Scoppia la polemica tra gli insegnanti per la decisione del Governo di riconoscere solo l’impiego nelle scuole dell’infanzia e negli asili nido come lavoro usurante. I docenti della scuola primaria e secondaria chiedono pari diritti.
Insegnare nella scuola primaria e secondaria non è lavoro usurante, ma lo è qualora l’attività professionale si svolga negli asili nido o nelle materne. Un principio ribadito dall’ultima decisione del Governo Gentiloni, il quale ha individuato undici categorie di lavoratori per i quali non verrà applicato - almeno per il momento - l’innalzamento dell’età pensionabile.
Come noto dal 2019 l’età pensionabile verrà aumentata, dal momento che l’ISTAT ha appena innalzato le aspettative di vita. In pensione quindi non si andrà più a 66 anni e 7 mesi, ma a 67 anni (sia per gli uomini che per le donne), e ciò vale anche per gli insegnanti.
Tuttavia, come già fatto con l’APE Social, il Governo sta pensando di congelare l’aumento dell’età pensionabile per undici categorie di lavori particolarmente gravosi, sia dal punto di vista fisico che mentale. Undici lavori usuranti, tra i quali figurano le maestre di asili nido e scuola dell’infanzia, ma non della scuola primaria e secondaria.
Una distinzione che non è piaciuta agli insegnanti, i quali da anni ribadiscono il loro diritto ad essere riconosciuti come lavoratori usuranti come i loro colleghi che lavorano a stretto contatto con i bambini molto piccoli. D’altronde l’aumento dei casi di burnout (esaurimento nervoso) negli insegnanti della scuola primaria e secondaria lo dimostra.
Ci chiediamo quindi perché gli insegnanti continuano ad essere esclusi dall’elenco dei lavori usuranti, mentre le maestre di materne e asili nido no. Sarebbe stato più giusto riconoscere il gravoso impegno degli insegnanti in ogni grado di istruzione, senza porre delle differenze che non fanno altro che alimentare le polemiche.
Lavori usuranti: quali sono?
Come anticipato il Governo ha individuato undici categorie professionali particolarmente gravose per il lavoratore. Per questo motivo è stato deciso di agevolare il loro accesso alla pensione di vecchiaia confermando a 66 anni e 7 mesi l’età pensionabile.
Niente aumento quindi a 67 anni come sarà a partire dal 2019 per le altre categorie di lavoratori. Una decisione che ha suscitato non poche polemiche, specialmente tra alcuni esclusi.
Ad esempio tra i lavori usuranti c’è quello degli infermieri che fanno i turni di notte, mentre mancano i tecnici di radiologia, gli operatori socio sanitari, e gli altri professionisti in ambito sanitario.
Una distinzione simile a quella operata per gli insegnanti, poiché solo le maestre degli asili nido e nelle materne sono state riconosciuti come lavori usuranti. Nel complesso gli undici lavori usuranti per i quali dal 2019 potrebbe (non è ancora ufficiale) non scattare l’aumento dell’età pensionabile sono:
- addetti alla concia di pelli e pellicce;
- addetti ai servizi di pulizia;
- conducenti di camion e mezzi pesanti;
- macchinisti e personale viaggiante;
- conducenti di gru o altre macchine utilizzate per la perforazione;
- infermieri (ma anche ostetriche) che operano su turni;
- maestre di asilo nido e scuola dell’infanzia
- operai nel settore edile
- operatori ecologici;
- personale adibito al sostegno dei non autosufficienti.
Tolti gli infermieri e gli insegnanti, quindi, non ci sono altri elementi di discussione.
Per quale motivo sarebbe stato più giusto equiparare il lavoro degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie con quelli impiegati in nidi e materne? Vediamolo di seguito.
Anche il lavoro nella scuola primaria e secondaria è usurante
È inevitabile che il riconoscimento legislativo del principio “dell’usura del lavoro” comporti la creazione di differenziazioni all’interno delle categorie di lavoratori.
D’altronde è come ammettere che “non tutti i lavori sono uguali”, ossia che ci sono degli impieghi particolarmente gravosi che incidono sulle aspettative e sulla qualità della vita di chi li ricopre.
Nel dettaglio, nel definire il lavoro usurante la normativa vigente (D.Lgs. 374/1993) precisa che si tratta di quei “lavori per il cui svolgimento è richiesto uno sforzo psicofisico particolarmente intenso e continuativo condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee”.
Quindi, sono conseguenze di un lavoro particolarmente gravoso:
- stress energetico o psichico;
- deterioramento fisiologico.
Queste conseguenze potrebbero non essere gravi abbastanza da comportare il riconoscimento della malattia professionale, ma sufficienti affinché si verifichi una compromissione dell’efficienza psicofisica del lavoratore.
Ed effettivamente non si può negare che il lavoro degli educatori e delle maestre degli asili nido e materne sia particolarmente gravoso, se non altro per la profonda responsabilità dell’incarico. Tuttavia è inspiegabile l’esclusione dei docenti degli altri gradi di istruzione, se non altro perché ci sono diversi studi che confermano la gravosità di questo impiego.
È stato lo stesso ente previdenziale INPDAP a richiedere uno studio che ha confermato l’alta frequenza di patologie psichiatriche tra gli insegnanti, come ad esempio la sindrome di Burnout.
Una patologia che comporta:
- ansia;
- crisi di panico;
- riduzione dell’autostima;
- esaurimento fisico.
Lo studio ha confermato che questa patologia si verifica particolarmente quando un lavoratore si trova a vivere una moltitudine di condizioni stressogene. Nel caso degli insegnanti basti pensare al caos delle classi, al rapporto con gli studenti e i loro genitori o alla formazione continua.
Tutte situazioni che valgono sì per le maestre/i di asili nido e materne (riconosciuti come lavoratori usuranti), ma anche per gli altri insegnanti i quali meriterebbero senza dubbio di un regime previdenziale agevolato.
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