“La Fasan - spiega l’analista Amedeo Maddaluno - non andrà in una semplice missione di pattugliamento e deterrenza, ma in una parte del mondo dove si spara”.
Un altro pezzetto di quella “Terza guerra mondiale a pezzi” più volte evocata da Papa Francesco. Dopo la guerra in Ucraina e il conflitto a Gaza tra Israele e Hamas, a riprova del crescente disordine internazionale, cresce la tensione nel Mar Rosso a seguito degli attacchi alle navi commerciali perpetuati dai ribelli sciiti Houthi dello Yemen. Gli Houthi, che da settimane prendono di mira cargo e petroliere occidentali come rappresaglia verso Israele, hanno avvertito che continueranno a colpire “ogni 12 ore”.
Un episodio particolarmente grave si è registrato lo scorso 11 dicembre, quando una nave cisterna norvegese è stata ripetutamente da un drone guidato dagli Houthi, vicino allo stretto di Bab El-Mandeb, dopo che l’imbarcazione era già stata colpita da un missile da crociera. Gli Houthi si sono assunti la piena responsabilità dell’attacco. Hanno affermato che la petroliera era diretta in Israele, mentre in realtà era diretta nella direzione opposta, verso il Canale di Suez, in transito verso l’Italia. Come spiega Stephen Bryen, esperto di Difesa ed ex sottosegretario dell’amministrazione Reagan, gli stretti e il Mar Rosso sono vie di navigazione internazionali: pertanto, gli attacchi degli Houthi violano il diritto del mare e gli attacchi alle navi mercantili sono veri e propri atti di guerra, come comunemente inteso. Secondo l’occidente, i ribelli sciiti operano per conto dell’Iran al fine di isolare Israele, impegnato nel conflitto a Gaza contro Hamas.
La coalizione anti-Houthi
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