Cosa rischia chi usa Chat Gpt all’Università e quando questo comportamento è legale.
Non c’è nulla di sbagliato nell’utilizzo degli strumenti a propria disposizione per imparare e studiare con più facilità. L’intelligenza artificiale, come Chat Gpt, può fornire un aiuto davvero valido agli studenti. Ovviamente, bisogna farne uso nel modo appropriato, a seconda delle richieste e delle proprie esigenze. Chat Gpt, così come nessun altro strumento di AI generativa, non deve mai sostituirsi allo studente né ostacolare il corretto percorso di apprendimento e formazione. C’è una bella differenza tra chiedere un’analisi del proprio scritto per comprendere gli errori e affidarsi completamente al chatbot per la scrittura, tanto per esempio.
Il rispetto di questo confine intacca non soltanto l’aspetto etico e i risultati nella preparazione scolastica, ma può riguardare anche la dimensione legale. Le conseguenze dell’abuso (o dell’uso inappropriato) di Chat Gpt sono sempre più evidenti agli studenti italiani, tra cui gli universitari di Ferrara che si sono visti annullare l’esame di Scienze motorie proprio a causa di qualcuno che ha copiato, invalidando i test. Vicende simili non sono nuove, ma l’accessibilità dell’intelligenza artificiale e il suo continuo sviluppo rendono il tema sempre più attuale, soprattutto per il modo in cui tanti guardano alla questione, che è tutt’altro che superficiale.
È legale usare Chat Gpt all’università?
Non è possibile stabilire a priori se l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale all’università o in altro ordine scolastico sia legale o meno. Cosa intendiamo per legale? Questo termine riguarda un’azione che non va contro alle regole previste dal nostro ordinamento, cioè alle leggi che regolano i vari aspetti della vita e dei rapporti tra cittadini. Tendenzialmente, copiare a scuola, con Chat Gpt o qualsiasi altro mezzo non intacca la dimensione della legalità, cioè non contrasta con nessuna norma prevista dal nostro ordinamento. Esistono comunque delle eccezioni, che peraltro non sono nemmeno da sottovalutare.
Bisogna sapere che il riferimento legislativo per questo genere di situazioni è la legge n. 475/1925, il cui primo articolo definisce quanto segue:
Chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche Amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l’abilitazione all’insegnamento od all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno.
In altre parole, commette reato chi copia a un esame di Stato per il conseguimento di un titolo o abilitazione. Usare Chat Gpt per scrivere la tesi di laurea o superare l’esame di maturità, per esempio, sono a tutti gli effetti dei reati. Al contrario, la norma non punisce in alcun modo eventuali plagi o escamotage simili avvenuti durante il percorso di studi per il conseguimento del titolo stesso. Per questo motivo non sono punibili, almeno dal punto di vista penale, le condotte eventualmente sorprese nelle fasi intermedie della formazione. Copiare a una verifica o a un esame universitario, dunque, non è un reato.
La stessa legge, inoltre, punisce anche chi aiuta lo studente ad aggirare le regole. Ovviamente chi si avvale di Chat Gpt non dovrebbe essere interessato dalla questione, a meno che nell’azione si faccia aiutare da qualcuno. In ogni caso, finché non si tratta della laurea, usare Chat Gpt all’università è legale, pure quando contrario agli obblighi dello studente e controproducente per la sua formazione. Questo particolare comportamento non è infatti vietato nemmeno nel campo civile, non rappresentando quindi un illecito. Questo chiaramente non significa che gli universitari sorpresi a utilizzare Chat Gpt per superare un esame siano esenti da qualsiasi conseguenza. Al di là dell’auto-sabotamento della propria formazione, gli studenti possono ricevere sanzioni disciplinari da parte dell’ateneo, proprio come l’annullamento della prova.
© RIPRODUZIONE RISERVATA