Si deve prendere atto che a tempi nuovi debbono corrispondere assetti nuovi ed è ora di chiudere il dopoguerra che impose all’Europa di diventare un sub-sistema americano contrapposto all’URSS.
In tempi normali, di solito, ci riferiamo allo stato di cose criticandolo, mettendoci ad una certa distanza, segnando una distinzione più o meno antagonista. Ma oggi non sono tempi normali. Siamo in una Grande Transizione epocale nella quale un fenomeno che ci riguarda tutti in termini sistemici, è l’incipiente smarrimento dell’Occidente, la sua collocazione nei processi storici in corso, la sua stessa consistenza, il suo senso. Rispetto questo specifico sistema, si pone l’opportunità di non rimanere dentro la sua configurazione data, pur criticandolo anche violentemente, si pone più l’opportunità -o meglio- la necessità di pensare ad un nuovo sistema. La nostra vasta e profonda subalternità ideologico-politica deve avere uno scarto e cominciare non più a lamentarsi di questo e di quello, di questa o quella inadeguata élite o ideologia dominante, deve saltare a prefigurare un sistema nuovo. Siamo in una di quelle fasi in cui Gramsci pensava si dovesse tentare la costruzione di una nuova egemonia sebbene le forze concrete sul campo fossero quanto più inadeguate. Quanto più sono inadeguate le forze concrete tanto più adeguato e tornito il discorso da portare avanti di modo che condivisione e diffusione di questo, possa creare i presupposti di una futura egemonia di fatto. Chiameremo questa costruzione “altra-egemonia”.
Cosa fa una “altra-egemonia”? Assume la posizione dell’egemone, ma col proprio punto di vista, con la propria visione del mondo. C’è, ad esempio, una non sottile differenza tra l’invitare ad uscire dalla NATO e dall’UE e chiederne lo scioglimento ed è nel riferimento. Nel primo caso il riferimento rimane l’egemone, rispetto ad esso che è e rimarrà tale, si marca una distinzione, ma è una distinzione minoritaria per forza di cose, che non intacca la radice dell’egemone, per certi versi la rinforza prevedendone la continuazione di potere. Nel secondo caso, invece, il riferimento è direttamente il potere, ci si pone in forma competitiva con l’egemone per il potere, si avanza una idea di diverso potere o la posizione dell’egemone o la posizione altro-egemonica cha a questo punto perde la sua origine “contro” e diventa “per”. Per un nuovo assetto di potere.
Con quelle sincronie intellettive che promanano dagli invisibili movimenti dentro le immateriali immagini di mondo, pochi giorni fa, Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire, ha invocato con grande tranquillità come fosse evidenza logica improcrastinabile, lo scioglimento dell’alleanza implicita con Israele e lo scioglimento della NATO. Forse Tarquinio candidato PD alle europee, originato in un partitino (DemoS) a suo tempo scisso dai tranquilli Popolari per l’Italia, è diventato un trinariciuto antimperialista? Non necessariamente. Semplicemente ha preso atto che a tempi nuovi debbono corrispondere assetti nuovi ed è ora di chiudere il dopoguerra saldato ampiamente il debito e con gli americani e con gli ebrei-israeliani. Quindi Tarquinio non ha chiesto all’Italia di uscire da certe alleanze, ha chiesto di sciogliere quelle alleanze. [...]
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