Da giorni Israele sta annunciando di essere pronto a sferrare una offensiva via terra nella striscia di Gaza: il vero motivo di questa attesa sarebbe la carenza di missili.
In Israele nella notte è arrivato un nuovo messaggio alla nazione da parte del premier Benjamin Netanyahu: ”Ci stiamo preparando per un’invasione di terra a Gaza. Non posso dare al momento ulteriori dettagli, il tempismo sarà deciso in base al consenso”.
Parole sostanzialmente simili a quelle che Netanyahu va ripetendo ormai quasi dal 7 ottobre, funesta data dell’attacco di Hamas a Israele che ha scatenato questa nuova guerra in Terra Santa che sta spaventando il mondo intero.
Superato lo shock iniziale e ricacciato Hamas fuori dai confini dello Stato ebraico, Israele in breve tempo mobilitando i riservisti ha ammassato qualcosa come 100.000 soldati lungo i confini della striscia di Gaza, il tutto in previsione di una invasione via terra.
Si tratterebbe nel caso della battaglia finale tra Israele e Hamas: se gli israeliani possono contare su una indiscussa maggiore forza militare, i miliziani palestinesi da tempo si sarebbero preparati a uno scontro del genere da combattere casa per casa.
Benjamin Netanyahu nonostante alcuni dubbi palesati dalla comunità internazionale, per ultimo Emmanuel Macron ha dichiarato che “una massiccia operazione di terra da parte di Israele nella Striscia di Gaza sarebbe un errore”, sarebbe sempre convinto di voler “schiacciare” una volta per tutte Hamas.
Fondamentale per Bibi è il disco verde da parte della Casa Bianca, con Joe Biden che ha sottolineato nelle scorse ore durante una conferenza stampa di non aver chiesto a “Israele di ritardare l’invasione di Gaza”.
Ma allora perché questa operazione che potrebbe segnare le sorti della guerra - senza contare il rischio di un allargamento del conflitto vedi ruolo degli Hezbollah - ancora non è iniziata? Il motivo più che politico sarebbe militare: Israele sarebbe a corto di missili difensivi che a breve dovrebbero arrivare da Oltreoceano.
Israele e il problema dei missili
Nella giornata di ieri il Wall Street Journal ha rivelato che “Israele ha accettato, almeno per ora, la richiesta americana di ritardare l’invasione di Gaza così da consentire agli Stati Uniti di spostare missili nell’area”.
Come noto uno dei fiori all’occhiello militari di Israele è il suo sistema di difesa missilistica Iron Dome che, da quando è iniziata la guerra, gli ha consentito di intercettare buona parte dei razzi lanciati non solo da Hamas, ma anche da Hezbollah e da alcuni gruppi armati in Siria.
Per intercettare un razzo in arrivo l’Iron Dome utilizza il missile intercettore Tamir: ognuno dei vettori però costa 50.000 dollari e nei magazzini dell’esercito israeliano ce ne sarebbero sempre meno visto il massiccio utilizzo nelle ultime settimane.
In sostanza se Israele dovesse invadere militarmente la striscia di Gaza, in caso di un attacco di Hezbollah che ha a disposizione migliaia di missili particolarmente accurati, lo Stato ebraico potrebbe ritrovarsi senza difese.
Non a caso nelle scorse ore Washington ha fatto sapere che “il Dipartimento della Difesa è attualmente impegnato nella pianificazione del sostegno alla fornitura di batterie americane Iron Dome a Israele”. Un aiuto necessario per non esporre a grandi rischi lo storico alleato.
Benjamin Netanyahu così è di fronte a un bivio: attaccare subito la striscia di Gaza rischiando però di non avere adeguate difese antimissilistiche in caso di un intervento di Hezbollah, oppure aspettare le forniture di missili da parte degli Usa le cui tempistiche sono tutte da decifrare.
A breve sapremo quale sarà la scelta di Netanyahu.
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