Pagare con le crypto, e non solamente online, si può. Le opportunità ci sono, al pari di renitenze e limiti. Ma il momento per organizzarsi è adesso.
Pagare con le criptovalute, e non solamente online, si può. Le opportunità sono tante, quante, va detto, i limiti tecnici da superare, i regolamenti ancora da fare, soprattutto le renitenze da vincere.
Ma è il momento di organizzarsi per poter utilizzare le crypto anche per i micropagamenti per i consumi in presenza al ristorante, al bar, nei negozi, negli hotel, nelle strutture attrattive: abbiamo già i pionieri in Italia.
Ma chi sono i soggetti in campo e che regole bisogna conoscere? Iniziamo con fare il punto della situazione, partendo proprio dalla cronaca.
E alla fine anche il Bahrain autorizzerà i pagamenti in bitcoin
Con passo ponderato, senza farsi prendere dalla fretta, il Bahrein ha deciso di introdurre i pagamenti in bitcoin. È notizia di questa settimana, infatti, che il fornitore di infrastrutture cosiddette di «Bitcoin-as-a-payment» OpenNode, è stato incaricato di testare una soluzione di elaborazione di pagamenti in bitcoin tramite la sandbox della banca centrale del regno arabo, la CBB, Central Bank of Bahrain.
L’interesse per i pagamenti in crypto è crescente in tutta l’area del Medio Oriente e Golfo Persico, con Dubai a fare da catalizzatore, ma finora i pagamenti in bitcoin erano stati inesistenti nella nazione insulare.
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Al Bahrain, peraltro, viene da molti riconosciuto il merito di aver sviluppato la prima vera economia post-petrolifera nell’area del golfo, con l’affermazione dell’industria del turismo e il potenziamento del settore bancario.
Nel 2017 la CBB lanciò il Regulatory Sandbox per sviluppare l’ecosistema fintech del paese puntando alla creazione di un’ampia economia digitale.
La CBB ha così autorizzato OpenNode a partecipare al nuovo Regulatory Sandbox Framework che consente alle aziende fintech di testare le proprie soluzioni.
Ora, dunque tocca introdurre le transazioni basate su bitcoin, con il mandato (e la sorveglianza) della locale banca centrale.
Il caso OpenNode per i pagamenti in bitcoin
Il caso della scelta di OpenNode per creare una infrastruttura di pagamento per le crypto è indicativo.
Solamente pochi mesi fa la piattaforma di pagamento aveva avviato una partnership con Primer, per consentire ai commercianti di tutto il mondo di accettare bitcoin come mezzo di pagamento per prodotti e servizi, aderendo ai servizi della piattaforma di automazione per il commercio e i pagamenti diffusa a livello mondiale.
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“Reinventare i pagamenti e dare un valore nuovo a commercianti e aziende di tutto il mondo”: è questo il manifesto strategico di OpenNode, che non ha avuto difficoltà ad ammettere che di integrare i pagamenti bitcoin è parte costituente di questa strategia.
Per metterla in atto OpenNode punta sulla Lightining network, rete di secondo livello, più rapida nell’elaborazione. Fondata su basi decentralizzate, peer-to-peer e open source, la Lightning Network consente pagamenti in bitcoin su larga scala.
La Lightning Network utilizza canali di pagamento off-chain per instradare ed eseguire transazioni bilaterali con un throughput più elevato e un costo minimo: le transazioni vengono registrate sulla catena solo dopo la chiusura di un canale di pagamento.
Nell’ecosistema Lightning Network, in sostanza, centinaia di migliaia di transazioni possono essere elaborate al secondo a costo quasi zero. Così i pagamenti beneficiano di un regolamento istantaneo, senza frodi o costi di addebito e con la sicurezza garantita dalla chain di base di Bitcoin.
Anche la BCE pensa a far pagare con la moneta digitale
La rete che gestisce i pagamenti è l’asset fondamentale. Quella di bitcoin è basata su un protocollo peer to peer, senza server centrali, che permette a chiunque di trasferire un satoshi (un bitcoin è fatto da 100 milioni di satoshi) ossia l’unità più piccola di bitcoin, memorizzando la transazioni nella blockchain, che altro non è che un database distribuito.
Ma importante è anche il modo con cui si trasferiscono i soldi sulla rete, ossia le interfacce.
È notizia recente che operatori come Nexi, Epi, Worldline, CaixaBank e Amazon sono stati incaricati dalla Banca Centrale Europea di avviare le prime prove tecniche di pagamento per quello che sarà l’euro digitale, ossia la moneta non più fisica, che molti interpretano come la risposta della BCE alle crypto.
