Meloni, presidenzialismo o premierato? Perché rischia di fare la fine di Renzi

Alessandro Cipolla

12/05/2023

Meloni è pronta ad andare fino in fondo su presidenzialismo o premierato, ma per il governo le riforme potrebbero rivelarsi un boomerang come è stato per Renzi il referendum del 2016.

Meloni, presidenzialismo o premierato? Perché rischia di fare la fine di Renzi

Giorgia Meloni ha deciso di accelerare sulle riforme istituzionali, con tutte le forze di opposizione che hanno ricevuto audizione a Palazzo Chigi: l’intento del governo è stato quello di tastare il terreno sul tema del presidenzialismo o del premierato.

L’esito dei faccia a faccia è stato quello ipotizzato alla vigilia: Pd e 5 Stelle hanno sottolineato come i problemi del Paese siano altri portando comunque in dote un papello di proposte, mentre Azione e Italia Viva si sono mostrati più aperti al dialogo rilanciando la proposta del “sindaco d’Italia”.

A questo punto occorre fare un po’ di chiarezza. Il presidenzialismo comporterebbe l’elezione diretta del presidente della Repubblica, che avrebbe maggiori funzioni così come avviene adesso in Francia dove all’Eliseo c’è Emmanuel Macron. A riguardo bisogna ricordare che il presidenzialismo è stato inserito nel programma elettorale del centrodestra ed è un tema assai caro a Giorgia Meloni.

Il premierato invece prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio, che anche in questo caso avrebbe più poteri come quello di nominare o sfiduciare i ministri: il modello è quello della Germania.

Il “sindaco d’Italia” invece è una proposta di Matteo Renzi: così come avviene alle elezioni amministrative - a proposito per le comunali si voterà domenica e lunedì - il presidente del Consiglio verrebbe eletto in maniera diretto e, se necessario, tramite un ballottaggio.

Come sottolineato da Giorgia Meloni, in teoria il centrodestra avrebbe la forza per approvare una riforma anche senza la sponda delle opposizioni, ma per il governo questa scelta potrebbe rivelarsi una sorta di pericoloso boomerang.

Perché a Meloni conviene non fare il presidenzialismo o il premierato

In questi giorni gli analisti politici più maligni hanno ipotizzato che questo gran attivismo in materia di riforme possa essere una sorta di bluff del governo, un modo per distogliere l’attenzione dalle difficoltà in materia di Pnrr, politica estera e migranti.

Se così fosse il presidenzialismo o il premierato sarebbero destinate a diventare una autentica chimera da rispolverare, all’occorrenza, ogni volta che la maggioranza dovesse avere la necessità di buttarla in “caciara” per distogliere l’opinione pubblica da qualche crisi.

Se invece Giorgia Meloni fosse veramente intenzionata ad andare fino in fondo, dovrebbe ricordare cosa accadde a Matteo Renzi nel 2016 in occasione del referendum costituzionale da lui voluto.

Così come Meloni in questo momento, anche all’epoca Renzi poteva contare su un ampio consenso popolare ma non su una maggioranza dei due terzi del Parlamento; se il centrodestra nei prossimi mesi dovesse forzare sul presidenzialismo o sul premierato, di conseguenza il ricorso a un referendum sarebbe scontato.

A quel punto il referendum rischierebbe di trasformarsi in un voto pro o contro Giorgia Meloni, con il concreto rischio per la presidente del Consiglio di incappare in una bocciatura che potrebbe appannare irrimediabilmente la sua aurea.

In virtù di quanto accaduto nel 2016, forse a Meloni non sembrerebbe convenire molto mettere in atto una prova di forza in Parlamento e giocarsi tutto poi con il referendum: nel recente passato gli italiani hanno innalzato e poi abbandonato diversi leader e, anche questa volta, potrebbero non fare eccezione.

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