Italia contro Cina: addio alla Nuova Via della Seta

Violetta Silvestri

10/05/2023

L’Italia tuona contro la Cina e si prepara ad abbandonare il piano Nuova Via della Seta, a cui aveva aderito nel 2019. La mossa sarebbe un segnale forte di ostilità verso Pechino. Cosa può accadere?

Italia contro Cina: addio alla Nuova Via della Seta

Italia contro Cina: sfida aperta a Pechino, con l’indiscrezione sul mancato rinnovo dell’imponente e miliardario piano Nuova Via della Sta (Belt and Road Initiative) da parte del Governo Meloni.

In un segnale di discontinuità che non passerà inosservato a livello internazionale, rumors non ufficiali raccontano di un cambio di passo strategico dell’esecutivo di centro-destra nei confronti delle relazioni commerciali - e ovviamente politiche - con il dragone.

La scelta di non rinnovare l’accordo della Belt and Road Initiative (BRI), che scade all’inizio del prossimo anno, è tanto espressione di una specifica e peculiare visione dei rapporti economici con l’estero dell’attuale Governo, quanto figlia del complesso scenario geopolitico del momento. Con un mondo tornato a polarizzarsi tra Occidente e i suoi nemici (Cina e Russia), gli Usa stanno da tempo pressando i Paesi europei affinché spezzino ogni legame commerciale ed economico con Pechino.

Fare affari con la Cina è valutato pericoloso a livello di sicurezza nazionale e contrario alla difesa dei valori democratici occidentali: con questa convinzione, lo scacchiere commerciale mondiale si sta modificando. E l’Italia, con la decisione di abbandonare la Nuova Via della Seta, vuole entrare a pieno titolo nel nuovo ordine mondiale guidato dall’Occidente.

Cosa significa rompere i legami con la BRI e con la Cina per il nostro Paese?

Italia abbandona la Nuova Via della Seta? Scontro aperto con la Cina

Secondo quanto riferito da diversi media internazionali, l’Italia si starebbe ritirando dalla multimiliardaria Belt and Road Initiative della Cina, considerata da molti in Occidente come un “cavallo di Troia” di Pechino per promuovere i suoi interessi strategici.

Il governo di Giorgia Meloni ha segnalato a Washington che si ritirerà dallo schema, soprannominato la Nuova Via della Seta, entro la fine dell’anno. L’Italia ha aderito all’iniziativa nel 2019, quando Giuseppe Conte era presidente del Consiglio, diventando l’unico paese del G7 a far parte dell’accordo. La partecipazione si rinnoverà automaticamente nel 2024 a meno che Roma non esca attivamente dal piano.

L’allora primo ministro, Giuseppe Conte, sperava che l’accordo avrebbe dato una spinta all’economia sottoperformante dell’Italia, ma negli ultimi quattro anni ha visto pochi benefici, con esportazioni in Cina per un totale di 16,4 miliardi di euro ($ 18,1 miliardi) l’anno scorso da 13 miliardi di euro nel 2019. Al contrario, l’export cinese nel nostro Paese è salito a 57,5 ​​miliardi da 31,7 miliardi nello stesso periodo, secondo i dati italiani.

Da evidenziare, che i principali partner commerciali dell’Italia nella zona euro, Francia e Germania, hanno esportato molto di più in Cina lo scorso anno, nonostante non facessero parte della BRI.

Un funzionario del governo ha affermato a Reuters che Roma utilizzerà proprio questa mancanza di sviluppo economico come argomento chiave per non rinnovare l’accordo.

La questione è molto delicata e probabilmente non verrà presa alcuna decisione formale prima del vertice del G7 di questo mese in Giappone. La decisione, infatti, rischia di innervosire Pechino, ma dovrebbe rassicurare gli alleati occidentali dell’Italia, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna fino a Bruxelles. Di certo, affermerà l’approccio atlantista del governo Meloni che ha strenuamente sostenuto l’Ucraina nella sua lotta contro la Russia.

La posta in gioco è lo schieramento dalla parte giusta in questo ritorno così aggressivo in un modo polarizzato. Non c’è dubbio che il Governo ora in carica avesse già dato indicazioni in tal senso. In un’intervista con Reuters l’anno scorso, prima di conquistare il potere nelle elezioni di settembre, la Meloni aveva infatti chiarito di disapprovare la decisione di Conte. “Non c’è alcuna volontà politica da parte mia di favorire l’espansione cinese in Italia o in Europa”, ha detto.

Finora, c’è stata grande prudenza dell’esecutivo per non offendere la Cina, e funzionari governativi hanno detto che Roma non vuole provocare una rottura diplomatica. La Cina è stata finora vista e trattata come un partner economico, ma l’Italia non può più permettersi di entrare in una situazione in cui dipende eccessivamente da Pechino in settori chiave, come è successo con la Russia e le sue forniture energetiche. Questa è la linea politica illustrata ufficiosamente da un funzionario su Reuters.

Cina pronta a ritorsioni contro l’Italia?

L’Italia, come gran parte dell’Europa, si trova in una situazione di grande pressione internazionale, con le crescenti tensioni tra Washington e Pechino che si sono aggravate alla luce del continuo rapporto amichevole di Pechino con la Russia.

I paesi europei stanno lottando per bilanciare il desiderio mantenere convenienti legami con la Cina in materia di commercio e investimenti con lo schieramento accanto agli Usa e alla lotto contro la concorrenza sleale e le minacce di Pechino.

Il ritiro dell’Italia dall’iniziativa sarebbe una grande perdita simbolica per la Cina, secondo Federico Santi, senior analyst di Eurasia Group.

“Di recente hanno intensificato i loro sforzi di lobbying per cercare di convincere la Roma a rimanere nell’accordo”, ha detto a The Telegraph. “Questa decisione, se confermata, sarà in contrasto con il governo cinese”.

Pechino potrebbe reagire imponendo misure punitive contro le aziende italiane che fanno affari in Cina. “Potrebbero mettere in svantaggio le imprese italiane. È difficile dire come ciò si manifesterebbe, ma potrebbero aumentare il controllo normativo, ad esempio”, secondo l’esperto.

Stefano Stefanini, ex consigliere diplomatico di un presidente italiano ed ex rappresentante permanente dell’Italia presso la NATO, ha affermato sempre su Telegraph che se Roma non si ritira, rischierà uno scontro con gli Stati Uniti. Rimanere con la Belt and Road Initiative “sarebbe una scelta difficilmente compatibile con la posizione filo-occidentale dell’Italia”.

Tuttavia, “non c’è un modo semplice per uscire dall’accordo senza sconvolgere la Cina e ci saranno inevitabili rappresaglie da parte di Pechino, ha aggiunto.

Una guerra commerciale con Italia - ed Europa - contro la Cina potrebbe essere davvero vicina. La decisione del Governo Meloni di abbandonare o no la Nuova Via della Seta sarà cruciale.

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