La metafisica del Grande Reset

Armando Savini

31/05/2023

Il capitalismo deve sopravvivere ad ogni costo, anche al costo di abbattere quei sistemi liberal-democratici che lo hanno sostenuto e sostentato.

La metafisica del Grande Reset

Nel precedente articolo “Le radici del Grande Reset. Da Malthus a Bergoglio”, abbiamo esaminato le dinamiche perlopiù economiche, politiche sociali del Great Reset, domandandoci se la ragione delle politiche di de-popolamento e de-industrializzazione non fosse da ricercare nell’ordine metafisico. Per quanto il mondo del pensiero filosofico e dell’azione possano sembrare distinti e distanti, in realtà sono misteriosamente connessi. Le azioni derivano dai giudizi e questi derivano dalla propria visione del mondo. L’economia e la finanza, benché per molti, immersi nel materialismo, costituiscano le mete finali, per altri sono solo gli strumenti per perseguire obiettivi di ordine metafisico, condizionato da alcune credenze e visioni del mondo. Nelle società contemporanee, narcotizzate dal meccanicismo e dal linearismo, tutto ciò che è intangibile viene relegato nell’indifferenza e etichettato come “oppio dei popoli”. In realtà è proprio il materialismo e, soprattutto, il meccanicismo che alienano le persone dalla realtà, astraendole da ogni visione metafisica. Perché l’economia possa porsi al servizio dell’umanità, è necessario in primo luogo sapere chi è l’uomo (antropologia), ma questo è possibile comprenderlo solo alla luce della metafisica. Il mondo delle idee si contende tra due roccaforti, due diversi paradigmi interpretativi della storia universale, che si fondano su due opposti giudizi sull’essere. In questi ultimi tempi stiamo assistendo allo scontro finale, a una guerra ideologica senza esclusione di colpi tra pensiero ortodosso e pensiero gnostico, tra la civiltà cristiana e quella che molti hanno definito la civiltà dell’anticristo, figura emblematica che ho già esaminato nel mio ultimo libro “L’ultimo anticristo. Identikit dell’uomo più diabolico della storia secondo le profezie antiche e moderne”.

COMPLESSITÀ E CONTROLLO
Il capitalismo deve sopravvivere ad ogni costo, anche al costo di abbattere quei sistemi liberal-democratici che lo hanno sostenuto e sostentato in tutti questi anni. Il capitalismo per sopravvivere ha bisogno di cambiare organismo ospite, allo stesso modo in cui la gnosi penetra ogni forma di pensiero contaminandola dall’interno. Ma perché il capitalismo dovrebbe abbandonare il sistema liberal-democratico, instaurare una dittatura mondiale e de-popolare il pianeta per la propria sopravvivenza? La risposta ce la forniscono gli stessi modelli liberisti, fabbricati dalle superbe menti lineari che credono – illusoriamente – di poter controllare la realtà non lineare, molto più complessa dei loro astrusi pensieri. “Infermi onnipotenti” intenti a forgiar trappole analitiche al solo fine di dominare il mondo, prevedendone gli stati futuri in vista della massimizzazione del profitto. Parafrasando Edgar Morin, possiamo dire che l’obiettivo del grande Kapitale internazionale consiste nello scartare come epifenomenico tutto ciò che non rientra nel suo schema semplificatore. Se il mondo è complesso, tanto peggio per il mondo: lo semplifichiamo, riducendolo ai minimi termini. Standardizziamo le persone facendone degli anonimi consumatori, gli imponiamo degli algoritmi, restringiamo le loro libertà e condizioniamo la loro volontà, facendo loro credere di essere ancora liberi. Li depotenziamo socialmente e li potenziamo tecnologicamente, rendendoli degli automi. Ma non basta. Per ridurre la complessità è necessario rompere le relazioni, perché sono queste che rendono un sistema sociale superiore alla somma delle sue parti, e quindi un sistema complesso. Dati sette miliardi di individui, se li rendiamo tutti uguali, liquidi e asettici, avremo ridotto il numero di variabili nel sistema di equazioni, rendendo tutto più facile da prevedere e controllare ai fini della speculazione, che è il fattore determinante l’instabilità del capitalismo. [...]

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