Il crollo dell’S&P 500 è legato a un comparto particolare: quello «tech». Si parla infatti di mean reversion, o «rotazione settoriale». Cosa significa per i tuoi investimenti?
Il prezzo dell’S&P 500 ha subito una contrazione di oltre il 5% dai suoi massimi, e in molti si domandano se le sessioni negative siano finite o meno, e se l’S&P 500 sia già tornato a valori «equi». Secondo molti analisti, la mean reversion, ovvero il ritorno a valori «medi», potrebbe richiedere più tempo rispetto a quanto ne sia già passato.
Si potrebbe dare la colpa ai dazi di Trump, ai tassi della Fed o all’improvviso cambio di marcia del GDP Nowcast della Fed di Atlanta, ma la realtà è più complessa. Il mercato ha registrato una correzione perché le aspettative di crescita erano state eccessive rispetto alle reali possibilità economiche e adesso che le condizioni sono cambiate, c’è bisogno di ricontattare un prezzo equo.
C’è, tuttavia, un fattore chiave in questa correzione che sembra essere sfuggito a molti. Se scomponiamo l’S&P 500 in settori, risulta evidente che il principale motore della flessione è stato il comparto tecnologico, in particolare le «Magnifiche Sette» (Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Nvidia, Meta e Tesla). Questo elemento non è solo un dettaglio tecnico, ma un segnale importante per comprendere la natura del ribasso e le sue possibili implicazioni future. Cosa potrebbe significare?
Il peso del settore tecnologico sull’intero mercato
Uno dei principali problemi associati al mercato azionario è lo sbilanciamento della valutazione dell’S&P 500: l’indice ha un rapporto prezzo/utili (P/E) che supera il 91esimo percentile rispetto alla media degli ultimi 10 anni, un chiaro segnale di sopravvalutazione. Anche il forward P/E, pur scendendo grazie a stime di crescita superiori al 10%, rimane elevato, posizionandosi sopra l’80% dei valori storici.
Scomponendo l’indice, è facile trovare un colpevole di queste sovra valutazioni, un settore che rende disomogenea la distribuzione delle valutazioni. Questo settore è il tecnologico, con un P/E anch’esso superiore al 91esimo percentile rispetto alla sua media storica. Ciò suggerisce che la recente correzione dell’S&P 500 è una conseguenza diretta del ridimensionamento delle valutazioni del settore tech, piuttosto che un declino generalizzato dell’intero mercato. In altre parole, visto che il settore tecnologico è stato il principale responsabile della crescita dell’indice negli ultimi anni, adesso è anche il più vulnerabile a una correzione.
Il ribilanciamento della market cap e le sue implicazioni
Analizzando la capitalizzazione di mercato, si nota un altro elemento chiave: le «Magnifiche Sette» hanno ridotto il loro peso nell’S&P 500 con la recente correzione, passando da circa il 35% della market cap dell’indice a quasi il 30%. Questo suggerisce che il mercato sta già procedendo con un ribilanciamento naturale, riducendo l’eccessiva concentrazione di capitali in poche aziende tech.
Non a caso, in questi giorni, mentre i titoli growth, in particolare quelli tecnologici, subiscono una contrazione, i titoli value hanno registrato un andamento positivo, segnalando un possibile spostamento del capitale verso settori più stabili. Questo fenomeno è noto come rotazione settoriale e ciclica.
Un altro segnale di cambiamento è l’aumento del valore dei Treasury e dell’intero comparto obbligazionario. Ciò è legato a un altro squilibrio: l’Equity Risk Premium (ERP), ovvero il rendimento atteso delle azioni rispetto ai Treasury, è sceso al di sotto del rendimento dei titoli di Stato statunitensi. Questo ha reso l’investimento in azioni meno attraente rispetto ai Treasury, spingendo gli investitori a riconsiderare il loro asset allocation.
In altre parole, il mercato sta vivendo un momento di transizione. Gli investitori stanno riducendo la loro esposizione ai titoli growth e ribilanciando i portafogli verso asset più difensivi, come le obbligazioni. Questo processo potrebbe continuare nei prossimi mesi, soprattutto se le valutazioni dei titoli tecnologici rimarranno elevate rispetto alla media storica.
Questo è un ribilanciamento sufficiente?
Per capirlo potremo guardare la dimensione degli utili attesi per le società tech. Mentre le valutazioni si sono leggermente ridotte, gli utili per azione (EPS) delle aziende statunitensi non hanno subito ancora un forte ridimensionamento. Secondo FactSet, le previsioni sugli EPS sono in calo da agosto, ma rimangono superiori alla media storica, specialmente per il settore tecnologico. Le stime di crescita dell’e partecipazioni dell’ETF VGT di Vanguard indicano un incremento degli EPS del 27% per il 2025, superiore alla media storica del 17%.
Questo dato è cruciale: nonostante il recente calo del settore tech, le aspettative di crescita degli utili rimangono elevate, ed è probabilmente un fattore positivo per l’S&P 500. In sintesi, il mercato ha iniziato un processo di ribilanciamento, ma potrebbe non essere ancora giunto al termine.
Quindi si tratta di una caduta “genuino” oppure siamo davvero alle porte di una crisi?
Il fattore a oggi da tenere a mente, è che il recente calo dell’S&P 500 è stato guidato principalmente dal settore tecnologico, che ha subito una correzione più marcata rispetto al resto del mercato. Questo ridimensionamento è dovuto a valutazioni eccessive e a un progressivo ribilanciamento del capitale verso settori più difensivi.
Ciò potrebbe implicare che il crollo dell’S&P 500 non è necessariamente un segnale di recessione imminente, ma piuttosto un fenomeno di mean reversion all’interno di un mercato ancora solido. Tuttavia, il processo potrebbe non essere ancora concluso, soprattutto considerando che i P/E del settore tecnologico restano elevati rispetto alla media storica.
Gli investitori dovrebbero quindi prestare attenzione alla dimensione degli EPS sul settore tech. Se le valutazioni dovessero continuare a ridursi e gli utili aziendali non dovessero confermare le aspettative di crescita, il mercato potrebbe essere destinato a una ulteriore fase di volatilità.
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