Materie prime: quali costano di più dallo scoppio della guerra?

Violetta Silvestri

14/03/2022

Lo scoppio della guerra in Ucraina ha colpito duramente l’ampio mercato delle materie prime: quali prezzi sono saliti di più? I dettagli sul rialzo dei costi delle commodity e sulla crisi industriale.

Materie prime: quali costano di più dallo scoppio della guerra?

Materie prime: quali sono le più costose a causa dell’invasione russa in Ucraina?

Lo scoppio della guerra ha spinti verso picchi da record i prezzi delle più importanti commodity, innescando una crisi produttiva e un’impennata inflazionistica storica.

Quali sono le materie prime con il maggiore aumento di prezzo dall’inizio del conflitto in Ucraina? Il focus su alcune risorse e sulle conseguenze dei prezzi elevati per i comparti produttivi, anche italiani.

Le materie prime più costose con la guerra

Dal settore energetico a quello dei metalli fino all’agroalimentare, le materie prime più ricercate e preziose per la vita quotidiana hanno tutte registrato un balzo inaspettato.

In sintesi, queste le commodities più costose, con la percentuale di rincaro dal 24 febbraio (giorno dell’invasione russa) all’11 marzo:

  • gas naturale: 180%
  • carbone termico: 126%
  • nickel: 93%
  • coke: 53%
  • frumento: 42%
  • lamiere da treno: 41%
  • petrolio: 32%
  • rottame ferroso: 30%
  • ghisa da affinazione: 29%
  • palladio: 18%
  • alluminio: 19%
  • zinco: 17%
  • minerale di ferro: 16%
  • mais: 15%
  • legno: 10%

Questi sono soltanto alcune delle materie prime considerate. Un aspetto da segnalare, inoltre, è che analizzando i prezzi della prima metà di marzo circa, diverse commodities hanno mostrato rialzi di prezzo ancora più forti: coke +111%, nickel +130%, alluminio +42%, frumento +57%, palladio +47%, litio +81%, mais +28%.

Focalizzandosi sull’energia, inoltre, risulta che dal 1 all’11 marzo il gas è schizzato del 219%, il carbone termico del 212% e il petrolio del 62%.

I prezzi elevati a causa della ripresa post-pandemica e dei problemi nelle catene di approvvigionamento hanno trovato una nuova e improvvisa spinta dalla guerra. Da Russia e Ucraina provengono metalli e grano, frumento, mais.

L’interruzione dei trasporti commerciali del Mar Nero, le pesanti sanzioni economiche e la paura di una paralisi generalizzata con il conflitto in corso ha impattato sui prezzi come mai si poteva immaginare.

Cosa sta succedendo al settore produttivo

Con le materie prime a prezzi così elevati, si sta assistendo a un terremoto dei principali settori produttivi, anche in Italia.

Acciaierie, fonderie, imprese di ceramica e del vetro, produttori di carta stanno lanciando l’allarme. Sul Corriere della Sera, il professor Achille Fornasini, docente di Analisi tecnica dei mercati finanziari a Brescia, ha dichiarato:

“Siamo il vaso di coccio in questa crisi generata dalla guerra soprattutto per la nostra dipendenza dal gas russo. Il problema era noto da anni ma non siamo mai corsi ai ripari. Ora, tra l’altro, le imprese sanno che se si arrivasse a un accordo tra Russia e Ucraina i prezzi crollerebbero, anche per questo sono molto caute a fare acquisti a prezzi così alti.”

Intanto, gli allevatori sono in allerta per il masi costosissimo e scarso; l’olio di semi di girasole scarseggia; le aziende di ceramica dell’Emilia Romagna arrancano per prezzi energetici alti e per carenza di argille e sabbie bianche provenienti dalla Russia; le acciaierie sono in sofferenza e l’automotive è ostacolato da nickel e palladio troppo costoso.

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