Le transazioni saranno testate utilizzando i prototipi cosiddetti di front-end, ossia di collegamento dell’utente con la rete sottostante attraverso l’interfaccia dell’Eurosystem e l’infrastruttura di back-end.
E saranno pagamenti peer-to-peer, di e-commerce e simulati nei negozi (di questi si occuperà Nexi). Come sarà andato il test lo scopriremo nella primavera dell’anno prossimo. Ma intanto è un inizio, significativo: vuol dire che anche i banchieri centrali pensano che si possa pagare i consumi con una valuta digitale.
Come si spende in bitcoin e in crypto
Bitcoin dunque, anzi, satoshi (10 alla meno 8), è l’emblema del pagamento di un bene o di un servizio con le crypto.
Bitcoin, ricordiamolo non è una moneta a corso legale in Italia, ma può essere accettato come strumento pagamento se il venditore è disponibile ad accettarlo.
Pagare in bitcoin, e per estensione, in crypto, non è obbligatorio, ma è consentito.
Per inviare e ricevere pagamenti in valuta virtuale serve avere un wallet; un portafoglio digitale che si appoggia a conto criptato a cui si accede attraverso password. Il wallet memorizza le chiavi pubbliche e private che consentono all’utente di gestire le crypto.
Qui ricordiamo la distinzione fra hot e cold wallet: i primi (tanti) sono collegati a internet, veloci, ma più esposti ad attacchi; i cold wallet risiedono in un token fisico da collegare al momento della transazione (procedura più sicura, ma che rallenta la fase di pagamento).
Per effettuare pagamenti in bitcoin serve l’indirizzo del destinatario o il suo QR code: basta copiare l’indirizzo bitcoin e incollarlo nel campo dedicato del wallet, digitare la quantità di valuta virtuale da inviare e procedere.
La transazione viene generalmente eseguita in pochi secondi con commissioni direttamente proporzionali al tempo di conclusione.
29961. Sono gli esercizi commerciali e i punti di prelievo Atm che alla data del 15 settembre 2022 utilizzano le crypto nel mondo secondo il servizio di mappatura di Coinmap.org.
C’e di tutto, il sito censisce gli Atm, i servizi di trasporto, i centri sportivi, i negozi, le attrazioni, i negozi di alimentari, gli hotel, i B&B, i ristoranti, i locali.
Il servizio QuiBitcoin, invece, ne mappa in Italia 944, la maggior parte in Triveneto, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. Come Coinbar di Roma, locale dove il caffè al bar, il pranzo al bistrot, la spesa al mimimarket annesso specializzato in prodotti bio sia paga con bitcoin, ethereum, litecoin, usdcoin, bitcoin cash.
Non siamo soli «nell’universo»: dove si usano le crypto
Dunque le crypto possono essere usate e sono in uso, come mezzo di pagamento. A livello di adozione delle criptovalute ’Italia a livello mondiale si posiziona al 51esimo posto della classifica Global Crypto Adoption Index di Chainalysis.
Lo studio misura quante persone (investitori individuali) collocano la maggiore quota della propria ricchezza in criptovalute.
Si tratta, in sostanza, di un indice di popolarità, che è il viatico affinché le crypto vengano utilizzate come mezzo di pagamento..
Ai primi venti posti della classifica ci sono solamente due paesi Stati Uniti e Regno Unito, che secondo la tassonomia della Banca Mondiale sono ad alto reddito, mentre otto sono a reddito medio alto (Brasile, Thailandia, Russia, Cina, Turchia, Argentina, Colombia ed Ecuador) e ben dieci paesi sono a reddito medio basso (Vietnam, Filippine, Ucraina, India, Pakistan, Nigeria, Marocco, Nepal, Kenya e Indonesia).
Nei Paesi a medio reddito si usano le crypto per inviare rimesse, preservare i propri risparmi in tempi di volatilità della valuta e altre esigenze finanziarie, mentre nel leader della classifica, il Vietnam, le crypto sono estremamente popolari, e utilizzate da buona parte della popolazione, al pari di DeFi e scambi P2P.
Tutto questo sta a significare che le crypto stanno diventando il mezzo valutario preferito in quella parte di mondo abitata da un alto numero di persone e dove i conti bancari non sono diffusi.
Sono sulla strada per diventare il futuro nuovo circolante per una grande massa di persone. Una dimensione macroeconomica di cui tenere conto anche in una micro economia dello scambio quotidiano a queste latitudini.
Inserire le cripto come metodo di pagamento digitale con ogni i probabilità non sarà mai un obbligo, ma è e rimarrà sicuramente un’opzione per comunicare e avere una relazione commerciale globale.
Cashless & Criptovalute
24 ottobre 2022
Eataly, Porta Garibaldi (Milano)
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