Il picco dell’inflazione Usa è già stato raggiunto e nella seconda parte dell’anno i prezzi sembrerebbero destinati a rallentare. A dirlo è l’andamento degli indici Cpi e Pce.
In attesa che il prossimo 10 giugno il Bureau of Labor Statistics diffonda i dati sull’inflazione Usa di maggio 2022, i prezzi al consumo della prima economia ad aprile sono passati dall’8,5 all’8,3 per cento, proviamo a capire se il dato ha raggiunto un picco.
L’andamento dei prezzi Usa rappresenta un dato particolarmente importante perché finisce per condizionare direttamente la politica monetaria della Federal Reserve.
Ma, come noto, la banca centrale statunitense per stabilire l’andamento dei prezzi al consumo preferisce utilizzare l’indice Pce (Personal consumption expenditures), e non il più famoso Cpi (Consumer price index, quello che generalmente indichiamo come l’inflazione Usa).
Differenza tra Cpi e Pce
Il Cpi è calcolato rilevando l’andamento dei prezzi di un basket composto da 100 mila tra beni, servizi e costo dei noleggi. I componenti sono fissi e ponderati sulla base di indagini conoscitive.
Ogni anno i componenti del basket sono aggiornati sulla base dei cambiamenti nelle scelte dei consumatori. Di conseguenza, si tratta di un indicatore che non riesce a tenere conto dei cambiamenti delle scelte di consumo innescati proprio dalle dinamiche inflazionistiche (e, di conseguenza, spesso finisce per sovrastimare l’andamento dei prezzi al consumo).
Proprio per ovviare a questo inconveniente, la Fed preferisce utilizzare il Pce (che ad aprile è sceso dal massimo storico del 6,6 al 6,3 per cento annuo). Quest’ultimo è calcolato tramite un basket di quello che viene realmente acquistato ogni mese, perché basato sulle scelte dei consumatori (se alcuni prodotti a seguito di un forte incremento vengono sostituiti da altri, il cambiamento sarà rilevato dal Pce ma non da Cpi).
Cosa ci dice lo spread Cpi-Pce
Secondo Andreas Steno Larsen (@AndreasSteno), che nella bio di Twitter si definisce “Macro afficionado, investment analyst and Madridista. Director @ Heimstaden. Host/Editor @ Real Vision. Hosting «The Macro Trading Floor» podcast @ Blockworks”, il differenziale tra Cpi e Pce segnala che nella seconda metà dell’anno e nel 2023 i prezzi al consumo registreranno una decisa contrazione.
In particolare, dei due indici, l’analista utilizza le versioni “trimmed”, ossia depurate dalle componenti che nel mese hanno registrato le variazioni, in positivo e negativo, più marcate.
Cpi, Pce e spread Cpi-Pce. Fonte: Twitter
Con il Cpi “trimmed” in quota 6%, il Pce è più di due punti percentuali inferiore, per uno spread di circa il 2%. Questo differenziale tende a salire, rileva Larsen, 1-2 trimestri dopo che il picco di inflazione è stato raggiunto.
In questo secondo grafico è evidenziato come con un Cpi sopra l’8%, lo spread a -2% ci segnala un prossimo rientro dell’indice dei prezzi verso livelli “normali”.
Cpi e spread Cpi-Pce. Fonte: Twitter
A sostegno di questa tesi c’è sia, evidenzia l’esperto, l’andamento del “money printing” e sia la dinamica evidenziata dall’indice che misura il tasso di “stress” delle catene di forniture.
Politica monetaria Usa e inflazione Usa. Fonte: Twitter
Cpi e Supply Chain Pressure. Fonte: Twitter
“L’inflazione è a livelli orribili e le banche centrali devono agire (anche la Bce) ma credo con estrema convinzione che l’inflazione sia destinata a rallentare molto velocemente con l’avvicinarsi del 2023”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA