Attacco suicida fuori dall’aeroporto di Kabul. Non ci sono certezze ma si parla dell’ISIS-K, un gruppo terroristico che sa quel che vuole dai talebani.
Attentato a Kabul: secondo i media gli autori sono i terroristi dell’ISKP. La triste notizia era nell’aria, era solo questione di tempo secondo le autorità britanniche e americane.
Un attentato in un punto nevralgico del sistema di evacuazione dell’Afghanistan come l’aeroporto di Kabul non è un evento a sorpresa, ma un disastro che si voleva a tutti costi evitare, correndo contro il tempo. Ormai invano.
Al momento si parla di un attacco suicida che ha provocato diversi morti e molti feriti. La situazione viene monitorata dai giornalisti che operano sul luogo e la conta delle vittime cresce stando alle dichiarazioni rilasciate da Emergency col passare delle ore.
La matrice terroristica è accertata ma non c’è ancora l’ufficialità riguardo al mandante. Tutti però puntano il dito su l’ISKP un’ala particolarmente radicalizzata dell’ISIS-K.
Se così fosse non è difficile ipotizzare cosa ha spinto la cellula a muoversi ad attivarsi proprio ora, proprio in quell’area dove non si smette di soccorrere civili e militari intercettati dall’esplosione.
La dinamica dell’attentato: arrivano le prime ricostruzioni
Due esplosioni e vari colpi di arma da fuoco hanno scosso un’area particolarmente affollata dell’aeroporto internazionale di Kabul che da giorni è preso d’assalto da chi rischia tutto nella speranza di poter raggiungere un volo di evacuazione dei militari statunitensi. Entrambe le detonazioni hanno infatti avuto luogo presso Abbey Gate, uno dei tanti imbocchi del complesso.
In questa zona orientale è anche situato anche il Baron Hotel, altro teatro dell’evento nonché edificio che da sempre ospita moltissimi britannici. A rendere note le coordinate approssimative dell’attacco è il portavoce del Pentagono John Kirby, via Twitter.
Il dipartimento della Difesa americano si spinge già a definirlo un attentato complesso ma prima di analizzare l’impianto organizzativo ovviamente si cercano le persone da soccorrere e curare.
Le foto delle vittime parlano chiaro, il conto è ancora approssimativo
I numeri si rincorrono: i talebani parlano di 13 morti, il corrispondente del New York Times Fahim Abed ne conta almeno 40 con 120 feriti, dei quali la maggior parte in gravi condizioni, la Reuters invece sostiene che tra i corpi denunciati dalle milizie ci sono dei bambini e infine il Wall Street Journal comunica che tra le vittime ci sarebbero anche dei militari statunitensi. Nessun italiano sembra essere coinvolto.
I media locali riportano le prime immagini, scatti crudi di civili ripresi in caotiche scene di pronto intervento. Dal suo fronte Emergency, sempre su Twitter, ha fatto sapere che nel suo ospedale sono arrivati oltre 30 feriti, di cui sei già morte all’arrivo.
Troppo presto per delle stime definitive insomma ma anche solo da queste indiscrezioni si può intuire l’entità della tragedia in termini di vite umane.
Cos’è l’ISKP, il gruppo da cui i governi mettevano in guardia i civili
L’ISKP è il nome che circola di più in questi momenti d’incertezza riguardo l’attentato a Kabul. In pochi però erano a conoscenza dell’esistenza di questa frangia di kamikaze islamici. Il gruppo fa capo all’ISIS-K, la cellula proveniente dalla “Provincia del Khorasan dello Stato Islamico”.
La sua fondazione risale a sei anni fa con dei talebani pakistani allontanatisi dal nucleo originario alla ricerca di maggiore influenza e predominio.
In poche parole i suoi membri sono nemici sia dei talebani che di al Qaida, la famosa organizzazione terroristica che da sempre appoggia le milizie talebane.
I leader dell’ISIS-K nei giorni scorsi si erano spinti a criticare il regime che si sta cercando instaurare. Rinfacciano inoltre ai talebani la loro interpretazione dell’Islam, definendola eccessivamente moderata rispetto alla loro posizione.
Paventando delle possibili ritorsioni a seguito di queste parole, sia Stati Uniti che Regno Unito avevano invitato i propri cittadini ancora presenti sul suolo afgano a non recarsi all’aeroporto. Un appello forse rimasto inascoltato.
Le mire del gruppo terroristico: cosa sperano di ottenere
Visibilità e non solo. Attaccare un centro d’interesse internazionale è un modo per far parlare di sé, un modo per far circolare il nome del gruppo sui giornali di tutto il mondo e garantirsi l’esposizione mediatica e il terrore necessari per accrescere la propria influenza ed avanzare, al momento della spartizione dei poteri, qualsiasi richiesta.
Una mossa simile, nell’ottica dei mandanti, contribuisce quindi ad aumentare il prestigio del gruppo nel circolo delle potenze jihadiste.
Possiamo vederla come una sorta di lotta interna a chi possiede i mezzi migliori per avere più voce in capitolo. La sparizione di potere passa anche per queste strade tragicamente insanguinate.
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