Buone notizie per l’inflazione in Eurozona, che ha sorpreso in positivo. Cosa hanno svelato i dati di marzo e cosa succede adesso, in vista della riunione Bce?
Inflazione in calo in Eurozona, con un risultato che ha sorpreso le attese nella lettura di marzo (preliminare).
I prezzi al consumo sono aumentati del 2,4% annuo il mese scorso, in calo rispetto al 2,6% di febbraio. Gli analisti prevedevano un rialzo del 2,5%. Anche la misura che esclude le voci volatili come cibo ed energia è scesa più del previsto, al 2,9%.
Il rapporto dimostra ulteriormente che i policy maker sono sulla buona strada per riportare l’inflazione al target del 2%, consentendo loro di allentare presto la morsa dei tassi alti avviata con gli aumenti dei prezzi saliti a doppia cifra. La presidente Christine Lagarde ha segnalato un primo taglio a giugno, sulla base di nuove previsioni e di un aggiornamento sulla crescita dei salari nei primi mesi dell’anno. Mentre si diffondono voci anche su possibili diminuzioni del costo del denaro ad aprile, cosa osservano gli analisti sul calo - a sorpresa - dei prezzi di marzo.
Sorpresa inflazione, come leggere (davvero) i nuovi dati europei?
La crescita dei prezzi al consumo nelle 20 nazioni che condividono la valuta euro è rallentata al 2,4% a marzo.
L’inflazione core, attentamente monitorata dalla Bce per valutare la durabilità delle pressioni sui prezzi, nel frattempo è diminuita al 2,9% dal 3,1%, scendendo al di sotto delle aspettative per il 3,0%, secondo i dati di Eurostat, l’agenzia statistica dell’UE.
L’unica potenziale preoccupazione rimane l’inflazione dei servizi, che si è mantenuta stabile al 4,0% come da mesi ormai, suggerendo che una crescita salariale relativamente rapida sta mantenendo i prezzi nel settore sotto costante pressione.
Anche se le interruzioni delle spedizioni in Medio Oriente non hanno influito molto sull’inflazione in Europa ed è improbabile che si verifichino scosse, sebbene il crollo del ponte della scorsa settimana a Baltimora – un porto chiave per le case automobilistiche e altri produttori – ha acceso nuove allerte, proprio l’aumento delle retribuzioni in Eurozona suscita incertezza.
Il capo economista Philip Lane insiste sul fatto che gli aumenti salariali devono continuare a diminuire affinché lui possa prendere in considerazione l’inversione della politica monetaria.
Sebbene un indicatore retributivo chiave abbia mostrato una certa moderazione alla fine del 2023, i salari continuano a espandersi di oltre il 4%. Ciò sta sostenendo la pressione sui prezzi nei servizi, dove la manodopera ha un impatto enorme sui costi finali.
Cosa può accadere ora in Eurozona?
Nella riunione della prossima settimana, la Bce dovrebbe riconoscere il miglioramento delle prospettive, ma è improbabile che i politici taglino i tassi subito, avendo più volte indicato giugno come il prossimo incontro cruciale per la definizione delle politiche.
Questo è il motivo per cui gli investitori non vedono quasi alcuna possibilità di un taglio l’11 aprile, ma hanno pienamente scontato una mossa per giugno, seguita da altri due o tre passi entro la fine dell’anno. La confusione, però, domina ancora il contesto visto che il governatore francese non ha proprio escluso una svolta già in primavera.
La Bce è stata cauta finora sul taglio tassi, perché prevede che l’inflazione ritorni al target del 2% solo l’anno prossimo, anche se alcuni analisti hanno una visione più ottimista, stimando il tasso principale intorno al 2% entro questo autunno.
Sebbene i prezzi del petrolio siano in costante aumento dall’inizio dell’anno, i prezzi cruciali del gas naturale rimangono bassi dopo un inverno insolitamente mite, indicando rischi lievi ma ancora gestibili derivanti dai costi energetici nei prossimi mesi.
I politici accomodanti, nel frattempo, sostengono che la crescita economica debole frena il potere di fissazione dei prezzi da parte delle imprese e quindi allenta le pressioni inflazionistiche. La Bce potrebbe quindi permettersi di allentare i freni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA