Legge di Bilancio 2020: qualcosa non torna. In un’intervista di Tria dello scorso agosto, in piena crisi di Governo, l’ex Ministro dell’Economia ha parlato di clausole per disattivare l’aumento dell’IVA pari a 15/16 miliardi invece dei 23 trovati da Conte. Dov’è finito il tesoretto di cui parlava l’ex ministro e pari a 7/8 miliardi di euro?
Lo scorso mese di agosto, in piena crisi di Governo e in aria di elezioni, l’incubo che aleggiava su tutti era l’aumento dell’IVA.
A questo proposito, l’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria aveva rilasciato un’intervista al Corriere della Sera a fine agosto, comunicando buone notizie: non ci sarebbe stata necessità di trovare 23 miliardi di euro per disattivare le clausole dell’aumento IVA, bensì “solo” 15/16.
Giovanni Tria ha fatto riferimento, insomma, a un ammontare di 7/8 miliardi di euro che nella prossima Legge di Bilancio 2020 non ci si sarebbe dovuti preoccupare di trovare.
Lo scenario politico, nel frattempo, è cambiato: le elezioni sono state scongiurate, l’aumento dell’IVA pure, e la Legge di Bilancio in questi giorni sarà presentata in Parlamento.
Di questi 7-8 miliardi in più non se n’è più parlato. Che fine ha fatto il “tesoretto” di Tria?
Legge di Bilancio 2020 e clausole di salvaguardia IVA. Dov’è finito il «tesoretto» di Tria?
Gli ultimi mesi sono stati parecchio intensi per la politica italiana.
Da agosto ad oggi è caduto il primo Governo Conte, si è temuto l’aumento per l’IVA, si è spinto per nuove elezioni.
Alla fine è sorto il secondo Governo Conte, è cambiata la maggioranza, l’aumento dell’IVA è stato scongiurato.
L’aumento dell’IVA è stato l’incubo dei contribuenti, finché il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il 30 settembre ha dichiarato che erano riusciti a trovare i 23 miliardi di euro necessari per disinnescarne le clausole di salvaguardia.
Ma giusto un mese prima, il 25 agosto per la precisione, l’ex Ministro dell’Economia Giovanni Tria aveva rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, in cui affermava che le risorse da trovare per evitare l’aumento dell’IVA ammontavano a 15/16 miliardi, e non a 23.
Le ragioni erano state spiegate dallo stesso Tria:
- minori spese per Quota 100 e reddito di cittadinanza;
- miglioramento dei conti pubblici;
- maggiori entrate tributarie.
Nel cosiddetto Decreto Salva conti, ovvero il decreto del 22 luglio 2019, si legge che il Governo italiano ha previsto una serie di misure a correzione del saldo di bilancio
“pari a 7,6 miliardi di euro (0,42% del PIL) in termini nominali, corrispondente a 8,2 miliardi di euro (0,45% del PIL) in termini strutturali.”
In particolare, si tratta di un maggior gettito rispetto alle previsioni per circa 6,2 miliardi di euro, grazie anche ai risparmi attesi nel 2019 dal minor utilizzo delle risorse per il reddito di cittadinanza e Quota 100.
Per far sì che queste misure si realizzino in modo effettivo è stato previsto un importo di 1,5 miliardi di euro nel 2019.
Legge di Bilancio 2020: il «mistero» del tesoretto scomparso
Nella Legge di Bilancio 2020 sono state confermate sia Quota 100 che il reddito di cittadinanza.
In attesa del testo ufficiale della Manovra, così da avere dati certi alla mano con cui raffrontare le risorse dedicate alle suddette misure, la domanda è sempre la stessa: dov’è finito il tesoretto di Tria di 7/8 miliardi di euro?
Sulle maggiori entrate tributarie previste da Giovanni Tria, il riferimento è da contestualizzare nelle conseguenze della pace fiscale.
Molti proventi previsti derivano, infatti, dalla rottamazione ter e dal saldo e stralcio delle cartelle.
Altre risorse arriveranno con l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica anche per i forfettari, anche se solo da 30.000 euro in poi e a partire dal 2020.
Insomma, i conti per ora proprio non tornano e sembra che tutti si siano dimenticati del “tesoretto” di Tria. È anche vero che in quel periodo si pensava fossero vicine le elezioni, e quindi potrebbe essere stata un’affermazione da “campagna elettorale”...
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