Mercati in massima allerta con un mondo che viaggia a diverse velocità per quanto riguarda ripresa economica e mosse delle banche centrali. Perché queste differenze possono destabilizzare?
Il G7 che si sta svolgendo in Italia parte da una certezza: il mondo viaggia a due velocità per quanto riguarda l’economia e questo può diventare un problema per la stabilità dei mercati finanziari.
Il durevole e solido slancio di crescita negli Usa rispetto alla perenne debolezza dell’espansione europea – influenzata dalle vicine tensioni geopolitiche – sta mettendo in crisi le banche centrali, con l’inevitabile divergenza nella politica dei tassi che si paleserà molto probabilmente già a giugno. Se la Bce sembra infatti intenzionata a effettuare il primo taglio al costo del denaro, la Fed aspetterà ancora.
In sostanza, i banchieri centrali del G7 sanno fin troppo bene che ormai le prospettive per i prezzi al consumo differiscono da Paese a Paese, visto che l’enorme shock inflazionistico che colpito il mondo non può che attenuarsi in modo asimmetrico.
Chi viaggia spedito e chi resta indietro nel mondo a due velocità? Alcune considerazioni su crescita, inflazione, tassi di interesse nelle principali potenze globali, in nome di una divergenza che può trasformarsi in rischio.
Nel G7 va in scena un mondo diviso: chi cresce e chi è in crisi?
Gli Usa avanzano nella ripresa economica, mentre l’Eurozona arranca tra timidi rialzi e segnali di stallo: è questa la prima grande divergenza che il mondo economico sta affrontando.
Non a caso, la zona euro è pronta a procedere a quello che potrebbe rivelarsi il primo taglio dei tassi d’interesse dell’anno tra meno di due settimane, una prospettiva che ha sostenuto il dollaro mentre la Fed mantiene una posizione favorevole a un percorso politico cauto, con un costo del denaro più alto per più tempo.
“Il ciclo economico è ovviamente più forte negli Stati Uniti, la crescita è più elevata e l’inflazione è un po’ più resiliente, quindi i nostri colleghi statunitensi probabilmente aspetteranno fino a quando non taglieranno i tassi”, ha detto giovedì il governatore della Banca di Francia François Villeroy de Galhau.
Poco prima del suo intervento durante gli eventi del G7 finanziario in corso in Italia, un indice dei responsabili degli acquisti statunitensi ha mostrato che l’attività economica Usa ha accelerato all’inizio di maggio al ritmo più veloce degli ultimi due anni, riflettendo in gran parte la crescita più forte dei fornitori di servizi e accompagnata da una ripresa dell’inflazione.
Di contro, il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire si è lamentato con i giornalisti prima di lasciare Parigi che l’Europa soffre di “letargo economico”.
Nell’ambiente economico europeo, sono tutti consapevoli che la crescita nella zona euro sia debole con l’inflazione ben sotto controllo, giustificando un percorso costante di allentamento monetario a tempo debito.
Il segretario al Tesoro Janet Yellen non ha che potuto osservare nel corso del G7 che il contesto statunitense è solido, affrontando al tempo stesso l’attuale divergenza.
“La forte performance economica dell’America continua a fungere da motore chiave per una performance economica globale resiliente”, ha detto ai giornalisti. “Detto questo, sappiamo che la ripresa non è stata uniforme nei nostri Paesi e che ci sono rischi per le prospettive globali.”
Per spiegare meglio quanto si stiano differenziando le dinamiche economiche europee e statunitensi, bisogna valutare anche la tensione commerciale con la Cina. Quest’ultima vede coinvolti Usa ed Europa, ma anche qui con differenti scenari. La politica dei dazi severa di Biden contro i beni cinesi non avrebbe lo stesso effetto in Europa, che è molto più dipendente dal dragone, con il settore auto tedesco, per esempio, a rischiare molto con tariffe. La doppia velocità potrebbe palesarsi anche in questo contesto.
Stabilità dei mercati a rischio
La divergenza nei percorsi di crescita economica tra le potenze potrebbe quindi essere marcata - considerando che anche il Giappone ha una sua storia particolare con un inizio d’anno peggiore del previsto - e influenzare le giurisdizioni monetarie di ogni Paese.
Una riduzione dei tassi da parte della Banca Centrale Europea il 6 giugno è quasi certa dopo che la presidente Christine Lagarde ha dichiarato questa settimana di essere “veramente fiduciosa che avremo l’inflazione sotto controllo”.
L’indebolimento della crescita dei prezzi al consumo in Canada ha intanto rafforzato le ragioni per un allentamento, anche se un leggero aumento del ritmo mensile potrebbe ancora mettere in dubbio una mossa del 5 giugno.
Dopo che i dati britannici di mercoledì hanno mostrato che l’inflazione è rallentata meno del previsto, gli economisti delle banche, da Goldman Sachs a Morgan Stanley, hanno previsto che la Banca d’Inghilterra si sottrarrà al taglio dei tassi a giugno e aspetterà agosto. Nel frattempo la Banca del Giappone potrebbe prepararsi ad aumentare i costi di finanziamento.
Le implicazioni più immediate del contrasto monetario con la Fed riguardano la forza del dollaro. I giapponesi ne hanno già subito l’impatto, avendo visto lo yen indebolirsi al minimo di 34 anni alla fine di aprile, prima di un sospetto intervento da parte del ministero delle Finanze.
La Yellen ha riconosciuto che tali differenze possono essere un problema valutario e per gli investitori, avvertendo però che gli Stati Uniti non sono favorevoli a interventi massicci.
“Per quanto riguarda il dollaro forte, ciò riflette in parte i differenziali dei tassi di interesse e le opinioni del mercato sui probabili percorsi dei tassi di interesse nelle diverse economie”, ha affermato. “Crediamo che gli interventi dovrebbero essere rari, quando si verificano dovrebbero essere comunicati in anticipo e, se si verificano, dovrebbero essere in gran parte in risposta alla volatilità dei mercati valutari”.
Anche l’euro potrebbe scivolare nella trappola del biglietto verde supportato da alti tassi Fed. In focus ci sono anche il mercato obbligazionario e il movimento della azioni globali, così sensibili oggi alle dinamiche delle banche centrali mondiali.
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