Preoccupa l’influenza aviaria che si è trasmessa in un allevamento «da mammifero a mammifero», ecco cosa sappiamo.
Torna a preoccupare l’influenza aviaria che nel 2022 ha raggiunto numeri record in Europa, con oltre 2.500 focolai e 47 milioni di volatili sono stati abbattuti negli allevamenti.
Non è mai andata via, ma adesso torna a preoccupare l’aviaria dopo la scoperta di una mutazione rara del virus H5N1 che, in un allevamento di visoni nel nord-est della Spagna, in Galizia, ha provocato la prima trasmissione da mammifero a mammifero in condizioni controllate. L’epidemia nei visoni risale al mese di ottobre 2022, ma è stata di recente pubblicata la ricerca che la descrive e per il momento i dati indicano che il virus non ha acquisito la capacità di trasmettersi all’uomo.
In precedenza, si era registrata un’altra epidemia tra mammiferi, ma nelle foche - animali selvatici - difficili da studiare e controllare.
Cosa sappiamo del focolaio di avaria?
«Finora il virus H5N1 aveva fatto solo salti sporadici nella popolazione dei mammiferi», ma quello dell’allevamento di visoni in Galizia «è un caso di rilievo perché, sulla base dei dati raccolti, il virus si è diffuso all’interno dell’allevamento, tra mammifero e mammifero», ha spiegato all’Ansa Isabella Monne, dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, autrice dell’articolo con i colleghi Bianca Zecchin, Alice Fusaro, Francesco Bonfante, Edoardo Giussani e Calogero Terregino. Prima firma della ricerca è Montserrat Agüero, del Laboratorio centrale di veterinaria del ministero spagnolo dell’Agricoltura.
Il virus trovato in Galizia è appartenente alla famiglia responsabile dell’epidemia di aviaria in Europa, indicata con la sigla 2.3.4.4b, e la mutazione T271A, trovata nel gene PB2 del virus, è diventata una sorvegliata speciale.
L’aviaria può interessare altre specie
«In questo caso, un allevamento intensivo di mammiferi è venuto a contatto con un virus dopo eventi di infezione nei volatili selvatici e c’è stata trasmissione all’interno dell’allevamento. È un evento che ci ricorda che l’influenza aviaria va trattata come un problema che può interessare altre specie. Anche dal punto di vista ecologico è estremamente importante perché un virus letale negli uccelli selvatici implica una perdita della biodiversità», spiega la ricercatrice.
La difficoltà è riuscire a bloccare il virus che circola fra le specie selvatiche per impedire il salto di specie, ossia l’acquisizione da parte del virus della capacità di contagiare nuove specie per assicurarsi la sopravvivenza.
Nonostante nell’allevamento in Galizia siano state trovate altre mutazioni «delle quali non conosciamo il significato», come spiega Isabella Monne, c’è una buona notizia perché «non sono state evidenziate mutazioni capaci di trasmettere il virus da un uomo a un altro. Finora ci sono stati rarissimi casi sporadici nell’uomo, tutti legati al contatto diretto con gli animali infetti». I più recenti sono avvenuti nel 2021 in Gran Bretagna e all’inizio di gennaio una bambina in Ecuador è stata contagiata dal virus H5N1.
Aviaria, quali rischi per l’uomo
Nell’uomo il virus può provocare sintomi diversi: da una lieve infezione delle vie respiratorie, febbre e tosse, fino a una polmonite grave, sindrome da distress respiratorio, shock e persino la morte.
Al momento, il rischio trasmissione nell’uomo è classificato livello basso, e da basso a medio per i soggetti esposti per motivi professionali dalle agenzie Ue. Il contagio con il virus dell’aviaria si verifica dopo il contatto diretto con animali infetti (vivi o morti), le loro escrezioni (in particolare con le feci e gli oggetti o superfici contaminate da queste). Ma invece, non c’è alcun rischio di trasmissione attraverso il consumo di carne o uova.
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