La lettera di richiamo è un provvedimento disciplinare a disposizione dell’azienda, per contestare condotte irregolari del dipendente e per imporre il rispetto degli accordi contrattuali.
Come è ben noto, i rapporti di lavoro sono caratterizzati da una serie di diritti e obblighi, riguardanti sia la figura del datore di lavoro, sia quella del lavoratore subordinato. Quest’ultimo in particolare è tenuto al rispetto delle regole di legge, del CCNL e aziendali in merito ad aspetti come, ad esempio, l’orario di lavoro, l’uso personale del telefono o del computer, la presentazione dei certificati medici.
Talvolta però il comportamento del lavoratore può rivelarsi non perfettamente aderente al quadro di doveri collegati al rapporto di lavoro. Pensiamo ai non rari casi di arrivo in ritardo sul luogo di lavoro, oppure alla tardiva presentazione di certificati medici. Ebbene, in queste circostanze e in tante altre in cui il comportamento è stato scorretto ma non particolarmente grave, esiste una contestazione disciplinare ad hoc - la lettera di richiamo - che mira a richiamare l’attenzione del lavoratore su determinati suoi gesti e comportamenti, contrari al buon andamento del rapporto di lavoro.
D’altronde l’ambiente lavorativo impone il rispetto di varie regole, ed è per salvaguardarle che in certi casi può rivelarsi necessario ricorrere a sanzioni conseguenti a comportamenti scorretti in ufficio. Ma prima ancora delle sanzioni, indicate dalla legge, può rivelarsi utile ed opportuna la citata lettera di richiamo.
Ecco perché di seguito intendiamo focalizzarci proprio su questo provvedimento, onde fare chiarezza sulle circostanze in cui inviarlo, sulle modalità, sulle ragioni a fondamento e sulle conseguenze che derivano dalla sua emissione. I dettagli.
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Lettera di richiamo: che cos’è in sintesi e l’obbligo della forma scritta
La lettera di richiamo, che prende anche il nome di ammonimento scritto, consiste di fatto in un provvedimento disciplinare, da realizzarsi sempre in forma scritta e da sottoscrivere da parte dell’azienda. Infatti, il datore di lavoro ha il dovere di consegnare la lettera di richiamo al dipendente richiamato.
Ricordiamo che, in ogni caso, un atto di violazione delle regole sul posto di lavoro può essere ripreso o sanzionato esclusivamente con i provvedimenti previsti dalla legge e dai CCNL. E tra questi ovviamente trova posto la lettera di richiamo.
In particolare, all’interno di detta comunicazione il datore di lavoro deve specificare i seguenti elementi:
- il comportamento contestato al lavoratore;
- la richiesta di modifica da parte del lavoratore;
- le eventuali conseguenze giuridiche.
Come accennato in precedenza, si tratta di un provvedimento emesso in caso di violazioni non gravi, al quale può seguire eventualmente l’applicazione di una vera e propria sanzione disciplinare. In altre parole, l’ammonimento scritto consiste in uno dei primi passi, e sicuramente di costi assai esigui, mirati a evitare eventuali attriti tra azienda e datore di lavoro. La lettera di richiamo intende appunto contestare un comportamento illegittimo del lavoratore, dando allo stesso la possibilità di porre immediato rimedio. Il documento può essere consegnato a mano o tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.
In verità però esiste un provvedimento ancora più lieve, che può essere adottato dall’azienda, e che prende il nome di richiamo verbale. Esso altro non è che un avviso orale, con cui il datore pacatamente e dettagliatamente ricorda le regole da rispettare a seguito della sottoscrizione del contratto di lavoro.
La lettera di richiamo deve essere redatta con molta precisione. Non è dunque possibile restare vaghi e va indicato in modo molto specifico che cosa è successo e perché viola il patto con l’azienda.
Il lavoratore ha la possibilità di rispondere alla contestazione da parte dell’azienda, di solito entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione della stessa.
