La Cina riuscirà davvero a crescere nel 2024? Quanto durerà ancora la crisi del dragone? Secondo gli economisti, le risposte si concentrano in 5 punti.
Il dibattito sulla crescita della Cina continua ad appassionare gli economisti a livello globale.
La ripresa del dragone, infatti, è una delle grandi incognite del 2024, un anno iniziato all’insegna delle incertezze su diversi ambiti, dall’andamento dell’inflazione alla politica monetaria Fed fino all’allerta massima per i debiti nazionali e all’allarme sulle conseguenze di due guerre in corso e dall’esito imprevedibile (con effetti potenziali sulle materie prime).
La seconda economia mondiale ha iniziato l’anno su basi solide, con le fabbriche cinesi in piena ripresa. Gli analisti avvertono però che sarà difficile mantenere la crescita senza un miglioramento più ampio che riporti la piena fiducia presso i consumatori. I recenti momenti positivi nel commercio e nel settore manifatturiero hanno spinto gli economisti di banche tra cui Goldman Sachs Group Inc. a migliorare le loro prospettive per il 2024.
Tuttavia, con le esportazioni inaspettatamente in calo a marzo e la domanda estera che guida in gran parte nuovi ordini, i politici hanno ancora un disperato bisogno di convincere i cittadini a spendere, secondo diverse analisi. In una cornice geopolitica molto instabile e preoccupante, inoltre, le sorti della potenza asiatica sono ancora più importanti. Le analisi raccolte da Bloomberg si stanno concentrando su almeno 5 fattori chiave per capire dove andrà l’economia della Cina.
1. Produzione industriale
L’indicatore è uno dei più significativi per gli economisti, in quanto misura il valore totale della produzione di fabbriche, miniere e servizi pubblici – in altre parole, un’enorme quantità di attività. Nei primi due mesi dell’anno è aumentato al ritmo più veloce nell’ultimo biennio e gli analisti prevedono un aumento del 6% a marzo rispetto all’anno precedente.
Un indicatore complementare è la produzione di energia, che tende a essere correlata ai dati industriali, dal momento che è il settore che registra il maggior consumo di energia. “Gli economisti cercano altri numeri per confermare o ricontrollare i dati del governo sulla crescita economica”, ha affermato Larry Hu, capo economista cinese presso Macquarie Group Ltd.
La produzione di energia è in ripresa da quando la Cina ha riaperto dalle restrizioni legate al Covid più di un anno fa. Il crollo dei prezzi del carbone ha reso gli impianti più disposti a produrre e il consumo di energia è migliorato negli ultimi mesi.
2. Settore immobiliare
La stabilizzazione del mercato immobiliare, dove le famiglie cinesi hanno depositato vaste riserve di ricchezza, è fondamentale per la ripresa economica della nazione: una mossa del genere aumenterebbe il sentiment, incoraggerebbe la spesa dei consumatori e stimolerebbe maggiori investimenti.
Tuttavia il raggiungimento di questo traguardo appare lontano. Le vendite di case sono crollate del 33% in valore nel periodo gennaio-febbraio rispetto a un anno fa, il massimo da maggio 2022, e probabilmente si contrarranno nuovamente a marzo. Le vendite di nuove case sono considerate un indicatore importante del sentiment, degli investimenti e dei prezzi, ha affermato Haibin Zhu, capo economista cinese presso JPMorgan Chase & Co.
“Le vendite di nuove case sono ancora molto deboli, il che conferma la nostra previsione di un terzo anno consecutivo di contrazione dell’attività immobiliare”, ha aggiunto. Anche la contrazione degli investimenti immobiliari è peggiorata a marzo, nonostante le autorità abbiano allentato le regole sull’acquisto di case per incoraggiare le vendite.
3. Pil
L’economia cinese attraversa una fase deflazionistica dallo scorso anno, con una crescita dei salari e dei prezzi debole. Il calo dei prezzi alla produzione del mese scorso indicava una maggiore pressione deflazionistica in vista. Anche i prezzi al consumo si aggirano vicini alla soglia negativa.
Ecco perché il Pil nominale è importante, secondo Robin Xing, capo economista cinese presso Morgan Stanley.
Il tasso nominale viene utilizzato anche per calcolare il deflatore del Pil cinese, la più ampia misura della crescita dell’economia. Tre quarti del calo dello scorso anno hanno segnato la diminuzione più lunga dal 1999, sottolineando la divergenza dell’economia cinese con il suo più grande rivale, gli Stati Uniti, dove l’inflazione elevata si sta rivelando difficile da battere.
Da considerare anche l’analisi degli analisti di Statista. Nel 2022, il prodotto interno lordo (PIL) della Cina ammontava a circa 17,9 trilioni di dollari. Rispetto al Pil degli altri Paesi BRIC, India, Russia e Brasile, quell’anno la Cina arrivò al primo posto e al secondo posto nella classifica mondiale. Nel 2022, il Pil pro capite in Cina ha raggiunto circa 12.670 dollari Usa.
L’economia cinese cresceva rapidamente in passato, ma il tasso di crescita del Pil reale cinese è gradualmente rallentato negli ultimi anni e si prevede che la crescita del PIL su base annua si attesterà solo attorno al 4% negli anni successivi al 2023.
4. Crescita del credito
Anche se il settore manifatturiero sembra solido, c’è una netta mancanza di fiducia nei prestiti. I nuovi prestiti bancari sono aumentati al ritmo più lento mai registrato a marzo, suggerendo che le aziende e le famiglie non stanno ancora avvertendo una piena ripresa. Nel frattempo, un’ampia misura del credito si è espansa al ritmo più lento di sempre, secondo i dati risalenti al 2017.
“Lo scarso impulso creditizio è indice di persistenti freni sull’attività”, ha affermato Frederic Neumann, capo economista per l’Asia presso HSBC Holdings Plc. “Un ciclo di ripresa senza credito sarà difficile da sostenere”.
5. Mercato del lavoro
La Cina ha un altro problema radicato: un mercato del lavoro debole. Il tasso di disoccupazione è aumentato negli ultimi mesi e molti lavoratori più giovani sono ancora in difficoltà.
Ci sono anche recenti segnalazioni di licenziamenti in alcune parti del Paese. I salari offerti ai nuovi dipendenti sono aumentati nel primo trimestre dopo aver registrato un calo record alla fine del 2023, offrendo un barlume di speranza ai lavoratori.
Salari più alti segnalerebbero la reflazione e che “le aziende stanno assumendo e investendo e il mercato del lavoro sta diventando più rigido”, ha affermato Xing di Morgan Stanley. Sarebbe “un buon segno che la Cina può uscire dal suo ciclo di deflazione”.
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