La Cina è alle prese con un’economia traballante ma la sua valuta, lo yuan, sembrerebbe essere in ottima forma.
La Cina è alle prese con un’economia traballante ma la sua valuta, lo yuan, sembrerebbe essere in ottima forma. Nel corso del 2023 la moneta cinese ha quasi raddoppiato la sua quota come valuta utilizzata nei pagamenti globali. Certo, le cifre in ballo sono ancora piuttosto modeste e, con una fetta di torta pari al 47%, il dollaro statunitense è ancora parecchio distante dal renminbi. Intanto, però, l’uso dello yuan nei pagamenti globali è passato dall’occupare una quota pari all’1,95% a gennaio all’attuale 4,6%.
Come se non bastasse, le oltre 30 linee bilaterali di swap in valuta della Cina con altre banche centrali – spesso appartenenti a Paesi con gravi problemi economici, come l’Argentina - stanno mettendo in circolazione più yuan oltre la muraglia. Insomma, gli istituti del Dragone prestano sempre più valuta locale all’estero, mentre i mutuatari sono ben felici di raccogliere questi denari a causa degli alti tassi d’interesse statunitensi.
Ci sono, poi, almeno altre due cause che stanno agevolando la silenziosa espansione del renminbi. Una coincide con la guerra in Ucraina, con la Russia sempre più economicamente (e finanziariamente) legata al Dragone. La “moneta del popolo” è in prima linea negli affari lungo l’asse Mosca-Pechino, e si ritaglia spazi d’azione via via sempre più rilevanti. L’altra spinta all’internazionalizzazione dello yuan proviene dal cash pooling aziendale di alcune multinazionali occidentali. [...]
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