Lettera di richiamo: le conseguenze dopo la ricezione del documento e la risposta del lavoratore
Alla lettera di richiamo o ammonimento scritto, relativo ad un’azione del dipendente che viola il contratto di lavoro e più in generale la policy aziendale, il lavoratore è chiamato a dare risposta. Infatti, oltre alla fase della consegna della contestazione scritta del datore di lavoro, sussiste la ulteriore fase della verifica della risposta del lavoratore alla segnalazione aziendale.
L’ammonimento scritto in oggetto non costituisce infatti un mero esercizio di potere, giacché - come in precedenza accennato - al lavoratore che la riceve è consentito di rispondere alla contestazione. Egli dovrà chiarire il proprio comportamento, spiegando in modo chiaro e dettagliato le cause che lo hanno determinato, oppure scusarsi per quanto successo, fornire motivazioni valide e promettere di non ripetere più la condotta contestata. La sua risposta potrà aversi in forma scritta o a voce. Nel caso la risposta si sostanzi in un colloquio, al lavoratore non è vietato presentarsi con un documento scritto - contenente le proprie osservazioni e quelle eventuali del sindacalista.
Se il dipendente lo reputa necessario per la complessità delle norme violate e per l’articolazione del caso concreto, potrà infatti chiedere il supporto di un sindacato nella fase di risposta. In ogni caso, prima di rispondere, il dipendente farà bene a studiare la normativa aziendale inerente al comportamento contestato.
A seguito della risposta data dal lavoratore e in base ai suoi contenuti, il datore di lavoro potrà valutare di adottare un provvedimento disciplinare vero e proprio, ovvero potrà considerare se intraprendere ulteriori azioni nei confronti del dipendente, in base alla gravità del fatto e alla motivazioni nella risposta.
Lettera di richiamo: cosa succede dopo la risposta del lavoratore?
A seguito della risposta del dipendente richiamato, l’azienda si troverà innanzi a due alternative:
- potrà accettare le motivazioni e le spiegazioni del lavoratore, laddove ritenga meritevole il suo punto di vista e chiudendo così il caso;
- in caso contrario e per gravi motivi, potrà disporre un provvedimento disciplinare.
Nel caso in cui il dipendente non riceva risposta dall’azienda entro dieci giorni, potrà considerare risolto il caso senza ulteriori conseguenze o strascichi.
Vero è che il lavoratore potrebbe anche scegliere di non rispondere alla lettera di richiamo, in quanto le norme vigenti non lo obbligano a farlo. Ma attenzione: in queste circostanze, restando in silenzio, il dipendente accetta tutte le conseguenze - anche negative - che potrebbero scaturirne.
Lettera di richiamo: la volontà di conservare la fiducia tra le parti e i rischi di sanzione per il lavoratore
Vero è che la procedura disciplinare - in cui rientra la lettera in oggetto - è stata prevista onde evitare abusi da parte del datore di lavoro e per assicurare al lavoratore la possibilità di giustificarsi e di fornire la propria versione dei fatti contestati.
Alla luce di quanto visto finora, il concetto fondamentale alla base dell’ammonimento scritto è l’interesse alla riconciliazione - ovvero la volontà del datore di lavoro di conservare un rapporto di fiducia col lavoratore. Attenzione dunque ai contenuti della risposta fornita all’azienda e ai comportamenti successivi del lavoratore: in buona sostanza, se il comportamento ritenuto errato è riproposto o se il dipendente compie altre azioni che non sono in linea con l’ambiente di lavoro, potrà certamente subire la sanzione disciplinare della multa.
Non solo. Se il dipendente non dovesse rispettare nuovamente le regole, l’azienda potrà adottare l’ancor più grave sanzione rappresentata dalla sospensione, fino a poter arrivare al trasferimento ed altresì al licenziamento con preavviso o in tronco. D’altronde le sanzioni disciplinari più gravi altro non sono che la logica conseguenza nei confronti di un lavoratore che si è reso responsabile di reiterati comportamenti, lesivi per l’azienda e a cui non ha saputo porre rimedio.
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