un balzo dell’8,9% su base annua, il più alto dalla creazione dell’euro nel 1999. In tutta l’Ue il tasso è salito al 9,8%.
Considerando il dato totale, 4,02 punti percentuali provenivano da energia più costosa - i cui costi sono aumentati a causa dell’invasione russa dell’Ucraina - e 2,08 punti percentuali da alcol e tabacco alimentari più onerosi.
Tuttavia, anche escludendo queste componenti più volatili, in quella che la Banca centrale europea chiama inflazione core e osserva da vicino le decisioni sui tassi di interesse, i prezzi erano ancora più alti del 5,1% su base annua a luglio.
Il mese scorso, la banca ha avviato un ciclo di inasprimento dopo anni di politica monetaria estremamente espansiva, ma i prezzi dei servizi, che creano oltre due terzi del Pil della zona euro, sono aumentati del 3,7% anno su anno a luglio, aggiungendo 1,6 punto percentuale al risultato finale. I beni industriali erano più costosi del 4,5% rispetto a 12 mesi prima, aggiungendo 1,16 punti percentuali alla cifra finale.
Perché la Bce resta in stato di allerta
Nelle ultime dichiarazioni di Schnabel, il capo delle operazioni di mercato della Bce, c’è tutta la preoccupazione della banca centrale per il prossimo futuro del vecchio continente, assai incerto negli sviluppi economici.
“A luglio abbiamo deciso di aumentare i tassi di 50 punti base perché eravamo preoccupati per le prospettive di inflazione”, ha detto a Reuters in un’intervista. “Le preoccupazioni che avevamo a luglio non sono state alleviate... Non credo che questa prospettiva sia cambiata radicalmente...È probabile che queste pressioni inflazionistiche rimarranno con noi per un po’ di tempo; non svaniranno rapidamente. Ci vorrà del tempo prima che l’inflazione torni al 2%.”
Una complicazione per la Bce è che i suoi aumenti dei tassi arrivano proprio mentre una recessione, indotta dall’aumento dei prezzi del petrolio, incombe sul blocco. “C’è una forte indicazione che la crescita rallenterà e non escluderei che entriamo in una recessione tecnica, soprattutto se le forniture di energia dalla Russia vengono ulteriormente interrotte”, ha affermato Schnabel.
Un altro rischio è che gli aumenti dei tassi sono destinati a far aumentare i costi di finanziamento in modo sproporzionato nei Paesi cosiddetti periferici del blocco, mettendo maggiormente a rischio nazioni più indebitate come l’Italia o la Grecia.
Nelle ultime settimane la Bce ha orientato gli acquisti di obbligazioni verso l’Europa meridionale per alleviare le pressioni del mercato e Schnabel ha affermato che i mercati sono ora più stabili, anche se la volatilità rimane elevata e la liquidità è bassa.
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