Non è incostituzionale l’art. 1, comma 198, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di Bilancio 2023).
Non è incostituzionale l’art. 1, comma 198, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di Bilancio 2023), il quale dispone che nelle controversie tributarie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito della copia della domanda di definizione agevolata e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo debba essere dichiarato estinto.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 189/2024 depositata giovedì scorso, 28 novembre.
La Corte Costituzionale conferma la definizione agevolata delle liti tributarie
I giudici delle leggi, in particolare, hanno ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale della citata norma, contenuta nella Manovra 2023, sollevate – con riferimento agli articoli 3, 24, 53 e 111 della Costituzione - dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e del Lazio.
Nell’occasione la Consulta ha sottolineato tra l’altro che la declaratoria di estinzione del processo, che la disposizione censurata correla al deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, “è frutto di una scelta del Parlamento non irragionevole, volta a favorire l’immediata chiusura delle controversie tributarie pendenti e a incentivare i pagamenti non ancora eseguiti, senza determinare alcun effetto preclusivo del diritto di azione o difesa, né una lesione della parità delle parti nel processo”.
Con riferimento all’ipotesi in cui la dichiarazione di estinzione avvenga a seguito del pagamento della sola prima rata, è escluso – questo il ragionamento della Corte - “che ne discenda il venir meno del credito tributario residuo”. Tale conclusione si fonda sulla circostanza che è la norma stessa (il precedente comma 194) a rinviare ad altre disposizioni che consentono la nuova iscrizione a ruolo degli importi non pagati, maggiorati di interessi e sanzioni.
La pronuncia in commento ha inoltre escluso una violazione del principio di capacità contributiva, “in quanto la disciplina della definizione agevolata (…) non si riduce a un intervento contrario al valore costituzionale del dovere tributario, né tale da recare pregiudizio al sistema dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione”.
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