Il litio in Europa (Serbia) apre la sfida dei metalli per il 2022

Violetta Silvestri

28/12/2021

In Europa la miniera di litio serba già sta facendo scalpore: il gigante Rio Tinto ha interrotto i lavori. Perché? Il 2022 segnerà la sfida su uno dei metalli più ricercati per la transizione green.

Il litio in Europa (Serbia) apre la sfida dei metalli per il 2022

Il litio sarà uno dei metalli protagonisti del 2022 per la transizione energetica.

L’estrazione del metallo è vitale per la rivoluzione dei veicoli elettrici e sarebbe un potenziale vantaggio economico per la Serbia (dove è stato scoperto un giacimento), aiutando l’accesso in Europa a una risorsa strategica.

Ma il progetto del gigante australiano Rio Tinto si è fermato dopo tante e tenaci proteste dei cittadini della valle serba di Jadar, dove era nato il progetto di uno dei più grandi giacimenti di litio d’Europa.

Tutto bloccato, dinanzi a timori ambientalisti - il paradosso dei metalli per la green revolution è che il loro accaparramento spesso distrugge l’ecosistema - e poche garanzie per regole e risarcimenti.

Il 2022 vedrà tra le sue sfide anche quella del litio in Serbia? Il metallo in Europa fa gola a molti e può innescare tensioni e strategie geopolitiche.

La miniera di litio in Serbia non si farà (per ora)

Le ultime novità sull’ambizioso progetto di Rio Tinto per estrarre litio in Serbia raccontano del colosso che ha deciso di fermarsi.

Troppe le proteste ambientaliste, evidente la titubanza del presidente serbo che si prepara alle elezioni dell’anno prossimo e palese la volontà della città di Loznica (in Serbia) che ha ritirato una decisione di zonizzazione per consentire lo sviluppo industriale nella valle.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic, che sostiene la miniera, ha affermato che non procederà a meno che il Paese non sostenga il progetto e non vengano applicati gli standard ambientali. La controversa legge sull’espropriazione dei terreni, necessaria per gli scavi di Rio Tinto, tornerà in Parlamento.

La multinazionale mineraria, che si è impegnata a investire 2,4 miliardi di dollari per costruire il giacimento di litio, ha insistito sul fatto che non abbandonerà lo sviluppo del territorio e ha promesso un maggiore dialogo con la gente del posto. Per conquistare i locali ha ristrutturato scuole e impianti sportivi.

Rio ha affermato che l’effetto ambientale dei pozzi profondi 500 metri, di un impianto di lavorazione e di un impianto di stoccaggio dei rifiuti sarebbe minimo.

Ma i manifestanti e gli ambientalisti credono che il progetto distruggerebbe terreni agricoli preziosi.

“Non c’è alcuna possibilità che questa miniera possa estrarre il litio in modo ecologicamente sostenibile”, ha affermato Savo Manojlovic, leader di Kreni Promeni (Go, Change), il principale gruppo dietro le proteste. “Questa non è come la passione verde dell’occidente. Per noi è una questione di sopravvivenza.”

Il caso racconta molto delle prossime sfide del mondo più verde. Le proteste in Serbia riflettono una battaglia più ampia che l’industria mineraria e i responsabili politici devono affrontare nel passaggio a un’energia pulita.

Elettrificare l’economia globale richiede più minerali come rame, litio e cobalto, ma sta diventando sempre più difficile superare l’opposizione alle nuove miniere. E, soprattutto, garantire sfruttamenti responsabili e con impatti ambientali e sociali limitati.

Cosa significa (anche per l’UE) sfruttare il litio serbo?

Pur con tanti dubbi, la Serbia stava facendo affidamento a questa preziosa scoperta.

La produzione economica pro capite del Paese balcanico è circa un terzo dell’Europa occidentale e Belgrado sperava che il litio diventasse un pilastro economico. Rio afferma che la miniera contribuirebbe direttamente all’1% e indirettamente al 4% del PIL del Paese.

Il Governo vedeva ulteriori vantaggi nel rendere Jadar parte di una catena di fornitura di metalli per batterie, dall’estrazione mineraria alla produzione di veicoli elettrici.

L’impatto economico totale, compresi altri investimenti, potenzialmente promette di essere superiore a 10 miliardi di euro all’anno, fino al 22% del PIL.

Secondo i documenti visionati dal FT, Belgrado aveva messo in conto che la cinese CATL, il più grande produttore di batterie al mondo per quota di mercato, investisse fino a 2,5 miliardi di euro. Altri produttori di batterie come la tedesca Varta o la slovacca InoBat, una società sostenuta da Rio, poteva aggiungere altri 1,5 miliardi di euro. Una casa automobilistica come Volkswagen poteva investire 3 miliardi di euro nella produzione di veicoli elettrici.

Oltre alle sue conseguenze economiche, la miniera poteva innescare un importante impatto geopolitico. La Serbia lotta per avere influenza nei Balcani tra UE, Russia e Cina.

Il litio dava a Belgrado la possibilità di esercitare un’influenza maggiore sull’UE, che è rimasta indietro rispetto alla Cina nella corsa ai materiali per le batterie, e in particolare alla Germania, le cui case automobilistiche vogliono procurarsi le batterie localmente piuttosto che dipendere da Pechino.

Tutto fermo, per ora. C’è da scommettere che si tornerà a parlare del litio serbo. Anche perché il presidente Vucic ha promesso di coinvolgere l’Unione Europea per garantire un’estrazione sicura.

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